LA PROF IN PENSIONE

Finalmente è arrivato il momento che stavo aspettando con trepidazione da qualche anno: da oggi, 1. settembre 2023, sono ufficialmente una prof in pensione.

Molte volte ho immaginato questo momento. Gli ultimi anni sono stati difficili anche e soprattutto per alcuni miei problemi personali. Ho faticato tanto. A volte mi sono sentita incapace, sfiduciata e demotivata, ma mai ho smesso di amare il mio lavoro e di farlo con passione.

Nel mio cuore non smetterò mai di sentirmi un’insegnante e spero proprio di aver lasciato quel segno in almeno la metà delle centinaia di allievi e allieve che, dalla cattedra, ho osservato, incoraggiato, consolato valutato – ahimè – e amato. Non mi definirò mai un’ex insegnante ma un’insegnante in pensione, questo sì.

Nel mio servizio attivo, durato più di 38 anni, sono stata una delle tante e dei tanti che nel lungo periodo si è prodigata per fare del bene ai ragazzi e alle ragazze che le sono stati affidati, per dare loro una formazione e una cultura di cui, in futuro, non si debbano vergognare. Io sono una delle tante che ha sacrificato molto per la scuola, per migliorarsi e per far sì che la scuola stessa, se non gli insegnanti, poveretti loro, non cada sempre più in basso. L’ho fatto per lungo tempo gratis, facendo tanto volontariato, con la consapevolezza che la mia professione ha, e spero continui ad avere, una dignità al di là di qualsiasi stipendio e compenso accessorio.

Negli ultimi tempi si parla tanto di precariato e, nello stesso tempo, di una professione sempre meno ambita dai giovani. Io un po’ li capisco questi giovani. Quando ho iniziato io, il professore e la professoressa erano dei punti di riferimento, mai messi in discussione, sempre considerati dei professionisti seri e degni del massimo rispetto. Ora non è più così: qualsiasi cosa si faccia viene messa in discussione, compresa la valutazione che da sempre è considerata nostro appannaggio esclusivo – d’altronde è il compito primario della professione docente -, continuamente criticata da chi ignora la docimologia e il compito delicato che ci viene affidato. Siamo spesso sostituiti dai giudici dei tribunali amministrativi che non dovrebbero ribaltare i giudizi finali eppure lo fanno. Ciò è reso possibile dalla scarsa fiducia delle famiglie e dall’arroganza con cui i genitori – certamente non tutti – pretendono la promozione assicurata perché per loro conta solo questo, non la preparazione effettiva dei loro figli. Peccato, perché con quella preparazione poi dovranno affrontare gli studi successivi e il mondo del lavoro. Allora i nodi verranno al pettine, come si suol dire.

Guardandomi indietro, agli inizi della carriera, vedo un’insegnante piuttosto austera. Pensavo che un certo contegno autoritario mi avrebbe procurato la rispettabilità che credevo non fosse conciliabile con l’aria sbarazzina e spensierata che la mia giovane età mi avrebbe suggerito. Volevo essere come il mio prof di Latino e Greco, fin da subito il modello d’ispirazione, ma mi sbagliavo. I tempi erano cambiati, semplicemente. Insegnavo in una scuola media di montagna, gli alunni e le alunne provenivano da famiglie semplici e genuine, poco acculturate. Credevo che il mio compito principale fosse quello di ampliare i loro orizzonti e per farlo dovevo essere seria. La cultura, in fondo, è qualcosa di serio o no?

Quando una ragazzina di seconda mi fece notare che, al contrario della mia collega che insegnava in una classe parallela, non sorridevo mai e non offrivo mai loro le caramelle, mi fermai a riflettere. Da quel giorno cambiai, anche se l’anno successivo, vinto il secondo concorso, iniziai a insegnare negli istituti superiori. Ma trasmettere la mia passione per i Promessi sposi di Alessandro Manzoni, in un istituto tecnico industriale e per di più in una classe di 27 allievi tutti maschi, fu un’impresa disperata. Essendo in attesa del mio primo figlio, accolsi l’inizio della maternità obbligatoria come una sorta di benedizione.

