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10 IN CONDOTTA: TUTTI MERITATI?

Gennaio, andiamo. E’ tempo di scrutinare.

D’Annunzio mi scuserà per la citazione, forse impropria e certamente un po’ distorta, della sua celebre poesia I pastori. Mi è parsa adatta al momento dell’anno scolastico che, credo nella gran parte delle scuole italiane, è dedicato alla valutazione degli allievi alla fine del primo periodo didattico. Insomma, è tempo di scrutini.

Fra pochi giorni gli studenti avranno in mano (si fa per dire perché ormai di cartaceo non c’è quasi più nulla nella pubblica amministrazione… si chiama dematerializzazione) la loro pagella e dovranno fare i conti, forse, con risultati al di sotto delle aspettative e impegnarsi per il recupero delle insufficienze. I più fortunati potranno, invece, rallegrarsi nel vedere premiato il loro impegno nello studio.

C’è, tuttavia, un voto che, pur essendo nella maggior parte dei casi positivo, a volte scontenta i genitori: il voto di condotta.

Credo tutti sappiano che con il decreto ministeriale n° 5 del 16 gennaio 2009 il voto di condotta è stato allineato con gli altri voti, «concorrendo alla valutazione complessiva degli studenti» (in parole semplici: «fa media»). Forse, però, non è ancora chiaro a tutti che si tratta di una valutazione che dovrebbe, almeno nelle intenzioni del legislatore, essere trattata al pari degli altri voti, considerando gli stessi parametri che portano a valutare il livello raggiunto da ciascun allievo: negativo (obiettivi non raggiunti) o positivo (sufficiente, buono, ottimo, eccellente).

Dovrebbe, dicevo, e il condizionale non solo è d’obbligo ma deve essere sottolineato. Dovrebbe perché in realtà non è.
Vi spiego perché.

Ho dedicato a questo argomento che mi sta molto a cuore diversi post su questo blog e su “Scuola di vita”, blog del Corriere.it. All’inizio, rimanevo sconcertata dalle reazioni improprie di qualche genitore che chiedeva giustificazione dell’8 in condotta (sui 7 stendo un velo pietoso).

Nella mia riflessione parto da una semplice domanda: qualche genitore si è mai lamentato di un 8 in Latino o Matematica (faccio riferimento al liceo scientifico in cui insegno da più di 25 anni)? Mai. L’8 è indubbiamente un bel voto, di cui andare fieri. Naturalmente il 9 e il 10 sono valutazioni di cui essere ancora più orgogliosi, però l’8 non è da disprezzare.

Ma allora, per la condotta cosa cambia?

Ve lo dico io: sul voto di condotta aleggia ancora quella sorta di “onta” che derivava all’allievo/a – e alla sua famiglia – dall’8. Con il 7, addirittura, un tempo il malcapitato (si fa per dire perché un comportamento non adeguato non “capita” ma deriva da fatti inequivocabilmente intenzionali) doveva sostenere l’esame di “riparazione” a settembre in tutte le materie, indipendentemente dai risultati positivi ottenuti. In altre parole: hai studiato, sì, ma non ti sai comportare. La scuola, infatti, non è solo un luogo in cui si imparano tante cose, belle o meno belle, interessanti o noiose, utili o meno utili. La scuola è anche il luogo in cui si formano i cittadini di domani. La scuola è l’ambiente eletto per la formazione e l’educazione, oltreché per l’istruzione vera e propria.

Dal 2009, grazie allo zelo dell’ex ministro del MIUR Mariastella Gelmini, con un 5 in condotta si viene bocciati. Cinque è inequivocabilmente un voto negativo ma non troppo, almeno rispetto alla valutazione delle altre materie. Eppure, se leggiamo le motivazioni che possono portare alla bocciatura per il 5 in condotta, abbiamo l’impressione che il soggetto sia praticamente pronto per il riformatorio.

In 10 anni di 5 non ne ho mai visti, mentre i 6 sono stati forse due, comminati per gravissimi motivi, quale infrazioni ai regolamenti, comportamenti irrispettosi, assenze ingiustificate (leggi “marine”) e altre amenità che dovrebbero far pensare quasi all’impossibilità di recupero. Come dire che se valuto la preparazione in Latino con un 6, l’allievo/a in questione sia completamente a digiuno nella mia materia. E invece no, non dico che sappia tradurre perfettamente un testo di Cicerone, ma almeno è in grado di comprenderlo e commentarlo, seppur con qualche difficoltà e con l’aiuto da parte mia.

Ma allora, ripeto, per la condotta cosa cambia?

Dirò di più: da quel lontano 2009 ho notato la sempre maggior tendenza a elargire i 9 e i 10. Mentre un tempo (per esempio sei anni fa, quando ho scritto l’articolo per il Corriere.it) il voto standard era l’8, ora si è passati al 9. Non posso dire che gli 8 in Latino di un tempo siano diventati 9, forse in qualche caso sì, ma non in tutti i casi.

L’allievo/a è tranquillo/a ed educato/a, segue le lezioni, non fa quasi mai assenze (quindi gode di ottima salute… un parametro alquanto discutibile, a mio parere), non partecipa attivamente ma non disturba e, almeno apparentemente, si interessa a ciò che accade sotto i suoi occhi e a ciò che percepisce con le sue orecchie, qualche volta aiuta i compagni in difficoltà (con la massima discrezione…), porta tutti i materiali utili a seguire le lezioni e presta generosamente il suo manuale a chi l’ha lasciato a casa. Ed è subito 10.

