La lirica cortese dalla Provenza in Italia

dama e cavaliere

La lirica cortese nasce in Provenza ad opera di Guglielmo IX duca d’Aquitania e VII conte di Poitiers (1071 – 1126), nei primissimi anni del XII secolo. Inaugura egli stesso la tradizione trovadorica, impostando la sua produzione lirica su tre filoni: amoroso –sentimentale, burlesco – realistico e moraleggiante. Dei tre filoni dell’ispirazione di Guglielmo quello decisivo per le sorti della poesia trovadorica è quello sentimentale “cortese”.
Il tema del “corteggiamento amoroso” si afferma nel XII secolo: si tratta di un amore, soprattutto erotico, rivolto a dame sposate e perciò segreto, da cui deriva l’uso del senhal, e spesso insidiato dai lauzengiers, cioè dai pettegoli invidiosi.
La natura extramatrimoniale è garanzia della genuinità sentimentale dell’amore stesso: nel matrimonio, visto come un contratto e quindi costrizione, l’amore non può esistere. L’amore vero è solo quello libero.
Nel XIII secolo, con la crociata contro gli Albigesi, indetta da Innocenzo III, la lirica provenzale si sente in pericolo e per salvarsi migra in Italia, soprattutto al nord, nelle corti feudali e cittadine. Inoltre la letteratura provenzale in Francia vive di un consumo immediato, non fa storia di se stessa; nel momento in cui è sconfitta e ripara in Italia, si trasforma in una cultura che, mentre tenta di salvarsi, fa anche storia di se stessa. Nascono così le Vidas e le Razos provenzali ed Uc Faidit provvede a scrivere il Donats Provenzal, la prima grammatica del provenzale.

Contemporaneamente all’importazione in Italia dei testi e dei poeti provenzali, si forma un gruppo di trovatori italiani che però continuano a comporre in lingua d’oc, non ritenendo adatta la lingua materna all’alto compito di una lirica raffinata.
I primi ad adottare il linguaggio materno, trasferendo in esso i problemi tecnici ed espressivi della lirica provenzale, sono i poeti siciliani che vivono alla Corte di Federico II di Svevia. Sono poeti che arrivano da ogni parte d’Italia, ma ci sono anche arabi e tedeschi, cosicché quella di Federico si può definire una Corte internazionale alla quale, però, non approdano i provenzali poiché in essa non si identifica la poesia trovadorica che non ha una mentalità internazionalistica, ma vive nel ristretto cerchio feudale. Tuttavia è significativo il fatto che i primi trovatori “italiani” nascano in una corte, in cui potevano sussistere certi valori e certi schemi, soprattutto etici, senza i quali la lirica cortese provenzale non sarebbe mai nata.
Ma il progetto della “corte modello” si rivela utopistico e con la fine del potere politico degli Svevi, dopo la battaglia di Benevento (1266), scompare anche la corte. Riesce a salvarsi, invece, la poesia che si trasferisce in Toscana.

Il fiorire della lirica toscana, che riprende i moduli stilistici siciliani e, indirettamente, provenzali, si ha con Guittone d’Arezzo (1230 – 1294) dopo la prima metà del XIII secolo. Guittone compone i suoi “sonetti d’amore” tra il 1250 e il 1266 prendendo chiaramente a modello le liriche cortesi provenzali e usando come fonte il trattato di Andrea Cappellano, De Amore, scritto in Francia tra il 1198 e il 1204, in cui sono riassunte le teorie dell’ “amor cortese” con un’ambiguità di fondo: infatti, il III libro del trattato, chiamato De reprobatione amoris, condanna l’ “amor cortese” senza salvare, tuttavia, il trattato stesso dalla scomunica che viene inflitta nel 1277 dal vescovo di Parigi Stefano Tempier.
In Guittone l’ “amor cortese” è culto, non vi è parità fra i due amanti, in quanto la donna è sempre superiore, l’amante acquista nobiltà soffrendo pazientemente i rifiuti della donna, è al di fuori del matrimonio e presuppone il dono disinteressato di se stesso. Inoltre è presente la metafora del joi d’amor: la gioia d’amore è lo sguardo, il sorriso e il saluto della donna amata.
Con i suoi 24 sonetti Guittone ci pone davanti ad una vera e propria ars amandi: l’amante deve essere amico intimo della donna o di qualche suo parente e deve fare in modo che le sia riferito ogni suo atto di vassallaggio; la donna deve dire di “no”, ma mostrare il “sì” col volto per non rovinare la sua reputazione; una volta fissato l’appuntamento con l’amante, la donna deve far vedere di essere condotta all’appuntamento perché ingannata o perché costretta con la forza; l’amante deve trovare una scusa per condurre la donna all’appuntamento: ad esempio, le dice di doverle mostrare qualcosa in un luogo nascosto perché si tratta di una cosa brutta e può andarci di mezzo la reputazione di lei; fin dal momento in cui ha richiesto la donna, è necessario che l’amante difenda l’onore di lei; il luogo dell’appuntamento deve essere nascosto e la donna deve trovarsi da sola, possibilmente allegra e nello stesso tempo arrabbiata con il marito, cosicché abbia voglia di divertirsi alle sue spalle.
Dopo il 1266 Guittone diventa frate gaudente e compone degli altri sonetti in cui rinnega tutta la poesia precedente rivelando due poli opposti dell’amore: quello “cortese”, peccaminoso, e quello “angelico”. Vedremo poi come Dante opererà la sintesi in Beatrice.

Una nuova concezione dell’amore, spirituale e morale, già anticipata da Monte Andrea e da Chiaro Davanzati, si ha nello Stilnuovo che ha come caposcuola Guido Guinizzelli (1230 circa – 1276), e come manifesto la canzone, dello stesso autore, Al cor gentil rempaira sempre amore. L’amore cantato da Guinizzelli è un’esclusiva dei cuori gentili e non è una passione sensuale, ma bisogno di unione spirituale con una donna che non è più una creatura umana, è una “creatura angelica”.

Con Dante (1265 – 1321) Si assiste ad una rielaborazione della poesia provenzale del “fino amore”, ad un superamento dello stesso stilnuovo, per giungere ad un amore come fatto interiore e carità teorizzato da San Bernardo e da Riccardo da San Vittore. La donna viene innalzata a mediatrice di Grazia, a figura di Cristo, tramite un processo di cristianizzazione dei temi e degli schemi della poesia d’amore. L’amore – carità è l’amore disinteressato, non più esclusivo, come era quello dello stilnuovo di Guinizzelli, rivolto ai cuori gentili, ma è partecipato universalmente.

© Materiale elaborato dall’autrice, Marisa Moles. Vietata la riproduzione.

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