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SCUOLA: GLI ARGOMENTI DI DISCUSSIONE ESTIVI

Come ogni estate il dibattito sulla scuola è acceso. Negli anni i social l’hanno amplificato ma a ben vedere gli argomenti di discussione sono rimasti identici.

Ormai la frequentazione dei social mi incoraggia sempre meno ad aggiornare questo blog: molto più comodo e veloce esprimere il mio parere attraverso Twitter. A volte le discussioni sono molto animate ma gli argomenti “estivi” non cambiano. Vediamo quali sono, escludendo le “vacanze dei prof” su cui sorvolo volentieri perché ogni tentativo di chiarire che le “vacanze” degli studenti non coincidono con le “ferie” degli insegnanti è sempre stato fallimentare. Tuttavia, se vi fa piacere, vi invito alla lettura di questo post in cui mi soffermo sul significato delle due parole “ferie” e “vacanze”.

1) I compiti delle vacanze

Due sono gli orientamenti:

  1. I compiti vanno assegnati perché le vacanze estive si prolungano per tre mesi e i bambini/ragazzi hanno bisogno di tenersi in allenamento
  2. Niente compiti perché le vacanze sono vacanze, appunto, lasciamo che i bambini/ragazzi se ne stiano in pace.

C’è anche un terzo orientamento, quello dei maestri o dei prof sognatori e poetici. Loro non assegnano compiti ma attività gratificanti, perlopiù ludiche, da svolgere preferibilmente con la famiglia. Si spazia dalle passeggiate nei campi per avvicinarsi alla natura, alla contemplazione del tramonto in riva al mare, per finire con la compilazione di un diario in cui annotare queste magnifiche ed estasianti esperienze.

Tralasciando i consigli poetici, invito alla lettura di questo post del 2014.

2) Le vacanze estive troppo lunghe

Strettamente legato al precedente, anche l’argomento “vacanze estive” è motivo di discussione accesa ogni estate. Anche in questo caso gli orientamenti sono due:

  1. Non è giusto che i docenti abbiano tre mesi di vacanza pagati
  2. Gli studenti fanno troppe vacanze e le famiglie non sanno cosa fare dei figli durante il lungo periodo

Sul primo punto taccio, come ho già scritto nella parte introduttiva.

Quanto al secondo punto, la protesta delle famiglie è oggetto di disapprovazione in quanto chi vive la scuola ogni giorno sa bene che le 14 settimane di vacanza degli studenti non equivalgono a un minor numero di giorni di lezione rispetto agli altri Paesi della UE. Varia la distribuzione delle settimane di vacanza ma in Italia i giorni di lezione obbligatori sono 200, il numero più alto nell’ambito dei Paesi europei.

Ne ho parlato qui e, sebbene siano passati 9 anni (l’articolo è del 2014), le cose non sono cambiate molto. Anche le polemiche sono sempre quelle.

3) I debiti formativi (ossia quelli che ancora qualcuno ostinatamente continua a denominare “esami di riparazione” o “esami per i rimandati a settembre”)

Parliamo ovviamente delle scuole superiori (secondarie di secondo grado, secondo la dicitura corretta) dove gli esami non esistono da un bel po’; chi non raggiunge la sufficienza in una o più materie a giugno ha il giudizio sospeso e deve recuperare le insufficienze. Si chiamano debiti formativi e il loro superamento è regolamentato autonomamente da ciascun istituto nei tempi e nelle modalità. Nella maggior parte dei casi ormai da qualche anno si tende a organizzare i recuperi nell’ultima settimana di agosto. In qualche caso il recupero avviene a luglio, in altri le prove di accertamento slittano ai primi di settembre. Le cose vanno così da quando l’allora ministro Fioroni firmò il DM 80/2007 e nulla è stato modificato negli anni a seguire.

Quest’estate il dibattito è stato infiammato dalla presunta volontà del ministro del MIM, Giuseppe Valditara, di cambiare le carte in tavola e intimare lo svolgimento delle prove di recupero dei debiti dal 16 agosto in poi ed entro la fine del mese. Una “decisione” che avrebbe messo in discussione le ferie dei docenti, specialmente quelli impegnati negli esami che difficilmente avrebbero potuto godere dei 32 giorni di ferie (più 4 per le festività soppresse) cui hanno diritto. Tuttavia, leggendo bene la circolare del ministro, si capisce che la normativa era rimasta quella di sempre e che volendo gli “esami” si sarebbero potuti svolgere anche all’inizio di settembre, purché entro il giorno d’inizio delle lezioni, che varia da regione a regione e financo da scuola a scuola, grazie all’autonomia.

Niente di nuovo sotto il sole di luglio, insomma. Basta leggere qui (post pubblicato nel 2011).

4) L’onere per le famiglie delle lezioni private

Anche questo argomento è strettamente legato al punto precedente. Nonostante le scuole offrano la possibilità di frequentare corsi di recupero, le famiglie sono perlopiù orientate verso le lezioni private. Da un’indagine promossa dall’“Osservatorio ripetizioni private” di Ripetizioni.it è emerso che circa un quarto degli alunni di scuole medie e superiori si rivolge agli insegnanti privati, non specificatamente d’estate ma durante tutto l’anno (anche per scongiurare i debiti…).

Il problema connesso a questa abitudine riguarda anche gli stessi insegnanti. Il business delle ripetizioni è, infatti, molto lucroso. Chi ha tempo e voglia può effettivamente ricavarne un bel guadagno, prevalentemente in nero, arrotondando così lo stipendio che, diciamolo, è tra i più bassi d’Europa e non rende merito agli studi universitari, master e specializzazioni richiesti per ricoprire questo ruolo.

Questo mercato con un po’ di buona volontà è facilmente evitabile. Lo spiego qui (articolo del 2016).

5) La bocciatura

Affrontare una bocciatura non è mai semplice, e ciò vale sia per gli studenti sia per le famiglie. Negli ultimi anni, però, si è assistito a un aumento di ricorsi al Tar da parte di genitori e studenti incapaci di comprendere che la bocciatura non è mai facile nemmeno per i docenti i quali devono prendere questa decisione la quale, nella maggior parte dei casi, si basa su valide motivazioni, prima tra tutte la non adeguata preparazione dello studente alla frequenza con profitto della classe successiva. Non a caso, in termini tecnici, la “bocciatura” è chiamata “non ammissione alla classe successiva”.

All’inizio di luglio ha tenuto banco, nelle discussioni sui social, il caso di una studentessa di Trento la quale, nonostante le 5 insufficienze, ha fatto ricorso al Tar perché non ammessa all’esame di Stato (o “maturità” come si tende a dire ancor oggi). Riammessa dal tribunale amministrativo, la ragazza ha affrontato senza successo le prove suppletive ed è stata bocciata dopo l’orale.

Anche in passato si sono verificati dei clamorosi insuccessi nell’ambito dei ricorsi al Tar. Per esempio, una sentenza del 2014 non solo dava ragione ai docenti ma costituiva una sorta di schiaffo morale ai genitori i quali, secondo i giudici, avevano manifestato stupore di fronte al giudizio conclusivo emesso nei confronti del loro figliuolo e avevano mancato nel dovere di vigilare costantemente sul loro comportamento e andamento scolastico, al fine di apprestare, in caso di necessità, tempestivi e idonei interventi correttivi o di sostegno.

Ai genitori delusi dalla bocciatura del figlio o della figlia consiglio la lettura di questo post datato giugno 2018.

6) Il voto di condotta

Negli ultimi anni la stampa ha messo in evidenza degli episodi di bullismo verso i compagni e/o aggressione nei confronti degli insegnanti da parte di allievi particolarmente discoli (per usare un eufemismo). Sotto accusa, nella maggior parte dei casi, la scarsa educazione ricevuta in famiglia ma, secondo me, in situazioni come quelle citate giocano un ruolo importante anche il contesto e i modelli che i ragazzi e le ragazze seguono. Il fatto, poi, che attraverso i social episodi così gravi siano diffusi senza scrupoli da giovani e giovanissimi a caccia di like, ha certamente amplificato il problema.