A mio parere un 10 in condotta vale molto di più. Il 10 rappresenta l’eccellenza, se non sbaglio. Dovrebbe essere un premio per studenti modello che, al di là degli obblighi e delle convenzioni, si spendono maggiormente per appropriarsi dei contenuti attraverso l’approfondimento personale, per esporre il proprio punto di vista critico attraverso la partecipazione attiva alle lezioni, per sviluppare la capacità di creare autonomamente percorsi inter-pluridisciplinari e per valorizzare tutte le “banalità” che sono oggetto di studio quotidiano in classe.
Questi sono di norma i parametri di cui teniamo conto nella valutazione delle discipline scolastiche, è vero, ma cosa cambia se dobbiamo valutare la condotta?

Solo il mio parere, intendiamoci. E, nonostante non sia d’accordo con il progressivo innalzamento del voto di condotta, posso capire le motivazioni, specie quelle dei Dirigenti Scolastici. In fondo sono loro a doversi sorbire le proteste delle famiglie per un 8 che non viene considerato alla stessa stregua degli altri voti, sono loro a dover fare i conti con una società in cui la valutazione di una prestazione è messa in relazione con la persona, ciò che è e non ciò che realmente fa e come lo fa.

Mio/a figlio/a è educato, se non ha 10 vuol dire che non sono un buon genitore. Questa è l’errata premessa (che in fondo è anche conclusione perché su certe cose non si può discutere) che porta a non considerare la valutazione della condotta alla stessa stregua delle discipline scolastiche. Ciò per me rappresenta il fallimento di quel provvedimento (122/2009) di cui è autore Max Bruschi, lo stesso che, nel commentare il mio articolo su “Scuola di vita”, si è espresso nei miei confronti dicendo “Ha colto in pieno lo spirito della norma”.

Giusta o sbagliata che sia, è una norma e dovrebbe valere per tutti. Ciò non è. Nel constatare il passo indietro, mi torna alla mente la mia maestra che, forse troppo stanca per spiegare (aveva la sua età… anche se probabilmente, era più giovane di me ora…) o semplicemente svogliata, a volte ci sottoponeva al “gioco del silenzio”.

Noi bambine, costrette a rimanere immobili per non so quanto tempo, con la bocca tappata fino al far diventare bianche le labbra, le braccia ben serrate attorno allo schienale della sedia e il capo inclinato all’indietro il più possibile, tanto che con i capelli riuscivo a toccare la seduta (ah, beata gioventù con la cervicale in ottima salute!), dovevamo dimostrare di essere brave e di meritare il 10 in condotta.

Siamo tornati davvero così indietro?

[Immagine da questo sito.]

A MONFALCONE TROPPI STRANIERI IN CLASSE: BAMBINI DIROTTATI ALTROVE. MA IL TETTO DEL 30% ESISTE ANCORA


Ha fatto scalpore la notizia che il sindaco di Monfalcone (Gorizia), Anna Maria Cisint, abbia fissato un tetto del 45% alla presenza di bambini stranieri nelle scuole della prima infanzia cittadine. Gli alunni esclusi saranno “dirottati” su altri plessi tramite un servizio di scuolabus gratuito. La convenzione è stata sottoscritta da due istituti comprensivi della città – l’«Ezio Giacich» e il «G. Randaccio» – con il Comune, che fissa un tetto massimo per la presenza di bambini stranieri nelle classi della materna che verranno formate a settembre.

La decisione è stata presa a causa della presenza massiccia di stranieri a Monfalcone. Negli ultimi anni si è registrato un incremento dei figli di immigrati fino ad arrivare a un rapporto di 1 a 1. Quindi nelle scuole monfalconesi, specialmente d’infanzia e primarie, un alunno su due è figlio di immigrati. La situazione per quanto riguarda l’immigrazione a Monfalcone è molto particolare in quanto lo stabilimento Fincantieri dà lavoro a operai di cento etnie diverse, in prevalenza provenienti da Bangladesh e Romania. Gli stranieri costituiscono 1/5 della popolazione, la percentuale più alta in regione (dati relativi al 2016).
Per far fronte alle aumentate esigenze, l’Ufficio scolastico regionale ha già autorizzato l’apertura di due nuove sezioni della scuola dell’infanzia, con la nomina di quattro nuovi insegnanti. Ma non sono stati sufficienti: le domande per bambini non italiani sono vicine al 60% del totale.

La notizia ha ormai fatto il giro della penisola ed è riportata dai maggiori quotidiani nazionali. In 24 ore la questione è approdata in Parlamento con l’interrogazione urgente della senatrice dem Tatjana Rojc che chiede se non vi siano «palesi violazioni degli articoli 2 e 3 della Costituzione».

Non avrebbe fatto di certo tanto scalpore questa presa di posizione se in qualche modo non avesse messo uno contro l’altro dei rappresentanti della Lega, partito a cui appartengono sia il ministro del MIUR Bussetti sia la stessa prima cittadina di Monfalcone. Per completare il terzetto, lo stesso vice premier Matteo Salvini si è dichiarato favorevole all’iniziativa della Cisint, mentre il ministro Bussetti no, appoggiato dal ministro per la Famiglia Fontana, anch’egli leghista.

