“LE DONNE NELLA COMMEDIA DANTESCA” – INTRODUZIONE

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Che cos’è la Commedia di Dante Alighieri? È il divino poema, come venne definito da Boccaccio, perché tratta della vita dopo la morte? È il racconto di un’esperienza quasi unica, vissuta da Dante agens, un privilegio che vede eletti, prima di lui, solo Enea e San Paolo?  È il viaggio che il poeta, a causa dei peccati di cui si è macchiato, deve affrontare per passare dall’oscurità della selva alla visione luminosa di Dio, Uno e Trino? È un’esperienza paradigmatica da leggere alla luce dei significati profondi che la lettera nasconde, come l’autore stesso spiega nell’Epistola XIII a Cangrande della Scala prendendo come esempio l’esodo della tribù d’Israele dall’Egitto ai tempi di Mosè?  È un’opera in cui la vastissima cultura dell’uomo medievale, che già si affaccia ante litteram all’Umanesimo, vuole dimostrare quella sete di conoscenza manifestata da Ulisse nell’appello ai compagni “considerate la vostra semenza, / fatti non foste a viver come bruti”? È un’opera enciclopedica che precorre l’instancabile attività di ricerca degli uomini illuminati, catturando lo scibile umano per poterne perpetuare la conoscenza? È un’opera dottrinale in cui elementi pagani e cristiani, mitologia e storia, fonti classiche e bibliche, filosofia e teologia, scienza e verità evangelica, passione politica e amore per le proprie origini si fondono in un’armonia che davvero ha pochi uguali nella letteratura mondiale?

     Forse la Commedia è tutto questo e molto altro. Ma a ben vedere, il poema è anche una lunga storia d’amore in cui si supera quell’impasse tra amor e caritas che nessun poeta prima di Dante aveva colmato e dopo di lui nessun altro riuscirà a risolvere, individuando come elemento d’unione una donna. Ciò è reso possibile dalla figura di Beatrice che il poeta innamorato sa essere diversa dalle altre muse ispiratrici. Una storia d’amore che ha inizio nella Vita Nuova, una vita già rinnovata dal precoce incontro del poeta con Beatrice, e che si concluderà con il Paradiso in cui la donna gentile e onesta smetterà i panni della amata cui dedicare versi amorosi per diventare anima beata e guida celeste verso i misteri di Dio.

     L’amore per Beatrice non solo ispira il poeta nella composizione dei suoi versi. È un amore che porta alla salus e alla libertà, come l’Alighieri stesso dirà, congedandosi dalla donna che lo affida a San Bernardo per l’ultimo tratto del viaggio nell’Empireo: Tu m’hai di servo tratto a libertate (Paradiso, XXXI, v. 85).


Possiamo dire che Beatrice, anche se non “fisicamente” presente ma solo spiritualmente, sia la protagonista della Commedia, fin dal II canto dell’Inferno quando Virgilio spiega al pellegrino di aver ricevuto proprio da lei l’incarico di soccorrerlo, prima che ricadesse per sempre nel peccato:

O anima cortese mantoana, 
di cui la fama ancor nel mondo dura, 
e durerà quanto ’l mondo lontana
,                                60

l’amico mio, e non de la ventura, 
ne la diserta piaggia è impedito 
sì nel cammin, che volt’è per paura
;                              63

e temo che non sia già sì smarrito, 
ch’io mi sia tardi al soccorso levata, 
per quel ch’i’ ho di lui nel cielo udito
.                           66

Or movi, e con la tua parola ornata 
e con ciò c’ha mestieri al suo campare 
l’aiuta, sì ch’i’ ne sia consolata
.                                    69

I’ son Beatrice che ti faccio andare; 
vegno del loco ove tornar disio; 
amor mi mosse, che mi fa parlare
.                                 72

Quando sarò dinanzi al segnor mio, 
di te mi loderò sovente a lui
“.                        (Inferno, II, vv. 58-73)

Amor mi mosse, che mi fa parlare: basta questo verso per comprendere che quella di Beatrice è una presenza fissa nel poema, tanto che lo stesso Virgilio, costretto entro i limiti della “ragione umana” che allegoricamente rappresenta, più volte farà riferimento alla donna, ormai anima beata, come colei che potrà spiegare meglio concetti teologici che al poeta latino sfuggono.

     Ma la donna amata dall’autore della Commedia, protagonista assoluta in scena dal XXX canto del Purgatorio, non è l’unica appartenente al genere femminile cui Dante presta attenzione. Alcune donne sono delle vere protagoniste altre possono essere considerate solamente delle comparse, altre ancora semplicemente dei nomi che appartengono alla storia, antica e coeva rispetto all’auctor, o alla mitologia.

     Non dimentichiamo che il poeta fiorentino aveva stilato una lista di sessanta sue concittadine e la sua Beatrice era solo la nona… una posizione comunque privilegiata che sarà compresa solo dopo un’attenta analisi del personaggio. A questo punto si può solo preannunciare il miracolo di Beatrice attraverso le parole del poeta il quale, nel XXX capitolo della Vita Nuova, spiega: questa donna fue accompagnata da questo numero del nove a dare ad intendere ch’ella era uno nove, cioè uno miracolo, la cui radice, cioè del miracolo, è solamente la mirabile Trinitade.

     Le donne fiorentine, seppur elogiate per la bellezza, non sono sempre lodate dall’Alighieri per le loro virtù. Ai suoi tempi, infatti, la corruzione e i vizi dilagavano nella città attraversata dall’Arno e il gentil sesso non era immune da questo degrado. Forse per questo Beatrice spicca per qualità morali se non per bellezza.


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CAPITOLO 1: LE FIORENTINE

CAPITOLO 2: FRANCESCA DA RIMINI

CAPITOLO 3: DIDONE

CAPITOLO 4: PIA DE’ TOLOMEI

CAPITOLO 5: MATELDA

CAPITOLO 6: PICCARDA DONATI E COSTANZA D’ALTAVILLA

CAPITOLO 7: BEATRICE

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