Due sono stati, durante questi mesi, gli episodi messi in risalto dalla stampa e inevitabilmente rimbalzati sui social.

Il primo riguarda il sedicenne che ha ferito in modo grave la sua insegnante di italiano al liceo scientifico Alessandrini di Abbiategrasso ed è stato espulso e bocciato con il 5 in condotta, anche in presenza di buone valutazioni nel profitto. I genitori hanno preannunciato il ricorso al Tar ma finora non è stato reso pubblico alcunché a riguardo. Sta di fatto che con il 5 in condotta è prevista la bocciatura, anche se la media dei voti è buona (DM 5/2009).

Il secondo caso ha visto come protagonisti dei ragazzini che, in una scuola di Rovigo, a ottobre hanno sparato alla loro insegnante con una pistola a pallini e, nonostante ciò, sono stati promossi con il 9 in condotta. L’azione era stata ripresa con un telefonino e postata sui social. Ciò ha indignato il ministro Valditara che ha fatto riconvocare il Consiglio di Classe; in questa nuova riunione i 9 sono stati abbassati, con buona pace di tutti. In realtà, a mio parere, questa azione di forza ha creato un pericoloso precedente.

Al di là di questi singoli episodi, a mio parere la questione del voto di condotta deve essere riaffrontata. Da parte sua Valditara ha preannunciato che chi avrà 6 nel comportamento dovrà recuperare “a settembre” (vedi punto 3) in Educazione Civica. Peccato che questa non sia una materia a se stante (le 33 ore obbligatorie sono distribuite su più insegnamenti e riguardano molti ambiti) e che il 6 costituisca di fatto il voto minimo per la sufficienza. I cosiddetti debiti si danno con voti inferiori al 6, ne consegue che la proposta del ministro sia irricevibile e possa dar adito a numerosi ricorsi al Tar. A meno che non si voglia condonare qualche 5, a seconda della gravità dei fatti e del momento in cui sono accaduti (se nel primo o nel secondo periodo dell’as.), e riconvertirlo in “debito” al posto della bocciatura. La questione mi sembra molto controversa.

La mia riflessione, però, vuole prendere in esame la valutazione della condotta nella scala decimale, al pari delle materie di insegnamento. Abbiamo detto che il 5 corrisponde all’insufficienza e il 6 è il voto minimo per la sufficienza, come è sempre stato. Il voto di condotta fa media come gli altri e dovrebbe avere, quindi, un valore simile agli altri voti presenti in pagella. Ma se da un lato le valutazioni nella diverse discipline raramente arrivano al 10, perché invece i 10 in condotta fioccano come neve a gennaio? E perché si guarda con sospetto chi merita 8 nel comportamento? Un 8 in Latino o Matematica è forse un brutto voto?

Insomma, la discussione è piuttosto lunga quindi invito alla lettura di questo post pubblicato nel 2020.

7) I risultati dei test Invalsi

Non poteva mancare, come argomento del dibattito estivo, quello sui test Invalsi. L’istituto, infatti, dopo la fine delle lezioni ogni anno pubblica i primi risultati facendo una panoramica generale, cui seguirà nei mesi prossimi il feedback destinato alle scuole. I titoli dei quotidiani sono stati più o meno simili: «In italiano e matematica insufficiente uno studente su due». Ciò ha scatenato la protesta degli insegnanti poiché, leggendo il rapporto ufficiale sul sito dell’istituto, risulta chiaro che le cose stanno messe un po’ diversamente rispetto a quanto fatto credere dalla stampa.

Non voglio tediare nessuno entrando nei dettagli, ma invito a leggere questo post scritto nel 2012 in cui mi chiedevo a cosa servano i test se nessuno li sa leggere per poterne trarre un qualche beneficio a favore di studenti e docenti. Me lo chiedo ancora.

8) La presunta demotivazione dei docenti perché pagati poco

Anche questo è per certi aspetti un argomento legato al precedente. Secondo la vox populi i docenti italiani temono i test Invalsi perché gli scarsi risultati sarebbero un chiaro segnale della loro impreparazione e/o della scarsa motivazione dovuta all’esiguo stipendio percepito.

In primo luogo chiarisco che i test non hanno lo scopo di valutare l’abilità dei docenti bensì rilevano la qualità dell’apprendimento. Voi direte: vabbè, se hanno insegnanti scarsi avranno anche risultati scarsi. Ragionamento opinabile perché nella dinamica insegnamento-apprendimento vengono messi in campo fattori di rilevante importanza come per esempio: il numero degli studenti per classe, la presenza di L 104 e/o DSA, la presenza di studenti non italofoni o che comunque non conoscono bene la lingua, il bacino d’utenza in relazione alle condizioni socio-economiche delle famiglie... il discorso è troppo ampio per essere sintetizzato.

In secondo luogo, si deve tener conto del fatto che spesso gli studenti, sapendo che il risultato dei test non ha alcuna rilevanza sul profitto, li eseguono svogliatamente e in fretta, senza prestare la dovuta attenzione alle domande e a volte, convinti di aver capito quanto richiesto, sbagliano semplicemente perché non hanno letto bene le consegne, non perché non sanno leggere o comprendere ciò che leggono. Mi riferisco in particolare alle prove di Italiano ma anche per svolgere bene i test di matematica bisogna prestare attenzione alle richieste.

Quanto allo stipendio degli insegnanti, è chiaro a tutti che è molto modesto e non restituisce dignità non solo agli insegnanti che si impegnano ma anche al titolo di studio richiesto – da anni la laurea è un requisito anche nella scuola primaria – per insegnare. Tutti i ministri che si sono avvicendati in viale Trastevere hanno preso atto che chi insegna guadagna poco, anche in considerazione dei numerosi oneri che questa professione impone. Tutti hanno dichiarato che gli stipendi dovrebbero essere allineati a quelli dei colleghi europei (a me viene da ridere pensando che in Germania, per fare un esempio, i docenti guadagnano più del doppio di noi) ma nessuno ha fatto molto. Contratti scaduti e rinnovati dopo molti anni, arretrati forfettari che non tengono conto realmente dell’importo dovuto, aumenti irrisori. Però gli insegnanti, pur malpagati, non si tirano indietro e fanno il loro dovere, almeno la maggioranza, con dedizione e piena consapevolezza della responsabilità che grava su di loro: l’istruzione e la formazione delle generazioni future.

Altre, non lo stipendio, sono le cause che possono portare se non alla demotivazione quantomeno a un certo scoraggiamento. Lo spiegavo qui all’allora ministra Giannini. Correva l’anno 2014 ma i problemi evidenziati allora sono, a mio parere, rimasti immutati.

Concludo questa carrellata scusandomi per i numerosi link. Spero di aver sollecitato la vostra curiosità spingendovi alla lettura se non di tutti i post almeno di quelli che ritenete più interessanti.

Buona estate a tutti!

[le immagini provengono da questo blog o da marisamoles.wordpress.com. Nel caso provengano da siti non linkati o siano coperte da copyright, prego contattarmi per e-mail]

RISULTATI #MATURITÀ2018: PROMOZIONI E LODI IN AUMENTO SPECIALMENTE AL SUD. IL “CASO PUGLIA”

Il MIUR ha diffuso i risultati relativi all’Esame di Stato del II ciclo. Il 99,6% dei maturandi è stato promosso, contro il 99,5% di un anno fa. Lieve aumento anche per le lodi: sono l’1,3%, un anno fa erano l’1,2%.