Da parte sua Bussetti ha rassicurato i genitori dei bambini “esclusi”: «Mi sono informato con gli uffici provinciali i quali hanno dato la possibilità di attivare 2 classi in più e comunque siamo sulla soglia in percentuale richiesta dalla norma». La prima cittadina Cisint ha invece chiesto all’amministrazione di Fincantieri che la società si faccia carico anche di garantire un servizio di scuola dell’infanzia alle famiglie dei lavoratori stranieri.

In difesa di Cisint e della convenzione stipulata coi dirigenti scolastici è intervenuto il presidente leghista del Fvg Massimiliano Fedriga osservando: «Quando ci sono classi con il 90% di bambini stranieri non si fa integrazione». A Monfalcone, ha ricordato, «il 22% della popolazione è straniera». «Cisint – continua Fedriga – si è interfacciata anche con l’Ufficio scolastico per cercare di trovare le migliori soluzioni, penso però che l’alternativa non sia fare classi in cui c’è il 90% o il 100% di bambini stranieri».

Questa in sintesi la notizia sui cui sviluppi cercherò di tenere aggiornati i lettori. Ora la mia personale riflessione.

Nel 2009 l’allora ministro del MIUR Marialstella Gelmini aveva fissato il tetto del 30% per l’inserimento in classe di allievi stranieri. Chiaramente con le dovute deroghe (infatti, come nel caso attuale di Monfalcone, ci sono zone in Italia con un’affluenza di bambini stranieri molto elevata), anche se si sono registrati dei casi assurdi (di uno in particolare parlai QUI) in cui non furono concesse deroghe nemmeno nel caso in cui i bambini “stranieri” fossero nati in Italia, o arrivati qui da piccolissimi, che avessero frequentato la scuola materna nel nostro Paese e che in casa parlassero solo l’Italiano.

E’ più che evidente che, trattandosi di scuola primaria o secondaria, il discorso è diverso. Nel “caso Monfalcone” i bambini “dirottati” altrove sono piccolissimi, poiché si parla di iscrizioni alla scuola dell’infanzia. Spesso nelle famiglie di immigrati si mantiene l’uso della lingua materna nella comunicazione quotidiana e per i figli l’ambiente scolastico rimane l’unico luogo in cui potersi relazionare con adulti e coetanei imparando la lingua italiana la quale, essendo l’idioma parlato nel Paese ospitante la famiglia, si presume diventerà la loro lingua. Proprio per questo è importante, come osserva il Presidente della regione Friuli – Venezia Giulia Fedriga, che le classi non siano formate esclusivamente da stranieri.

Se la norma prevede il tetto del 30% e il sindaco Cisint ha fissato una percentuale più alta e prossima alla metà dei componenti totali della classe, a me personalmente sembra una cosa saggia perché, invece di creare “classi ghetto”, può favorire meglio l’integrazione dei bambini in questione, anche a costo del piccolo disagio del trasporto in paesi limitrofi. Trattandosi di Monfalcone (cittadina con poco più di 28mila abitanti) posso assicurare che il disagio sarebbe davvero trascurabile, poco più di 15 minuti di percorso con lo scuolabus.

[fonti: Il Corriere e Il Piccolo immagine da questo sito]

AGGIORNAMENTO DEL POST 18/07/2018

Come promesso, aggiorno i lettori sulla vicenda dei bambini esclusi da alcune delle scuole dell’infanzia di Monfalcone.

Il sindaco Anna Maria Cisint non fa alcun passo indietro, anche se ha promesso che per il prossimo anno il tetto scenderà al 40%. Con queste parole difende la sua posizione:

«già la Regione Veneto prima e il Comune di Venezia poi hanno adottato un protocollo simile al nostro, incassando perfino il plauso del Prefetto. Quindi l’unica vera differenza è che lì, con un tetto del 30% di stranieri in classe, i firmatari sono stati applauditi come promotori dell’integrazione, mentre qui, col 45%, siamo stati tacciati di razzismo». Aggiunge, poi, un parere da madre: ««Da mamma – spiega – non trovo giusto che i bambini monfalconesi fuggano in altri comuni. Nel 2016 erano 90, ora sono la metà».

Sono 79, per la maggior parte stranieri, i bambini rimasti fuori dalle scuole dell’infanzia monfalconesi ma nei paesi limitrofi, assicura Cisint, i posti ci sono:«Ho appreso di molti posti liberi negli asili dei Comuni vicini: 30 a San Canzian, 20 a Staranzano, 18 a Ronchi, 15 a Fogliano. Come mai nessuno si offre di accogliere i 79 bimbi rimasti fuori?».

Sulla vicenda sono intervenuti anche i sindacati, CGIL in testa, decisi a dar battaglia alla prima cittadina della città isontina. Il segretario regionale Flc-Cgil Adriano Zonta spiega così la presa di posizione del suo sindacato:

«Si ravvisano irregolarità che a nostro avviso possono sfociare sul penale, ma sarà la magistratura a decidere. Noi invieremo l’esposto anche al Garante dei Minori e al Miur. […] i bimbi non possono essere messi in mezzo, né ci può essere discriminazione».