Dopo due maternità ravvicinate ebbi il coraggio di prendere la terza abilitazione per insegnare nei licei. Ecco che, alle prese con la letteratura latina, l’analisi e la traduzione di un passo d’autore, ripresi in considerazione l’antico modello, il mio professore di Latino e Greco che, pur senza sorrisi, mi ha fatto amare così tanto le sue discipline. Insegnare Latino – il Greco era ormai per me un ricordo lontano – costituì una sorta di riscatto per non essere riuscita a laurearmi in Lingue, come avrei voluto. Le lingue classiche in fondo sono sempre lingue e portano con sé il fascino di antichi popoli che ancor oggi hanno tanto da insegnarci.

Negli ultimi 30 anni ho insegnato al liceo scientifico. Un periodo così lungo che necessariamente mi ha imposto di rinnovare la didattica, anche grazie alla collaborazione con i colleghi e le colleghe del mio dipartimento. L’insegnante non può né deve essere solo e isolato, convinto di sapere tutto e di non avere nulla da imparare. Per me la collaborazione è stata fin da subito una risorsa irrinunciabile e ringrazio i colleghi e le colleghe che, attraverso il confronto, mi hanno permesso di migliorare e di innovarmi. Grazie a ciò, ho potuto rendere più dinamico il mio lavoro perché, checché se ne dica, ripetere ogni anno le stesse cose nello stesso modo è molto comodo ma anche tanto noioso.

Negli ultimi quattro anni ho assunto il ruolo di coordinatrice del mio dipartimento, un compito faticoso e impegnativo che ho svolto con la stessa meticolosità e passione che ha caratterizzato sempre il mio lavoro di insegnante. Ma, al di là della fatica e degli inevitabili momenti di discussione e le divergenze tra alcuni di noi – d’altra parte non esiste un pensiero unico e la difficoltà di conciliare i diversi punti di vista fa parte del “gioco” – l’incarico mi ha dato tante gratificazioni. Lavorando a stretto contatto, ho allacciato amicizie che rimarranno sempre nel mio cuore.

Giunta alla fine della mia carriera, ringrazio la mia maestra Alberta, le professoresse Fulvia e Anna, i due Sergio, professori di Italiano, Latino e Greco che per me sono stati i veri Maestri. Assieme ai loro colleghi, che forse non hanno lasciato dentro di me una così vasta orma di sé, mi hanno accompagnato negli anni della mia infanzia e adolescenza e hanno fatto di me la persona ma soprattutto l’insegnante che sono.

Ringrazio soprattutto i miei allievi e le mie allieve perché se è vero che grazie a me (e ai miei colleghi, ovviamente) hanno imparato molte cose, soprattutto a divenire adulti consapevoli del ruolo che in futuro spetterà loro, anch’essi hanno insegnato a me tantissime cose. Perché il nostro lavoro senza di loro non esisterebbe. Mi viene in mente, a questo proposito, il racconto di Isaac Asimov “Chissà come si divertivano” in cui l’autore immagina la scuola del futuro fatta di macchine al posto delle persone. Così viene riportata la riflessione di Margie, la protagonista, sulle “vecchie scuole”:

«Stava pensando alle vecchie scuole che c’erano quando il nonno di suo nonno era bambino. Ci andavano i ragazzi di tutto il vicinato, ridevano e vociavano nel cortile, sedevano insieme in classe, tornavano a casa insieme alla fine della giornata. Imparavano le stesse cose, così potevano darsi una mano a fare i compiti e parlare di quello che avevano da studiare. E i maestri erano persone…»

Ora anche a scuola sta per entrare l’intelligenza artificiale. Non stiamo parlando di macchine al posto dei maestri ma di uno strumento che può essere molto utile se usato con raziocinio. Il rischio, come sempre è accaduto di fronte alle novità tecnologiche, è che gli studenti e le studentesse utilizzino l’IA in modo inappropriato, cercando scorciatoie per impegnarsi di meno. Per scongiurare ciò, c’è ancora bisogno delle persone, di quei maestri che insegnino la strada giusta da percorrere.

Spero, nel mio piccolo, di aver contribuito almeno un po’ a indicare ai miei allievi e alle mie allieve, di ieri e di oggi, quella strada fatta di sacrifici, sì, ma anche di molte soddisfazioni.

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Da piccola preferivo parlare ... oggi mi piace scrivere

Pubblicato il 1 settembre 2023, in docenti, scuola, Senza categoria con tag , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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