Anche la percentuale dei promossi con una votazione superiore a 70/100 ha registrato un aumento passando dal 62,5% dello scorso anno al 64,4%. In diminuzione, invece, i punteggi sotto il 70: il 27,8% delle maturande e dei maturandi ha conseguito una votazione tra il 61 e il 70, fascia di voto che nel 2017 era stata conseguita dal 29%. I 60 scendono al 7,8%, rispetto all’8,5% del 2017.

Gli allievi che hanno meritato il punteggio massimo e la lode sono complessivamente 6.004. In termini di dati assoluti, le Regioni con il più alto numero di lodi sono Puglia (1.066), Campania (860) e Lazio (574). Guardando al rapporto percentuale tra diplomati con lode e popolazione scolastica territoriale, in Puglia ha conseguito il voto massimo il 3% delle maturande e dei maturandi.

Gli studenti che hanno ottenuto le votazioni più alte sono i liceali: il 2,2% ha ottenuto la lode, l’8% ha conquistato il 100, l’11,4% tra 91 e 99, il 22,9% tra 81 e 90. Nei Licei, a primeggiare tra le votazioni più alte è, ancora una volta, il Classico.

Risultati complessivamente più modesti sono stati registrati nei Tecnici e nei Professionali dove, tuttavia, sono aumentati i 100 e lode.

Nemmeno quest’anno si placano le polemiche che riguardano i voti più alti al sud, nonostante nelle rilevazioni nazionali Invalsi la situazione appaia capovolta. Ad esempio, in Lombardia, che supera mediamente la media italiana nelle rilevazioni nazionali, le lodi non superano lo 0,5 % mentre in Campania e Sicilia, agli ultimi posti nelle rilevazioni, sono tre volte tanto (1,4 % e 1,3%). Ma è il “caso Puglia” a destare maggiori perplessità.

La Puglia non è proprio il fanalino di coda per quanto riguarda i risultati dei test Invalsi. La regione sta appena sotto la Campania ma precede di due posizioni la Sicilia. Tuttavia, i risultati non brillanti nei test affrontati dagli studenti che hanno terminato il secondo anno della scuola secondaria di secondo grado sono poco conciliabili con l’exploit di lodi in Puglia, ben tre volte tanto la Lombardia che nelle rilevazioni ottiene risultati vicini alla media europea, così come tutto il nord della penisola.

Si è spesso puntato il dito contro la maggior propensione dei docenti del sud a elargire valutazioni generose. Se così fosse, il prossimo anno gli studenti del quinto si troveranno in difficoltà dovendo affrontare, prima dell’esame di Stato, i test Invalsi. Infatti, com’è noto, questi test, pur non facendo parte dell’esame di Stato, rappresentano la condizione indispensabile per essere ammessi all’esame. Ciò fa pensare che gli studenti pugliesi non avranno la possibilità di primeggiare e fare incetta di lodi. Infatti, anche lo studente con un curriculum eccezionale dovrà fare i conti con la prova Invalsi e la lode potrebbe allontanarsi dall’obiettivo finale.

Di contro, il record di lodi registrato quest’anno a Milano potrebbe non essere casuale ma risponderebbe a una precisa strategia operata dai docenti per mettere i propri studenti nella condizione di ottenere il massimo dei voti: se in Puglia e nelle altre regioni del sud i professori sono “larghi di manica, anche i docenti milanesi si sono adeguati e non hanno centellinato più i nove e i dieci in pagella durante tutto il corso di studi. Non dimentichiamo che i crediti scolastici del triennio hanno costituito, fino a quest’anno, un “tesoretto” di 25 punti sui cento totali, a condizione però di avere una media almeno dell’8 durante tutto il triennio senza neanche un 7. In questo modo, alla fine conquistare la lode è stato più facile per gli studenti milanesi.

Ma il prossimo anno la questione cambierà: con l’obbligatorietà della prova Invalsi alla fine del corso di studi che avrà il compito di misurare la preparazione dei ragazzi, anche l’esame di Stato, senza la tesina e la terza prova e con la valutazione dell’alternanza scuola lavoro, sarà più serio e si confida in una maggiore omogeneità dei risultati, da nord a sud.

[fonti: Tuttoscuola.com; lagazzettadelmezzogiorno.it e infodata.ilsole24ore.com; immagine da questo sito]

#MATURITÀ2019: ADDIO TERZA PROVA, BENVENUTI (?) TEST INVALSI

Da quando è nata, nel 1997 con la riforma dell’Esame di Stato del II ciclo, l’hanno bistrattata chiamandola impropriamente “quizzone”. In realtà credo che in poche scuole superiori in così tanti anni sia stata proposta la terza prova a crocette (risposte chiuse), preferendo la formula dei “quesiti a risposta singola” (tipologia b) che è tutt’altro che semplice. Infatti, pur considerando che non esiste una terza prova “ministeriale” uguale per tutte le scuole o per ogni indirizzo, questo terzo scritto è sempre stato il più temuto dai maturandi.

La finalità della terza prova, secondo il D.M. n. 429 del 20 Novembre 2000, è quella di «accertare le conoscenze, competenze e capacità acquisite dal candidato, nonché le capacità di utilizzare e integrare conoscenze e competenze relative alle materie dell’ultimo anno di corso, anche ai fini di una produzione scritta, grafica o pratica». Ciò significa che le domande riguardano tutto il programma di quattro o cinque materie del quinto anno, a seconda della scelta di ciascuna commissione (circa 10-15 quesiti, due o tre per ciascuna disciplina, che prevedono una risposta chiara e sintetica con un numero di righe da rispettare). Tutt’altro che semplice.

Con il prossimo anno scolastico la terza prova non ci sarà più. Le prove scritte rimarranno due (Italiano per tutte gli istituti e una materia caratterizzante a seconda del tipo di scuola e indirizzo) ma i ragazzi iscritti al quinto anno dovranno affrontare, prima dell’esame, i nuovi test elaborati dall’InValsi (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione) che da molti anni ormai ha il compito di testare il livello di apprendimento degli studenti italiani che frequentano scuole di ogni ordine e grado.

Il nuovo Esame di Stato del II ciclo è descritto nel decreto legislativo approvato il 7 aprile 2017 e contempla anche altri cambiamenti: l’attribuzione del credito scolastico che passa da 25 a 40 punti; l’ammissione all’esame anche con delle insufficienze (a patto che la media sia 6); il colloquio che inizierà non più con la famigerata testina pluridisciplinare ma con una relazione e/o un elaborato multimediale sull’esperienza di alternanza scuola-lavoro svolta nell’arco del secondo biennio e del quinto anno. Anche l’attribuzione dei punteggi per le prove scritte e per l’orale cambierà: 20 punti per ciascuna (mentre ora le tre prove scritte “fruttano” fino a 45 punti e il colloquio fino a 30). È più che evidente che una parte considerevole del punteggio finale (100/100) è data dal credito scolastico il quale costituisce, in un certo senso, il “tesoretto” che ciascun allievo riuscirà a mettere da parte nell’arco dei tre anni, una volta ultimato il biennio obbligatorio.

Tornando ai test InValsi, lo svolgimento delle prove nazionali sarà obbligatorio e costituirà un vincolo per l’ammissione all’esame, pur non influendo sul voto finale. L’esito delle prove, che presumibilmente si svolgeranno a dicembre (almeno stando alle voci che circolano), verrà riportato sui documenti allegati al Diploma. Le materie oggetto dei test saranno italiano, matematica e inglese.

Di più non è dato sapere, anche se alcune università riportano nei loro siti delle simulazioni su cui i maturandi possono esercitarsi.