Allo stesso tempo Zonta non esclude che si possa trovare un accordo: « È vero, come dice Cisint, che tutti i soggetti vanno interessati, compresa l’azienda, ma non con la filosofia del “Si arrangi Fincantieri”». Da 3 anni si avevano i dati demografici, come mai non si è pensato a risolvere prima il problema dell’esubero? Siamo disponibili a discutere, ma l’accordo va ritirato: urge un tavolo sul dimensionamento scolastico».

In attesa di incontrare il direttore dell’Ufficio scolastico regionale del Friuli- Venezia Giulia Igor Giacomini e il senatore Mario Pittoni della Lega, la Cisint non esclude la formazione di classi – ponte ovvero «spazi in cui i bimbi stranieri possano apprendere esaustivamente la lingua italiana così quando saranno pronti potranno essere inseriti in aula con gli altri».

Quindi, come volevasi dimostrare, si torna a parlare di classi – ponte.

[fonte: Il Piccolo]

Ballon d’essai. Alcune riflessioni sul taglio di un anno di scuola secondaria di secondo grado

Una riflessione talmente lucida e onesta da non aver bisogno di aggiunte. Condivisibile, dalla prima all’ultima parola.

CRITICA IMPURA

Di ALERINO PALMA

C’è una teoria che è un po’ più di una teoria. Dice che tutto quello che accade da vent’anni a questa parte nella scuola è frutto di un progetto di demolizione della scuola pubblica attraverso il suo dissanguamento. Questo progetto è iniziato con Berlinguer. La sua riforma tagliava un anno di scuola primaria. Produsse un esodo anomalo di maestre e maestri verso la scuola secondaria favorito da corsi di riconversione che apparentemente dovevano sanare la situazione dei precari storici. Per fortuna arrivò la Moratti che cancellò la riforma Berlinguer e impiegò altri quattro anni per presentare un’altra riforma. In questa riforma il taglio dell’ultimo anno era mascherato così bene sotto la forma pudica di un anno semifacoltativo che passò quasi inosservato. Poi, per fortuna, anche la Moratti è passata. In mezzo c’è stata la Gelmini sul cui operato non è degno che si spendano parole. Oggi i…

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PRECARI DELLA SCUOLA: I NUMERI DI IERI E DI OGGI

gelmini sett 2010Eravamo all’inizio dell’Anno Scolastico 2010/2011 e l’allora ministro del MIUR Mariastella Gelmini lamentava l’enorme numero di precari, 229mila unità, che nessun governo avrebbe mai potuto stabilizzare in poco tempo. La Gelmini attribuiva la responsabilità di questo esercito di precari al malgoverno dei decenni passati, quando per fare consenso a buon mercato ha distribuito posti di cui la scuola non aveva bisogno, quindi prometteva che dal 2012, ogni anno, la scuola pubblica avrà a disposizione un miliardo di euro per la qualità. Noi, attraverso un decreto, andremo incontro ai professori che non si vedranno pregiudicati nei loro diritti, e abbiamo aperto un tavolo per il merito coi sindacati e abbiamo proposto due strade, quella sindacale o quella legislativa […] Non vi è una disattenzione da parte di questo governo sul tema scuola, perché parlano i fatti, che avranno la meglio sulla demagogia di certe manifestazioni [si riferiva alle proteste dei precari rimasti senza cattedra, NdR]che rendono difficile l’inizio di questo anno scolastico.

Contestualmente un’inchiesta condotta da ItaliaOggi prevedeva l’assunzione dei precari in circa 24 anni. Previsione subito smentita dall’ex ministro che, invece, assicurava che sarebbero bastati 6 o 7 anni. (ne ho parlato QUI)
Da allora, oltre ai pensionamenti, bisogna considerare che tre fattori hanno portato a dei “tagli naturali” dei posti per i precari: l’aumento del numero di allievi per classe (da un minimo di 17 a un massimo di 32) e la saturazione delle cattedre a 18 ore e la riforma delle superiori che ha causato, per alcune materie, una diminuzione del numero di insegnanti.

filippo-patroni-griffiQuindi, due anni fa la Gelmini prometteva lo stanziamento di un miliardo di euro l’anno per la qualità. A distanza di due anni i nostri governanti fanno di tutto per toglierci risorse e hanno cercato di aumentare il numero di ore per cattedra sperando di ridurre ulteriormente il numero di posti disponibili ma, nello stesso tempo, rischiando di aumentare ulteriormente il numero di precari.

Ora, secondo la relazione del ministro della Funzione Pubblica Patroni Griffi, che affronta sempre il tema del precariato, esteso a tutta la P.A., nella scuola i precari sarebbero 130mila. Ne deduco che, in soli due anni, siano stati assunti a tempo indeterminato 99mila precari, a meno che qualcuno nel frattempo non abbia deciso di cambiare lavoro. Se così non fosse, le previsioni dell’ex ministro, apparentemente troppo rosee, risulterebbero addirittura pessimistiche. Ma è più probabile che non si tenga conto di quei docenti che attualmente si trovano senza cattedra e a tutti gli effetti non vengono annoverati come precari.

Insomma, ho la vaga impressione che ognuno dia i numeri come gli pare.

