Le poesie del Risorgimento

In questa pagina rimando alla lettura del commento, che ho scritto sul mio blog principale, di alcune poesie scritte durante il Risorgimento da poeti – patrioti oggi purtroppo trascurati e quasi dimenticati dai manuali scolastici.

SANT’AMBROGIO di GIUSEPPE GIUSTI

La letteratura italiana di metà Ottocento fu caratterizzata dal binomio poesia-patriottismo. Il Risorgimento dei poeti fu, infatti, legato ad una letteratura che venne definita “per il popolo”, in altre parole quella borghesia che Giovanni Berchet, nella Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo, individuò come il pubblico ideale. Una poesia che aveva lo scopo di smuovere le coscienze, che tuonava contro lo “straniero”, che anelava all’indipendenza, nei cui versi il poeta intrecciava amor patrio e sentimento individuale per condividere con gli Italiani un fermento d’emozioni che aveva un denominatore comune: la voglia di essere una nazione, di vivere in uno Stato finalmente unitario.

Uno dei poeti, un tempo certamente più conosciuti dagli studenti (i suoi versi si imparavano a memoria fin dalle elementari, spesso senza capirci un’acca), è Giuseppe Giusti(1809-1850), i cui versi sono caratterizzati dall’associazione tra la satira e l’invettiva, efficacemente espressa usando, tuttavia, un linguaggio, la parlata toscana, spesso oscuro e, comunque, di non facile impatto. Eppure lui le sue poesie le chiamava “scherzi”, senza prendersi troppo sul serio. Su uno di questi “scherzi”, Sant’Ambrogio, lavorò a lungo per giungere ad una poesia dal tono narrativo, con uno stile colorito e colloquiale, fondendo l’emozione lirica con l’occasione comica. Il risultato è una lirica tradizionale nella forma (ottave di endecasillabi, ritmati secondo lo schema ABABABCC, quello del poema epico cavalleresco, per intenderci) ma decisamente fuori dal comune nel contenuto, specialmente laddove il poeta vuole esprimere un giudizio severo nei confronti dell’oppressore ma nello stesso tempo esterna, attraverso il registro comico, un atteggiamento pietoso e tollerante verso chi in casa altrui la fa da padrone. CONTINUA A LEGGERE >>>

LA SPIGOLATRICE DI SAPRI di LUIGI MERCANTINI

Proseguendo il viaggio attraverso le liriche che hanno contribuito ad accendere gli animi degli uomini del Risorgimento, oggi mi voglio soffermare su una poesia che una volta si studiava a memoria, a partire dalle scuole elementari: La spigolatrice di Sapri di Luigi Mercantini. Un poeta, quest’ultimo, considerato minore e attualmente pressocché sconosciuto agli studenti italiani, le cui liriche, però, ebbero in passato una vastissima risonanza, specie la già citata Spigolatrice e l’Inno di Garibaldi.

Luigi Mercantini nacque a Ripatransone, in provincia di Ascoli Piceno, nel 1821, trasferendosi poi a Fossombrone, dove compì i suoi studi e ottenne l’incarico di bibliotecario, quindi ad Acervia, dove insegnò retorica. Nel 1849 partecipò alla difesa di Ancona che, avendo aderito alla Repubblica Romana, era assediata dagli Austriaci. Dopo la presa della città andò in esilio nelle isole ioniche di Corfù e Zante, dove conobbe altri noti esuli come Daniele Manin, Niccolò Tommaseo e Gabriele Pepe.
Rientrato in Italia nel 1852, si stabilì a Torino entrando in contatto con gli ambienti patriottici piemontesi. Nel 1854 divenne docente di letteratura italiana nel Collegio femminile delle Peschiere. Nel 1858 conobbe Giuseppe Garibaldi che lo invitò a comporre un inno: nacque così la Canzone Italiana, musicata da Alessio Olivieri, assai più nota come Inno di Garibaldi (Si scopron le tombe, si levano i morti è il suo incipit). Altro inno patriottico scritto da Mercantini è Patrioti all’Alpe andiamo, musicato da Giovanni Zampettini.
Dopo altre esperienze sia giornalistiche sia didattiche, nel 1865 venne nominato docente di Letteratura italiana presso l’Università di Palermo. Qui fondò il giornale La Luce senza tralasciare l’attività poetica. Nel capoluogo siciliano morì il 17 novembre 1872.
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LE ULTIME ORE DI VENEZIA di ARNALDO FUSINATO

Un altro poeta romantico che legò la sua produzione poetica allo spirito patriottico fu Arnaldo Fusinato, autore di numerose liriche anche se la più nota è, senz’ombra di dubbio, Le ultime ore di Venezia, ricordata anche con il titolo di Bandiera bianca, dall’ultimo verso che chiude ben quattro delle undici ottave di cui si compone la lirica. Gli ultimi due versi di quello che appare quasi un appassionato ritornello, Sul ponte sventola / bandiera bianca, furono resi popolari dal cantautore Franco Battiato che li riprese nella nota canzone del 1981.


Arnaldo Fusinato nacque a Schio, in provincia di Vicenza, nel 1817. Fin dai tempi dell’università (studiò a Padova), iniziò a comporre le sue liriche, caratterizzate dalla vena satirica, in cui manifestava spesso quel “male di vivere” sotto la dominazione austriaca comune a molti patrioti del tempo.
La lotta contro l’usurpazione austro-ungarica nel Lombardo-Veneto vide il giovane poeta, allora trentenne, imbracciare le armi a difesa prima della sua città, che fu assediata e dovette arrendersi, poi di Venezia alla cui eroica resistenza dedicò i versi della poesia menzionata. In seguito alla sconfitta della città lagunare, Fusinato condivise con molti altri eroi del Risorgimento l’amara esperienza dell’esilio. Morì a Verona nel 1888 e fu sepolto nel cimitero del Verano a Roma.
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IL GIURAMENTO DI PONTIDA di GIOVANNI BERCHET

Un’altra poesia che caratterizza il Romanticismo italiano, strettamente legato all’età risorgimentale, è Il giuramento di Pontida di Giovanni Berchet. Un’altra celebre lirica, tornata negli ultimi decenni alla ribalta, suo malgrado, come inno della Lega Nord.


Giovanni Berchet (Milano 1783 – Torino 1851) fu poeta, critico e traduttore. Nella Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliuolo, pubblicata nel 1816, avviò, assieme a Borsieri e Di Breme, la battaglia romantica, proseguita sul Il Conciliatore, a favore di una poesia accessibile a un pubblico ampio, identificato nella borghesia considerata la classe sociale dotata della cultura sufficiente per apprezzare gli scritti del tempo.
Partecipò attivamente al Risorgimento italiano, aderendo alla Carboneria ma nel 1821, per evitare l’arresto, fu costretto a fuggire, visitando parecchi paesi europei. Ritornò in patria nel 1845 e a Milano nel 1848 fu membro del Governo provvisorio, in seguito all’insurrezione popolare delle 5 giornate. Si stabilì, quindi, a Torino dove morì.

Il giuramento di Pontida fa parte delle Fantasie, una lunga romanza, divisa in cinque parti, di argomento storico-patriottico. L’opera di Berchet rompe con la tradizione creando un modello epico-lirico, dal ritmo concitato e popolare, assai imitato dai poeti civili del Risorgimento. Lo stile mescola il decoro classicistico con modi e lessico attinti dal linguaggio popolare, presentando un ritmo acceso che ben si concilia con il vigoroso entusiasmo civile che caratterizza i versi.
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