Pare strano, tuttavia, che con il cambio ai vertici di Viale Trastevere nulla sia cambiato rispetto a quanto deciso dalla cosiddetta #buonascuola. Qualche mese fa, infatti, lo stesso Istituto Nazionale aveva ammesso, al termine del monitoraggio nazionale, che occorrono politiche scolastiche differenziate in base alle esigenze del territorio e alle tipologie di scuole. Proporre, dunque, i test nazionali proprio al quinto anno della scuola superiore, per di più con il vincolo per l’ammissione (anche se non si parla di superamento delle stesse), appare un controsenso in quanto essi andranno a sostituire l’unica prova non nazionale, predisposta dalle commissioni tenendo conto delle simulazioni fatte in classe durante il quinto anno.

A questo proposito, così commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief:

«Ci saremmo certamente aspettati modifiche che rimpolpassero, in assoluto, lo spessore della scuola superiore di secondo grado. Sarebbe stato quindi più opportuno qualificare il titolo di studio, elevandone la qualità complessiva. Questo, avrebbe contribuito anche a spazzare via, una volta per tutte, i periodici tentativi di cancellazione del valore legale del titolo di studio: è una questione di primaria importanza, perché in tal modo si dà il giusto valore all’impegno degli studenti e si risolleva, anche a livello di considerazione sociale, l’operato di docenti e personale Ata. Anziché sulla verifica caso per caso, si è voluto puntare, invece, sulla logica dell’uniformità a tutti i costi

Ma c’è un’altra considerazione da fare. La terza prova serviva a testare la preparazione dei maturandi su un certo numero di discipline che i candidati erano costretti a studiare. I test InValsi verteranno su tre materie: italiano, matematica e inglese. Per quanto riguarda l’italiano, essendoci già la prima prova all’esame, il test personalmente mi sembra ridondante. Per quanto concerne la matematica, non è chiaro se i test saranno uguali per tutte le scuole superiori, ma per gli studenti dello scientifico si potrebbe trattare di una “passeggiata” rispetto ai contenuti dell’attuale seconda prova. Infine, per l’inglese è importante che il test si proponga la finalità di certificare, in convenzione con enti certificatori accreditati, le abilità di comprensione e uso della lingua inglese in linea con il Quadro Comune di Riferimento Europeo per le lingue, ma non è specificato il livello (B2 è il minimo che si possa chiedere alla fine della scuola superiore). Si sa, poi, quale sia il reale livello di conoscenza dell’inglese da parte degli studenti italiani. Magari con il bonus cultura (se Bussetti lo confermerà) potranno fare qualche corso accelerato in una scuola privata…

Dopo queste considerazioni, è dunque legittimo chiederci: la nuova #maturità sarà un altro dei pasticciacci brutti di Viale Trastevere?

[fonti: teleborsa.it; scuolaonline.com; orizzontescuola.it; immagine da questo sito]

ESAME DI STATO 2016: LUNEDI’ LA TERZA PROVA. E CONTINUANO A CHIAMARLA “QUIZZONE”

Archiviate le prime due prove scritte (la prima d’italiano è uguale per tutte le scuole secondarie di II grado d’Italia mentre la seconda varia da istituto a istituto), per gli studenti “maturandi” si sta avvicinando il giorno della terza prova. Lunedì prossimo, dopo un week-end lungo giorni di riposo (almeno si spera, ma molto più facilmente staranno studiando come matti…), ritorneranno nelle scuole ormai trasformate in fornaci, considerato il notevole aumento delle temperature in tutta la penisola, per affrontare l’ultima prova scritta prima dell’orale.

Da quando, con la riforma dell’esame di maturità – che oggi si chiama Esame di Stato -, varata nel 1997, è stata introdotta la terza prova scritta, essa viene, impropriamente quizzone“. In realtà è tutt’altro che un quiz a crocette, almeno nella maggior parte dei casi. Una prova complessa considerato il numero delle materie e dei quesiti che possono riguardare il programma svolto nell’intero anno scolastico.

Ma vediamo, per chi non ne fosse ancora informato, di che cosa si tratta.

La terza prova scritta, a differenza delle prime due che sono ministeriali, è preparata autonomamente da ciascuna Commissione esaminatrice (costituita da tre commissari esterni, tre interni e un Presidente) che decide anche la tipologia degli esercizi da sottoporre agli studenti.
Anche se le possibilità sono varie, tra cui anche i quesiti a risposta multipla (da 30 a 40), in altre parole un test a crocette, la maggior parte delle commissioni propende per i quesiti aperti che richiedono una risposta sintetica. Possono essere proposti, inoltre, dei problemi scientifici a soluzione rapida (non più di 2), oppure, a seconda degli indirizzi di studio, si può richiedere la realizzazione di un progetto.

Insomma, tutt’altro che “quizzone”. Le discipline coinvolte possono essere quattro o cinque e il numero dei quesiti può variare da un minimo di 10 a un massimo di 15. Generalmente la terza prova è costruita prendendo spunto dalle simulazioni che vengono svolte dagli allievi durante l’anno scolastico, ma non si tratta di una regola ferrea. Ogni decisione, infatti, spetta ai membri della commissione che preparano le domande da sottoporre ai maturandi la mattina stessa della prova e non anticipano le materie coinvolte nella prova.

Annunciato con una certezza quasi assoluta già dall’anno scolastico 2014/15, il grande assente continua ad essere il test InValsi. Da anni, infatti, si parla di sostituire la terza prova scritta con un test a risposta multipla di tipo anglosassone simile a quello dell’Invalsi che viene proposto per l’esame di terza media. L’obiettivo primario sarebbe quello di avere un sistema di valutazione omogeneo per tutto il Paese e scongiurare quelle disparità di valutazione che annualmente si riscontrano tra le scuole nelle diverse parti della penisola. A partire dall’elargizione delle lodi, sempre troppo presenti al Sud, mentre al Nord, che nelle rilevazioni nazionali se la cava egregiamente (attestandosi sulle medie europee, quando non le supera, come nel caso del Nord-Est), sono di gran lunga meno numerose.

C’è chi parla, addirittura, di eliminare l’esame di Stato, oppure sostituire con un’unica prova tipo InValsi le tre attuali. In questo modo, dicono, si garantirebbe una maggior equità e oggettività nelle valutazioni. Rimane il fatto che, almeno per quanto riguarda i maturandi di oggi, la terza prova si fa ed è parecchio impegnativa. Magari fosse un quizzone!

Coraggio, ragazzi, un ultimo sforzo, anzi, penultimo (dato che c’è ancora l’orale che non è una passeggiata), prima di potervi godere le meritate vacanze.

Per chi volesse allenarsi, il Corriere.it ha pubblicato una serie di prove somministrate in passato e riguardanti le diverse discipline in vari indirizzi liceali. CLICCA QUI

A PROPOSITO DI TAGLI ALLA SCUOLA, QUANTO COSTANO I TEST INVALSI?

Ho deciso di ribloggare questo vecchio post, piuttosto che aggiornarlo (non l’avrebbe letto nessuno!) perché dal blog di Marco Barone apprendo che il piano triennale (2013, 2014, 2015) per le prove InValsi prevede una spesa di 14 milioni di euro. Sì, avete capito bene, nessuno zero in più. 😦
LINK all’articolo originale

laprofonline

Di fronte ai

preannunciati tagli

alle risorse della pubblica amministrazione, scuola in testa, bisogna riconoscere a questo governo almeno il buon gusto di non parlare di “ottimizzazione delle risorse”, di gelminiana memoria. Non so se peccasse di eccesso di diplomazia l’ex ministro o pecchino di sfacciataggine gli attuali ministri.

Proprio a questo proposito mi chiedevo quanto possano incidere sulla spesa del MIUR i famigerati test InValsi che puntualmente suscitano polemiche sia da parte dei docenti sia da quella degli studenti.

Per prima cosa ho cercato alcuni dati sul sito dell’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione, il cui acronimo è certamente più noto. Nulla. Nessun dato. Alla faccia della trasparenza.