L’INSEGNAMENTO DEL LATINO? È UTILE ANCHE ALLE MEDIE … IN SVIZZERA

Sul Sussidiario.net ho letto un bell’articolo di un collega che insegna in Svizzera. Ho così appreso che in quel Paese l’insegnamento del Latino è impartito anche nella scuola media, benché sia facoltativo e la valutazione non faccia media con i voti delle altre discipline. Per la precisione, si può imparare la lingua di Cicerone in terza e quarta (lì, come spiega Giuseppe Botturi, le medie durano quattro anni e alla conclusione del quadriennio i ragazzi assolvono all’obbligo scolastico). con un orario da fare invidia a quello del nostro liceo scientifico post-riforma: due ore settimanali in terza media e ben quattro in quarta.

C’è da dire, inoltre, che la scuola media in Svizzera, o almeno nel Canton Ticino, è piuttosto impegnativa: l’orario comprende, infatti, quaranta ore settimanali e, dunque, chi sceglie di frequentare le lezioni di Latino deve sobbarcarsi un onere in più. Eppure non sono pochi gli studenti che scelgono questa materia opzionale. La cosa all’inizio incuriosì lo stesso Botturi che chiese ai suoi allievi come mai avessero scelto di studiare il latino. “Perché da grande voglio studiare medicina, biologia, diritto, … e mi hanno detto che il latino è necessario” costituì la risposta più frequente.

Pare strano leggere queste cose, soprattutto perché la maggior parte degli allievi italiani studiano il Latino o perché scelgono il liceo classico e quindi sono convinti dell’utilità della cultura classica e delle lingue in cui essa si espresse, oppure sono costretti a studiarlo scegliendo il liceo scientifico o altri licei in cui non costituisce comunque materia caratterizzante. In quest’ultimo caso, l’opinione comune è che il Latino non serva a un bel nulla e che sia solo una gran perdita di tempo, oltreché un rischio per la promozione (la maggior parte dei debiti allo scientifico comprendono la matematica – al primo posto … inspiegabile, e appunto il Latino).

Purtroppo, anche nel Canton Ticino, il rovescio della medaglia c’è: come osserva Botturi, se può consolare il fatto che da parte di genitori e insegnanti viene veicolata l’idea che il latino una qualche importanza ce l’abbia, e anzi addirittura un certo prestigio, è anche vero che non appena gli studenti si rendono conto che l’entusiasmo o la curiosità iniziale non sono sufficienti per imparare, una buona parte di essi rinuncia a lavorare sul serio. Questo perché, come già detto, il piano orario settimanale della scuola media ticinese è impegnativo e il Latino, comprendendo regole da assimilare ed esercitazioni, domestiche e non, per applicarle, non è una materia che si può fare all’acqua di rose ed imparare bene con il minimo sforzo.

A questo punto, il collega si chiede cosa potrebbe mai succedere in Italia se il latino diventasse, nei licei eccettuato il classico, materia opzionale. “Quanti studenti ne proseguirebbero volontariamente lo studio dopo il primo anno? Non pochi, credo, ma neppure molti.”, conclude, in una visione che posso definire molto ottimistica.
Quando, appena si iniziò a parlare di riforma dei licei da parte dell’ex ministro Gelmini, l’eventualità che il latino diventasse facoltativo non era poi così remota, si levarono gli scudi da più parti per difendere l’insegnamento della lingua dei nostri avi. All’epoca pubblicai questo interessante, seppur datato, parere di Luca Cavalli Sforza che, da uomo di scienza, sostenne che fra tutte le mie esperienze scolastiche, la traduzione dal latino è stata l’attività più vicina alla ricerca scientifica, cioè alla comprensione di ciò che è sconosciuto.

Inoltre, sono d’accordo con Botturi quando, nella parte conclusiva dell’articolo, scrive: «Essa [la lingia latina, NdR] è comunque, di per sé, una materia che può portare gli studenti a un livello di riflessione e a una profondità di pensiero che altre materie non offrono; ricercare il significato e l’etimologia delle parole, conoscere la struttura delle frasi e riuscire ad accostare alcuni testi, semplici ma non banali (né di forma né di contenuto), è un arricchimento prezioso per un giovane. Anzi, proprio il fatto che la dimensione umanistica dell’insegnamento è spesso tacitata dal prevalere di una concezione funzionalistica dello studio (per cui in fondo conta quanti esercizi si sanno risolvere, in tutte le materie), rende il contributo speculativo del latino ancora più significativo

Aggiungo che lo studio del Latino non implica maggior sacrificio rispetto all’apprendimento delle altre discipline scolastiche. Tuttavia, un fatto è particolarmente trascurato dagli studenti italiani: non si imparerà mai una lingua – qualsiasi lingua – scaricando dal web le traduzioni già pronte. Non si può negare, in ogni caso, che sia un preciso dovere degli insegnanti rivolgere l’attenzione, al di là del mero lavoro di transcodificazione, ovvero il passaggio da una lingua all’altra, anche agli aspetti della civiltà e della cultura romana attraverso la lettura di testi tradotti, ad esempio. Ma questi obiettivi non possono sovrastare quello primario che rimane sempre l’apprendimento della lingua.