Gli unici dati li ho trovati su una pagina Facebook un po’ datata:

– sono stati spesi circa 5,6 milioni di euro nel 2009 (anno cui si riferisce la notizia riportata)

– si prevede…

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ANCORA SUI TEST INVALSI E SUL CHEATING

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Dei test InValsi non si smette mai di parlare. Anche quando le aule scolastiche sono deserte, è oggetto di discussione sul web, in particolare sul social network.

Quasi 38 mila post sono stati pubblicati su Twitter e i profili pubblici di Facebook, con un picco il giorno della somministrazione dei test all’esame di terza media, ovvero il 17 giugno. E in questi commenti emerge l’amara verità: in occasione di questi test, ritenuti perlopiù difficili e inutili, tre ragazzi su quattro hanno ammesso di aver copiato, come si evince dalla tabella sottostante.

test invalsi cheating

La cosa curiosa, se vogliamo dir così, è che in alcuni casi gli studenti affermano che siano gli stessi insegnanti a dare degli “aiutini”, con una percentuale persino maggiore al nord rispetto al centro-sud.

La domanda da porsi è: perché i docenti aiutano gli alunni in una prova d’esame? La risposta non è difficile: per fare bella figura. Ovviamente il tutto rischiando di essere scoperti, nel qual caso si farebbe una pessima figura.

Io credo che, a parte il costo enorme, i test InValsi dovrebbero essere eliminati dagli esami di Stato (e invece si parla di renderli obbligatori anche per i maturandi) perché, se l’obiettivo è quello di arrivare ad una valutazione su scala nazionale dei diversi istituti, i risultati, falsati dalla pratica del cheating, non sono affidabili.

Per lo stesso motivo ritengo che queste prove elaborate dall’Istituto Nazionale per la Valutazione siano inadeguate per stabilire i meriti delle singole scuole. Mi spiego: qualora i test diventino uno strumento meritocratico, la pratica del cheating rischierebbe di dilagare. E non possiamo far leva sull’onestà dei docenti perché potrebbe anche verificarsi il caso in cui gli stessi dirigenti, per poter ottenere maggiori finanziamenti, lascino intendere che i test debbano ottenere dei buoni risultati. Senza contare che, sulla base delle “classifiche” che si verrebbero a creare, le scuole migliori ne trarrebbero degli indiscutibili vantaggi in termini di iscrizioni.

Il quadro forse può sembrare catastrofico. Io spero vivamente di sbagliarmi ma siamo in Italia, che cos’altro ci potremmo aspettare?

[LINK della fonte (da cui è stata copiata anche la tabella); immagine sotto il titolo da questo sito]

ARTICOLO CORRELATO: A PROPOSITO DI MERITOCRAZIA E CHEATING

SEGNALO ANCHE QUESTO INTERESSANTE ARTICOLO DI GIANNI MEREGHETTI PER ILSUSSIDIARIO.NET

PUBBLICATO IL RAPPORTO INVALSI 2013

invalsiForse ai test InValsi ci stiamo abituando. Quest’anno, anche se non sono mancate le solite contestazioni da parte di studenti (quelli delle superiori, ovviamente) e insegnanti, sono quasi passati inosservati. Forse più che abitudine è rassegnazione: i test non ci piacciono ma sono diventati una prassi nell’attività delle scuole di ogni ordine e grado.

Quali sono i risultati di quest’anno? Si potrebbe dire i soliti: confermata la maggior preparazione degli studenti del Nord rispetto a quelli del Sud, sebbene alcuni cenni di miglioramento si notino in alcune regioni come Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata. I più bravi studiano nelle scuole della Provincia Autonoma di Trento, del Friuli Venezia Giulia, Veneto, Marche e Piemonte.

La rilevazione ha coinvolto 13.232 scuole, 141.784 classi e 2 milioni 862mila studenti. Com’è noto, le prove sono state somministrate al secondo e quinto anno della scuola primaria, nella prima e terza classe (prova d’esame) della scuola secondaria di I grado e agli studenti che nello scorso anno scolastico hanno frequentato la seconda classe della secondaria di II grado. Le materie oggetto di indagine sono state, come di consueto, italiano e matematica.

Nelle prove di italiano gli studenti si sono dimostrati più preparati nell’analisi dei testi narrativi, piuttosto che nell’ambito dei testi espositivi e in quelli di tipo «non continuo o misto», in cui viene richiesto anche di interpretare dati e grafici funzionali all’esposizione dei contenuti del testo. I risultati peggiori riguardano i quesiti «grammaticali».

Nell’ambito dei test proposti per la matematica, gli alunni nel complesso si sono dimostrati più abili con i «numeri» e i «dati e previsioni», manifestando maggiori difficoltà nell’ambito «spazio e figure» e in quello «relazioni e funzioni».

carrozzaInteressante il commento del ministro Maria Chiara Carrozza, per la prima volta alle prese con i test InValsi. Presentando a Roma, presso l’Istituto tecnico industriale Galileo Galilei, il Rapporto nazionale sulle prove Invalsi 2012-2013, il ministro ha dichiarato che bisogna «uscire da una logica di ‘guerre di religione’ sulla valutazione», non si tratta del «giudizio di Dio». Aggiungendo: «Non si comprende la valutazione se non la si lega alla conoscenza: alla consapevolezza di limiti, potenzialità. E’ alla luce di questa ‘filosofia della valutazione’, legata alla necessità di conoscere quello che facciamo e come lo facciamo, che dobbiamo vedere le prove Invalsi».

Mi sembra un buon punto di partenza. Forse abbiamo trovato chi è disposto ad ascoltare la voce degli insegnanti, non contrari alla valutazione in sé, ma a quella dell’InValsi, contestata anche da esperti di chiara fama, Giorgio Israel in testa.

Un piccolo passo avanti ma non facciamoci troppe illusioni.

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[Fonti: Corriere e Tuttoscuola; immagine da questo sito]

SPENDERE DI PIÙ PER LA SCUOLA INVESTENDO MEGLIO

Valutazione_PeanutsNell’attesa dei risultati delle elezioni politiche 2013, il cui spoglio delle schede è tuttora in corso, urge una riflessione sul futuro della scuola pubblica.
Nei vari programmi elettorali più o meno tutti hanno parlato di scuola, perlopiù demolendo ciò che negli anni passati è stato fatto senza, tuttavia, fare delle proposte serie per rilanciare la cultura e l’educazione ormai oppresse sotto il peso di tagli ingiustificati che hanno portato ad un peggioramento delle condizioni dei docenti con il conseguente abbassamento della qualità del servizio offerto.

Secondo me l’errore più diffuso negli anni passati è stato quello di pensare a contenere le spese senza tener conto dello sviluppo. Per fare scuola non è solo necessario un tot numero di docenti – sempre minore con aggravio dei compiti sul singolo – ma è soprattutto indispensabile far funzionare l’intero sistema con delle innovazioni serie, per ciò che concerne i programmi scolastici e l’aggiornamento degli insegnanti.

Leggo su Tuttoscuola.com un elenco di proposte per un serio rinnovamento del sistema scuola, che condivido pienamente. Eccolo:

1) realizzare iniziative sistematiche e periodiche di formazione in servizio obbligatoria;

2) introdurre una diversificazione nella carriera (e quindi nella retribuzione) del personale scolastico, in proporzione all’impegno che si intende profondere;

3) potenziare i sistemi di valutazione;

4) sviluppare la ricerca di base e applicata, anche nella forma della ricerca-azione, sull’innovazione educativa;

5) rafforzare la comunicazione orizzontale tra le scuole e la diffusione delle buone pratiche;

6) utilizzare al meglio le risorse umane e tecniche disponibili, attraverso una riorganizzazione delle condizioni di lavoro funzionale al miglioramento del servizio offerto;

7) migliorare la qualità degli ambienti (aule, laboratori, attrezzature) nei quali si svolge l’apprendimento;

8) promuovere e sostenere anche con incentivi gli interventi nelle scuole a rischio.