FIORONI VS PROFUMO: SBAGLIATA LA STRADA SCELTA PER RINNOVARE LA SCUOLA ITALIANA

L’ex ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni, predecessore di Mariastella Gelmini nel secondo governo Prodi, critica aspramente la “politica degli specchietti” messa in atto dall’attuale titolare di Viale Trastevere, Francesco Profumo.

Contro la politica degli annunci serve agire, secondo Fioroni. Più fatti e meno parole, insomma. Perché per dare un nuovo impulso alla scuola italiana è necessario, sempre a detta dell’ex ministro, dare delle risposte a ciò che l’Europa ci chiede, ovvero «un sistema di valutazione serio, provvedimenti urgenti per il recupero di chi resta indietro e strumenti e risorse per migliorare le scuole che hanno bisogno. L’Ocse ci chiede di investire sull’aggiornamento e la riqualificazione professionale dei docenti per consentire tutto questo. Di fronte a queste priorità è paradossale che il ministro Profumo non avverta la necessità di interventi urgenti e di reperire risorse adeguate per consentire tutto questo e renderci competitivi in Europa».

Aspra la critica dell’ex ministro, esponente del Pd, nei confronti del programma che Profumo intende portare avanti per premiare il merito: «È del tutto evidente – continua Fioroni- che interventi esclusivamente mirati a incentivare la competizione e garantire l’eccellenza per pochi diano un’idea sbagliata e diversa dalla scuola della Costituzione. Questa prevede una comunità educante che recupera chi resta indietro e contemporaneamente stimola i migliori. Questa insistenza nell’ipotizzare un modello competitivo, senza nulla per le emergenze e i bisogni di tutti, dà l’idea di perseguire un disegno che vede una scuola di qualità per pochi e un nuovo avviamento professionale per i tanti“.

Personalmente sono d’accordo con Fioroni. Se ritengo giusto premiare gli studenti migliori (questo l’intento di Profumo), non si può trascurare chi, nel percorso scolastico, specie dopo aver assolto l’obbligo (ricordo che da anni è esteso al biennio delle superiori), si trova in difficoltà. Combattere l’abbandono è una priorità ma per farlo bisogna investire nelle scuole in cui il fenomeno è più esteso. D’altra parte, anche le eccellenze vanno coltivate e premiate: questo il programma del decreto in discussione al prossimo 6 giugno nella riunione del Consiglio dei Ministri.

Il cosiddetto “decreto merito“, preannuncia Profumo, premierà lo “studente dell’anno”, scelto, a partiere dal prossimo anno scolastico, da ogni istituto superiore tra gli studenti che otterranno i voti più alti alla maturità, a partire da 100. Si terrà conto della media degli ultimi tre anni, dell’impegno sociale e del reddito familiare. Lo “studente migliore” avrà diritto ad una riduzione di almeno del 30% delle tasse per l’iscrizione al primo anno di università e una borsa di studio aggiuntiva. Verrà poi istituita una card, denominata, “Iomerito“, con la quale gli studenti potranno ottenere sconti per musei e trasporti. Ma c’è di più nel programma del ministro del MIUR: nel corso dell’anno scolastico i primi tre piazzati alla fase nazionale delle Olimpiadi per materie scolastiche saranno iscritti (gratuitamente) a “master class” estivi nella disciplina affrontata. Da ottobre verranno inoltre promosse delle Olimpiadi internazionali in sette materie.

Veniamo ai docenti. Per il momento Profumo ha rivolto la sua attenzione a quelli che insegnano negli atenei nazionali. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che il grosso scoglio è costituito dalle scuole secondarie di Ii grado in quanto, per arrivare all’università, un diploma bisogna pur prenderlo. Non si può, dunque, trascurare l’insegnamento presso gli istituti superiori. E’ vero che già l’ex ministro Gelmini ha istituito la famigerata “sperimentazione del merito” che ha suscitato molte perplessità. Ma, al di là del valore e dell’efficacia che si può attribuire a tale sperimentazione, il problema è che non dovrebbe trattarsi di fondi limitati alle scuole e ai docenti individuati per tale sperimentazione. Il “premio al merito” va esteso a tutte le scuole sul territorio nazionale, altrimenti non sapremo mai quali funzionano meglio, nel complesso, ma conosceremo solo quelle che, fra le prescelte, hanno ottenuto dei premi o meno. Tuttavia ritengo che parlare di merito tenendo ben chiuso il “portafoglio” sia del tutto inutile.

Che dire poi della formazione dei docenti? Il TFA (Tirocinio Formativo attivo) per i nuovi docenti è un’idea che potrebbe funzionare. Ma così si rischia di avere dei docenti giovani preparati e selezionati lasciando in cattedra i più “vecchi” (specialmente nella prospettiva di continuare ad insegnare fino a 70 anni) che, pur avendo più esperienza didattica, non è detto che siano gli insegnanti più efficaci. Trascurare questo dettaglio sarebbe un grave errore. Quindi è necessaria quella formazione in servizio di cui si parla dai tempi della Gelmini e che, fino ad oggi, non è mai stata messa in pratica. Perché? Presumo sia sempre un problema legato ai fondi.

Detto questo, come si può non dar ragione a Fioroni quando afferma che bisogna investire sull’aggiornamento e la riqualificazione professionale dei docenti?

[fonte Repubblica: 1° articolo e 2° articolo]

DECRETO SEMPLIFICAZIONI: DIRE NO AI TEST INVALSI

Fra i vari emendamenti proposti al Decreto Semplificazioni, attualmente ancora in discussione, ce n’è uno, presentato dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera, che vorrebbe cancellare l’obbligatorietà dei test InValsi per le scuole di ogni ordine e grado.

Come si ricorderà, la questione sui test è alquanto spinosa e ha portato, lo scorso anno, ad una sorta di insubordinazione da parte di alcuni docenti e studenti, i quali non hanno gradito la somministrazione imposta delle prove elaborate dall’Istituto di Valutazione. La protesta degli studenti, organizzata dal Movimento Studentesco, fu marginale e prevalentemente localizzata nelle scuole superiori della capitale. Da parte loro i docenti, partendo anche dal presupposto che i test risultano poco utili all’autovalutazione, in quanto lontani, nella tipologia degli esercizi proposti, dalla didattica tradizionale, protestarono soprattutto perché la correzione delle prove loro affidata (ad eccezion fatta per alcune classi campione totalmente a carico dell’Invalsi, sia per quanto riguarda la sorveglianza in classe sia per quanto concerne la correzione dei test e loro valutazione) avrebbe gravato ulteriormente il carico di lavoro in un periodo dell’anno, il mese di maggio, in cui, con l’approssimarsi del termine delle lezioni, si somministrano già le ultime prove di verifica nelle diverse classi.

Questa protesta, su cui l’ex ministro Gelmini si è epsressa definendola “marginale”, ha portato però ad una rilfessione sull’obbligatorietà dei test InValsi, non proposta dal governo Berlusconi, per intenderci, ma risalente al ministro Fioroni. Solo lo scorso anno, tuttavia, la norma ha visto la sua applicazione, destando lo scontento di chi credeva fosse un’iniziativa personale del ministro in carica e per giunta a tradimento.

Ora, come anticipato all’inizio del post, la Commissione Affari Costituzionali ha presentato un emendamento con cui intende modificare il comma 2 dell’art. 51, che prevede l’obbligatorietà per tutte le scuole di sottoporre gli alunni alle prove Invalsi per la rilevazione degli apprendimenti (attualmente circoscritti a italiano e matematica e applicati alle classi seconde e quinte della primaria, prime della secondaria di I grado e seconde del II grado), cancellando l’obbligo delle prove che dovrebbero svolgersi, quindi, a campione.

Rimane un dubbio sull’utilità dello strumento dei test per quanto riguarda l’autovalutazione delle scuole, dato che il campione potrebbe non essere sinificativo. Inoltre, ci si chiede in che modo si possa rendere più scientifici i test, quindi maggiormente affidabili, come vorrebbe l’emendamento proposto che recita: vuole rendere i test più scientifici (a campione, come nel resto d’Europa), più fruibili per le scuole (per favorire il processo di autovalutazione) e contenerne i costi che l’art. 51 intende scaricare sulle scuole e sui docenti, obbligandoli a gestirli gratuitamente.

Quanto alla prestazione gratuita dei docenti, già lo scorso anno, sulla scia di una circolare ministeriale in cui si chiariva l’aspetto della correzione dei test come “attività aggiuntiva“, diversi Uffici Scolastici Regionali avevano proposto alle scuole di definire un compenso – per lo più simbolico, vista la scarsa liquidità di cui dispongono i vari istituti – per gli insegnanti impegnati, prelevandolo dal FIS.

Insomma, non essendo io una sostenitrice dei test InValsi, ritenendoli poco utili all’autovalutazione e uno strumento poco oggettivo per la valutazione del merito dei docenti (una spina nel fianco ancora non del tutto estirpata e pare che il ministro Profumo tergiversi su questo aspetto, continuando ad applicare la sperimentazione del merito proposta dalla Gelmini e contestata da più parti), credo che la scuola abbia problemi più urgenti da affrontare, senza dispendio di forze e di fondi in una questione molto controversa che dovrebbe trovare dei punti d’incontro chiedendo, innanzituttto, la collaborazione dei docenti volta al miglioramento e al supermaneto di uno status quo che scontenta un po’ tutti.

[LINK della fonte]

AUTOIRONIA DEL MIUR

Con il titolo ”Le sviste di un ‘infallibile’ Ministero” il sito del Miur si è scusato delle ‘sviste’ compiute nell’intento di rendere l’informazione più trasparente e immediata. E lo ha fatto – questa la novità – con ironia e apertura al dialogo.

Sul sito del Ministero è infatti stata pubblicata una specie di ‘lettera aperta’ agli utenti in cui riconoscendo con una certa autoironia le proprie manchevolezze, si invitano gli ”amici della rete” a continuare a segnalare eventuali errori.

”Ultimamente – si legge nel comunicato ministeriale – vi abbiamo intrattenuto con alcuni errori involontariamente comici, tra i quali: ‘Il portale ‘Scuola in chiaro’ che includeva fra i comuni italiani alcune località, tra cui Caporetto, che non lo sono più da decenni.

Da ultimo, per ora – prosegue con un taglio ironico il ministero – una traduzione maccheronica dall’italiano all’inglese, dagli effetti esilaranti, di un bando di ricerca relativo al formaggio pecorino”.