Un punto su cui penso sia necessario intervenire con urgenza è il secondo che, inevitabilmente, è legato al terzo.
Fino ad ora il lavoro degli insegnanti non è stato controllato né valutato, e neppure è mai stato tenuto nel debito conto il fatto che insegnare una qualsiasi disciplina non è come insegnare una disciplina qualsiasi … e scusate il gioco di parole. Trovo sia ingiusto che alcuni docenti abbiano pacchi e pacchi di compiti da correggere e alcuni nessuno o comunque un numero limitato di prove (spesso con valutazione orale) non troppo impegnative per la correzione. Anche l’impegno che richiede il numero delle classi in cui si insegna – e conseguentemente il numero totale degli allievi – è differente, sempre in riferimento al “lavoro domestico”.
Non trascurabile, inoltre, è il fatto che spesso il lavoro non viene né quantificato né valutato in termini di qualità. E ciò, se da una parte può essere un bel vantaggio per chi fa il minimo indispensabile, per chi lavora seriamente, almeno il doppio dell’orario settimanale di cattedra, è quanto meno demoralizzante.

Il problema della valutazione non è di facile soluzione. L’ex ministro Gelmini, nonostante le promesse di differenziare gli stipendi degli insegnanti sulla base dell’effettivo lavoro svolto nonché sui risultati ottenuti, non ha mai fatto proposte serie. Da parte sua, il ministro uscente Francesco Profumo ha varato il progetto VALeS (progetto sperimentale per individuare criteri, strumenti e metodologie per la valutazione esterna delle scuole e dei dirigenti scolastici) che in ogni caso viaggia sul binario della sperimentazione, senza fare proposte molto diverse rispetto alla sperimentazione del merito di gelminiana memoria.

Una cosa, fra tutte, non condivido: affidare all’onnipresente InValsi il compito di valutare gli apprendimenti e, di conseguenza, le scuole. In primo luogo perché i costi dell’InValsi sono proibitivi, in secondo luogo perché i test fino ad oggi proposti sono risultati poco affidabili. Senza contare che il timore di “fare una brutta figura” ha portato sempre più docenti al training to the test, deleterio per l’apprendimento permanente e volto soltanto all’acquisizione di nozioni minime, indispensabili solo a superare il test e subito dimenticate. Mi riferisco soprattutto ai test di matematica la cui affidabilità è stata più volte messa in discussione da una voce ben più autorevole di me: quella del prof. Giorgio Israel che dice no anche alla valutazione dei docenti affidata a studenti e famiglie. E fa l’unica osservazione che merita attenzione: »La questione della valutazione dei docenti ritorna sempre, ed è innegabile che la riqualificazione della professione passa per un buon sistema di valutazione. Ma è noto che sul tema siamo sempre in alto mare, essenzialmente perché non si vuol prendere atto che l’unico sistema valido è quello delle ispezioni, concepito come un processo interattivo all’interno del sistema capace di attivare il fine autentico della valutazione, ovvero un processo di crescita culturale.» (LINK)

Ecco, investire nella scuola significa anche questo: trovare un sistema di valutazione super partes. Rimarrebbe sempre il dubbio che gli ispettori – per la maggior parte ex dirigenti – non lo siano del tutto o non siano in grado di dare una valutazione oggettiva, in mancanza di strumenti atti allo scopo. Sarebbe, comunque, un bel passo avanti.

2012: UN ANNO DI SCUOLA

Ecco, in riepilogo, i principali avvenimenti che hanno caratterizzato, nel 2012 appena trascorso, il mondo della scuola. (I LINK rimandano agli articoli che trattano gli argomenti in questione pubblicati in questo blog).

GENNAIO
Il progetto del MIUR “Scuola in chiaro” prevede che le famiglie possano procedere all’iscrizione dei propri figli nelle scuole scelte anche on line. Una decisione presa per limitare i costi e che, molto probabilmente, andrà a regime il prossimo anno. Sulla stessa linea la digitalizzazione della scuola: registro elettronico e pagelle on line. Ma servono risorse che difficilmente si troveranno. (LINK)

Il Decreto legge sulle semplificazioni, uno dei primi provvedimenti legislativi del Governo Monti, tenta il rilancio dell’autonomia scolastica mediante il potenziamento dell’organico di istituto. Viene prevista una dotazione complessiva di dieci mila nuovi posti docente ma in sede di conversione in legge del decreto il ministero dell’Economia, a causa della crisi finanziaria, pone il veto all’incremento dei 10mila posti di organico.

Per gli studenti non italiani, in previsione dell’ammissione agli Esami di Stato finali, non è necessario l’aver acquisito il diploma della Scuola Secondaria di I grado (ex Scuola Media) in Italia: lo chiarisce la nota prot. n. 465 del 27 gennaio 2012. (LINK)

FEBBRAIO
Il ministro Francesco Profumo intervistato da Monica Maggioni nella puntata di “Speciale Tg1 l’inchiesta” del 19 febbraio, a proposito degli stipendi degli insegnanti, dichiara: «I docenti non hanno stipendi corretti. Non sono confrontabili con quelli degli altri Paesi, ma io credo che il corpo docente in questo momento chiede prima di tutto di essere rispettato e rivalutato. Tutta la scuola chiede di essere rivalutata per quello che rappresenta per l’intero Paese. (LINK) Peccato che poi, di fronte alla proposta di aumentare il numero delle ore di cattedra da 18 a 24 e senza aumento di stipendio, abbia accusato i docenti di essere dei conservatori. (LINK, a novembre)

MARZO
Nell’ambito del Decreto Semplificazioni, dopo una lunga discussione tra governo e politici, è stato stabilito di dare la delega al ministero dell’Economia, attraverso i Monopoli di Stato, di variare il prelievo (ossia rivedere le convenzioni) sui giochi già esistenti (come Lotto o Superenalotto), senza istituirne dei nuovi, al fine di finanziare aumenti dell’organico di docenti e personale Ata. Manca, tuttavia, la definizione del numero dei precari in via di assunzione, precedentemente identificato in 10mila unità. (LINK)

Suscita polemiche la proposta di una sedicente organizzazione di ricercatori e professionisti, che gode dello status di consulente speciale con il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, la «Gherush92», di eliminare la Divina Commedia” di Dante Alighieri dai programmi scolastici. L’accusa nei confronti del poeta fiorentino è di razzismo e omofobia. (LINK) Il ministro Profumo però rassicura: “Dante non si tocca”. (LINK)

Il Ministero rende noto il numero dei posti disponibili per le immatricolazioni al Tirocinio Formativo Attivo (TFA) per la scuola secondaria di primo e secondo grado: rispettivamente 4.275 e 15.792, definiti in ambito regionale per ciascun ateneo. (LINK)

In arrivo il plico telematico: dai prossimi esami di stato (A.S. 2011/12) le tracce della prima e della seconda prova scritta saranno scaricabili direttamente on line dagli istituti interessati. Continua il progetto, già avviato, di digitalizzazione della scuola. (LINK)

Sulla scia della polemica scoppiata in Francia, dove I genitori hanno imposto ai figli che frequentano la scuola primaria lo “sciopero dei compiti a casa”, anche il ministro Profumo si dichiara d’accordo quanto meno su una diminuzione delle attività domestiche. «Visto che, finalmente, la scuola si è lasciata dietro la polvere della tradizione – osserva il titolare del MIUR – ora è il caso di pensare anche ad un modello nuovo dei compiti a casa. Sono cambiati i contorni del mondo dell’istruzione, possiamo quindi cambiare anche le relazioni». (LINK)

APRILE
Nonostante il tentativo di bloccarne la somministrazione, tramite un emendamento proposto al Decreto Semplificazioni, presentato dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera, il Ministero ha confermato il regolare svolgimento delle prove InValsi. Non mancano le polemiche ma, almeno quest’anno, le critiche sono un po’ meno ideologiche rispetto a quelle mosse l’anno precedente dai sindacati di base contro il ministro Gelmini, colpevole, secondo loro, di volere usare le rilevazioni Invalsi per “schedare” gli insegnanti.

MAGGIO
Ai primi del mese vengono aperte le preiscrizioni per il TFA. Il ministro Profumo, in un’intervista rilasciata al Corriere, assicura che ci saranno degli “sconti” per chi ha già maturato un’esperienza didattica almeno triennale: alla fine del primo corso di tirocinio per conseguire l’abilitazione, questi docenti saranno ammessi direttamente in aula perché, spiega il ministro, il tirocinio l’hanno già fatto. Poi assicura che non dovranno sostenere alcuna prova pre-selettiva, non ci saranno selezioni di ingresso per loro e annuncia che entro la fine dell’anno verrà bandito un concorso ordinario a cattedre. (LINK)

Si svolgono regolarmente in tutte le scuole di ogni ordine e grado i test InValsi.

A Brindisi, davanti ad un istituto scolastico intitolato alla memoria di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, un ordigno uccide una studentessa, Melissa Bassi, e ne ferisce gravemente alcune altre. Le indagini rivelano l’azione di un mitomane. Tutto il mondo della scuola è indignato. (LINK )

Il 20 maggio l’Emilia è colpita da un pesante terremoto che si ripete il 29 dello stesso mese con altri effetti devastanti. Per molte scuole la chiusura viene anticipata. Si decide che gli studenti interessati sosterranno l’Esame di Stato (semplificato, con il solo colloquio orale) sotto le tende.

GIUGNO
Si svolge la prova pre-selettiva per l’ammissione al TFA. La selezione viene accompagnata da polemiche, da rettifiche e da ricorsi. A fine anno faticosamente i TFA partono presso diversi atenei.

Polemico l’ex ministro Fioroni nei confronti della “politica” portata avanti dal tecnico Profumo. Secondo Fioroni, per dare un nuovo impulso alla scuola italiana è necessario dare delle risposte a ciò che l’Europa ci chiede, ovvero «un sistema di valutazione serio, provvedimenti urgenti per il recupero di chi resta indietro e strumenti e risorse per migliorare le scuole che hanno bisogno. L’Ocse ci chiede di investire sull’aggiornamento e la riqualificazione professionale dei docenti …» (LINK)

Secondo il rapporto Isfol, sono 114mila all’anno i ragazzi, di età compresa tra i 14 e i 24 anni, che abbandonano gli studi. Un dato, in percentuale, che raggiunge quasi il 20% contro la media europea che si attesta sul 5%. (LINK)

Il 20 giugno iniziano gli esami di Stato con lo svolgimento della prima prova. Viene inaugurato il plico telematico con cui vengono inviate le tracce a ciascun istituto. Qualche intoppo ma in generale l’esperimento ha successo. La fuga di notizie e le immagini riprese dai cellulari dei candidati e pubblicate da alcuni siti confermano l’abitudine all’imbroglio nonostante la minaccia di espulsione immediata con il conseguente obbligo di ripetere il quinto anno. (LINK)
Non sempre, però, I furbetti vengono puniti. A Udine, uno studente sorpreso con degli appunti durante lo svolgimento della terza prova scritta, viene espulso. Ma ricorre al Tar che lo riammette agli esami. (LINK)

LUGLIO
Anche l’Italia aderisce al progetto “Face to Faith” lanciato dalla Fondazione creata dall’ex premier britannico Tony Blair con l’intento di promuovere l’interscambio culturale e religioso fra giovani studenti di tutto il mondo di età compresa fra i 12 ed i 17 anni.

L’Ufficio Stampa del MIUR pubblica sul sito i risultati degli scrutini finali per l’A.S. 2011/12. Dai dati emerge un generale aumento di studenti promossi e una diminuzione anche degli allievi con giudizio sospeso. Secondo le cifre che si riferiscono all’85% delle scuole medie e al 91% delle superiori, quest’anno la percentuale degli studenti promossi alle classi successive è del 95,7% nelle medie e del 62% alle superiori. Lo scorso anno era del 95,3% nelle medie e del 60,8% nelle superiori. (LINK)

La Spending Review prevede, dal prossimo anno scolastico, la digitalizzazione di tutte le pratiche che fino ad ora hanno richiesto l’utilizzo del materiale cartaceo. Le pagelle e le iscrizioni scolastiche on line (queste ultime già possibili per mezzo del progetto “La scuola in chiaro”, ma opzionali, nel senso che si poteva ancora procedere con la compilazione dei moduli cartacei) e i registri elettronici. (LINK). Ad ottobre, un hacker minorenne viene addirittura assunto da una ditta vicentina. Alessandro Petracca, uno dei responsabili della Cermit, ditta di ingegneria informatica di Thiene, ha dichiarato: «Non discuto il reato, spetta alla magistratura accertare. Ma quel ragazzo sembra essere veramente in gamba, e dobbiamo dargli una possibilità. Molti dei consulenti delle aziende americane sono stati prima degli hacker». (LINK )
I rischi di manomissione dei dati, però, sono leciti. Diventano realtà quando a settembre vengono denunciati dieci ragazzini hacker, che frequentano l’Istituto tecnico Marzotto di Valdagno(Vicenza): hanno modificato i voti registrati dai loro insegnanti. (LINK)

Dopo un triennio di libera applicazione delle Indicazioni nazionali per le scuole dell’infanzia e del primo ciclo (varate dal ministro Moratti) e delle Indicazioni per il curricolo (varate dal ministro Fioroni), vengono trasmesse al Consiglio di Stato, per il parere definitivo, le Indicazioni Nazionali per il curricolo proposte dal ministro Profumo.

Al Meeting dell’Amicizia di Rimini nel workshop della DiSAL si parla di dirigenza scolastica. “Dove si dirigono … i dirigenti delle scuole?” è il titolo del workshop per presidi di scuole statali e non statali, docenti vicari, che la DiSAL promuove nell’ambito del Meeting dell’Amicizia in collaborazione con Tuttoscuola. Secondo la Disal, tra il 2011 ed il 2012 sparirà il 22% dei posti di dirigente delle scuole statali.

AGOSTO
Il Consiglio dei ministri, su proposta di Francesco Profumo, titolare di Viale Trastevere, è pronto ad esaminare lo schema di decreto per la valutazione del sistema scolastico. (LINK)

Il ministero annuncia la pubblicazione del bando di Concorso per reclutare quasi 12mila docenti. È il primo concorso ordinario dopo tredici anni. (LINK)

SETTEMBRE
Gli effetti della riforma del dimensionamento delle istituzioni scolastiche, voluta dal Governo Berlusconi con la legge n. 111/2011, si concretizzano nell’anno scolastico 2012/2013. Nonostante una sentenza della Corte Costituzionale abbia ritenuto illegittimo un aspetto procedurale che non aveva tenuto conto della competenza concorrente delle Regioni, i piani di ridimensionamento vengono attuati. In molte regioni scompaiono quasi completamente le direzioni didattiche e le sedi principali di scuola media per far posto agli istituti comprensivi. Mediamente le istituzioni scolastiche ridimensionate accolgono nelle loro scuole circa mille alunni.

Il Garante per la privacy diffonde a mezzo stampa una nota che riguarda le norme da osservare nelle aule scolastiche e, più in generale, negli edifici che ospitano le scuole di ogni ordine e grado, a tutela dei dati personali. Il titolo è esemplificativo dei tempi che corrono e tiene conto delle novità da poco introdotte: “La privacy a scuola. Dai tablet alla pagella elettronica. Le regole da ricordare”. (LINK)

All’inizio dell’anno scolastico vengono rese note le nuove normative introdotte dal decreto legge n. 95, convertito nella legge n. 135 del 7 agosto in materia d’istruzione. (LINK)

In occasione dell’inaugurazione del nuovo anno scolastico, Profumo annuncia che tutte le classi scolastiche di medie e superiori avranno un computer e ogni insegnante delle regioni Puglia, Campania, Sicilia e Calabria, sarà dotato di un tablet. La spesa dell’operazione è di 24 milioni di euro; 8.647 milioni per fornire di un computer le 34.558 classi di scuole medie e 15mila 650 milioni per rifornire le 62.600 classi delle superiori. Non mancano le polemiche da parte della Lega Nord per la “discriminazione” del Settentrione, escluso dal progetto. (LINK)

Suscitano perplessità e polemiche le osservazioni del ministro Profumo sull’insegnamento della religione cattolica. in occasione della festa di Sinistra Ecologia e Libertà, a Torino, ha dichiarato: «Credo che l’insegnamento della religione nelle scuole così come è concepito oggi non abbia più molto senso. Nelle nostre classi il numero degli studenti stranieri e, spesso, non di religione cattolica tocca il 30%.». Propone, quindi, di «meglio adattare l’ora di religione trasformandola in un corso di storia delle religioni o di etica». (LINK)

Viene pubblicato il rapporto annuale dell’Ocse Education at a Glance (EAG), che pone a confronto i sistemi educativi dei 34 Paesi membri dell’Organizzazione più alcuni altri. In Italia, la spesa pubblica per l’istruzione ammonta al 4,9% del Pil, contro una media Ocse del 6,2%, percentuale che colloca il nostro Paese al 31° posto su 37. Ancora peggiore è il dato che riguarda la percentuale della spesa per l’istruzione sul totale della spesa pubblica: solo il 9% contro una media Ocse del 13% (31° posto su 32).

Come annunciato, viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il bando del «concorsone» per assumere 11.542 docenti nel biennio 2013-2014.
I reclutamenti serviranno a coprire il 50% del fabbisogno, mentre l’altra metà sarà soddisfatto attraverso le graduatorie a esaurimento dei precari. (LINK)

OTTOBRE
Appena bandito il nuovo concorso per il reclutamento dei docenti, nonostante l’annuncio precedente dell’uscita di un altro bando nella primavera 2013, dal ministero giunge la notizia che non ci saranno più concorsi fino al 2015. (LINK)

Il governo rende pubblico il ddl Stabilità (ex finanziaria), che, tra gli altri provvedimenti, prevede l’innalzamento delle ore di lezione per i docenti della scuola secondaria di I e II grado da 18 a 24, senza alcun aumento della retribuzione. (LINK). La reazione da parte di tutti (docenti, dirigenti, sindacati e mondo della politica, nessuno schieramento escluso) è talmente forte che i ministri dell’Istruzione e dell’Economia, sono costretti a ritirare la proposta. (LINK)

La Corte costituzionale dichiara illegittima la conferma della ritenuta previdenziale per i dipendenti pubblici passati al TFR. Si prospettano congrui rimborsi per gli arretrati. Il Governo però cancella la norma che aveva introdotto dal 1° gennaio 2011 il Tfr per i dipendenti pubblici; in questo modo tutto ritorna alla situazione del 2010, prima del Tfr e quindi la ritenuta del 2,50% sull’80% dello stipendio viene confermata e legittimata.

NOVEMBRE
Il Senato approva in via definitiva la legge che rende obbligatorio l’insegnamento dell’inno di Mameli. Lo stesso ddl istituisce anche la ‘Giornata dell’Unità della Costituzione, dell’inno e della bandiera’ per il 17 marzo. Non sarà un giorno festivo, ma una solennità ricordata nelle scuole e con iniziative pubbliche allo scopo di promuovere i valori di cittadinanza e di riaffermare l’identità nazionale.

Scoppia lo scandalo delle “Pillole del Sapere”: su Rai 3, la trasmissione Report dedica un’inchiesta sull’acquisto (da attribuire alla precedente gestione … ma la Gelmini smentisce) di una serie di video “didattici”, mini-filmati di 3 minuti, che sarebbero costati all’amministrazione più di 400.000 euro.

A Palazzo Chigi si discute sullo sblocco degli scatti di anzianità. Tutti i sindacati, a parte la CGIL, accettano la proposta del governo.

Archiviata la proposta di aumentare l’orario dei docenti da 18 a 24 ore, si torna a parlare della riduzione del corso di studi per allinearsi allo standard europeo che vuole l’uscita dalle scuole superiori dei ragazzi all’età di 18 anni. Ovviamente anche in questo caso i motivi sono soprattutto economici: un anno in meno di scuola significa meno stipendi da pagare … ma anche nuovi disoccupati. (LINK).

DICEMBRE
Secondo la relazione del ministro della Funzione Pubblica Patroni Griffi, che affronta il tema del precariato, esteso a tutta la P.A., nella scuola i precari sarebbero 130mila. Molti dubbi sulle cifre reali. (LINK)

Vengono resi noti i risultati delle prove pre-selettive, che si sono svolte il 17 e il 18 dicembre, del concorso ordinario per il reclutamento dei docenti: “le percentuali di ammessi al concorso seguono curiosamente l’andamento dei risultati delle rilevazioni sugli apprendimenti degli studenti Ocse Pisa 2009”: la Toscana risulta la regione con la percentuale maggiore di ammessi (44,3%) e le performance di apprendimento più alte, mentre la Calabria è il fanalino di coda su entrambi i fronti. (LINK)

[alcune informazioni sono tratte da Tuttoscuola.com; le immagini sono tratte da questo sito]

QUANTO COSTANO L’INVALSI E I SUOI TEST

Leggo su OrizzonteScuola.it un articolo sui test Invalsi e sui costi che lo Stato sostiene per realizzarli, mantenendo l’intera “baracca”. Sono cifre allucinanti che, se ridotte, darebbero un buon contributo al ddl Stabilità (ex Finanziaria).

Dopo lo scandalo sollevato dalla trasmissione Report sulle “Pillole del sapere” costate ben 730mila euro e commissionate, come pare, dalla precedente gestione (ma la Gelmini dice di non saperne nulla!), ora si parla di alcuni dei costi dell’InValsi.

Per il solo anno 2012, sono centinaia gli incarichi esterni con compensi che vanno da un minimo di 400 euro ad un massimo di 25 mila euro, per la realizzazione di vari progetti. L’Istituto ha sede a Frascati, nella splendida villa Falconieri, e può usufruire di un’auto adibita al trasporto collettivo, nonostante la stazione dei treni disti solo 2 km e la più vicina fermata dell’autobus si trovi a 1 km e mezzo.

Ma veniamo agli stipendi. Il Direttore generale ne percepisce uno di ben € 152.886,93. Anche il Dirigente di seconda fascia ha uno stipendio di tutto rispetto: ben € 92.588,59.

Sul costo stimato dei test che vengono somministrati – e imposti – ogni anno in tutte le scuole di ogni ordine e grado mi sono già espressa QUI: circa 8 milioni di euro per l’anno in corso.

A proposito di Spending review, mi chiedo (anzi, me lo chiedo di nuovo visto che me l’ero già chiesta) se non sarebbe il caso di tagliare un po’ questi costi (non dico eliminare i test, pur ritenendoli inutili) invece di togliere i posti ai precari della scuola, pericolo sventato per il momento. Ma tanto lo sappiamo tutti: dopo le le elezioni si ritornerà a parlare dell’aumento dell’orario di cattedra per i docenti. Naturalmente con il contratto scaduto e gli scatti ancora bloccati.