“Non potete nemmeno immaginarvi – spiega il ministero – quanto sia grande ed estesa la struttura amministrativa del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Sono grandi numeri: oltre 10 mila scuole, quasi 1 milione di insegnanti, circa 8 milioni di studenti, migliaia di dirigenti, centinaia di migliaia di personale non docente e amministrativo, uffici distribuiti su tutto il territorio nazionale. Senza contare gli atenei, i professori universitari, gli enti di ricerca, i ricercatori e, anche in questo caso, tutto il personale delle amministrazioni. Non sbagliare mai è quasi impossibile”.[fonte: TUTTOSCUOLA.COM]

Questa la notizia letta su Tuttoscuola (QUI potete leggere il comunicato in originale). Mi chiedo: l’avesse scritto la Gelmini, cosa sarebbe successo? Probabilmente una specie di rivoluzione mezzo stampa, con il quotidiano Repubblica in testa, e con l’immancabile complicità del web, siti dei sindacati in testa.
Probabilmente Profumo è più simpatico (d’altra parte non ci vuole molto per esserlo più di Mariastella Gelmini) e gli si può perdonare qualche svista, a lui e ai suoi collaboratori perché, come spiega il ministro del MIUR, sono grandi numeri: oltre 10 mila scuole, quasi 1 milione di insegnanti, circa 8 milioni di studenti, migliaia di dirigentiNon sbagliare mai è quasi impossibile.

Certo, io me ne rendo ben conto e non serviva il suo ammiccante comunicato, signor ministro, per ottenere la clemenza del personale della scuola e dell’opinione pubblica tutta (visto che, come pare, dell’istruzione si occupano un po’ tutti e tutti si arrogano il diritto di parlarne e sparlarne).

Sorrido se penso che per la questione del famoso tunnel del Gran Sasso la “povera” Mariastella è stata messa alla gogna (mediatica, s’intende) e il portavoce del ministro, Massimo Zennaro, si è dimesso. Senza contare l’enorme dissenso suscitato dai numerosi (e imperdonabili, a parer mio) errori nei test per il concorso per Dirigenti Scolastici e senza dimenticare le accuse mosse alla Gelmini per aver “mentito” riguardo ai numeri delle bocciature.

Insomma, per l’ex ministro nessuna pietà, per Profumo una strizzatina d’occhio e un’amichevole comprensione. Manca solo la pacca sulla spalla.
Le cose son cambiate: ai politici non si perdona ai tecnici sì.
Forse è solo una questione di stile.

2011: UN ANNO DI SCUOLA

Ecco, in riepilogo, i principali avvenimenti che hanno caratterizzato, nel 2011 appena trascorso, il mondo della scuola. (I LINK rimandano agli articoli che trattano gli argomenti in questione pubblicati in questo o nel mio blog primario).

GENNAIO
Prosegue la polemica, iniziata l’anno precedente, sulla sperimentazione del merito proposta dal ministro del MIUR, Mariastella Gelmini, per scuole e singoli docenti. La maggior parte degli istituti interpellati dà forfait cosicché il ministro è costretta ad allargare la rosa delle istituzioni candidate.
Fra le voci contrarie a questo tipo di sperimentazione si alza in particolare quella del professor Giorgio Israel, secondo il quale i test InValsi, che contribuirebbero alla valutazione del merito, sono inappropriati così come anomala appare la commissione per la valutazione dei docenti su cui Israel esprime molte perplessità: È sconcertante l’idea che coloro che debbono essere valutati eleggano i loro valutatori. Ancor di più che a presiedere tale nucleo sia il dirigente scolastico. (LINK)

Il ministro appoggia la proposta della Lega di sostituire le graduatorie dei docenti precari con albi regionali che richiedono un test d’accesso e la permanenza di cinque anni nella scuola dove si prende servizio in seguito alla nomina in ruolo. La Gelmini, in questo modo, vuole evitare quello che lei definisce “il balletto degli insegnanti” a scapito della continuità didattica che danneggia gli studenti. (LINK)
Oltre alla protesta dei precari, è in atto anche quella promossa dal Codacons contro le cosiddette classi-pollaio, ovvero quelle che, a causa dell’aumento del numero minimo di studenti per classe, rischiano di essere fuori legge per motivi di sicurezza. (LINK)

FEBBRAIO
Exploit di Silvio Berusconi sulla scuola pubblica: appoggiando il diritto delle famiglie di scegliere la scuola cui iscrivere i figli, il Presidente del Consiglio afferma che nelle scuola statali «gli insegnanti inculcano idee diverse da quelle che vengono trasmesse nelle famiglie». (LINK) L’affermazione suscita numerose polemiche e costringe il ministro del MIUR, ospite in alcune trasmissioni televisive, a “mettere una pezza” come può. (LINK)

MARZO
Forse pentito delle precedenti affermazioni sulla scuola pubblica, per fare ammenda il Cavaliere esprime la sua solidarietà nei confronti dei docenti italiani che, secondo lui ma anche secondo i docenti stessi, sono pagati troppo poco. Ovviamente il problema è di difficile soluzione vista la scarsità di fondi di cui la scuola dispone. Naturalmente il ministro Gelmini è sempre convinta che, non potendo aumentare a tutti lo stipendio, sia preferibile “premiare” alcuni docenti e alcune scuola, continuando a sostenere la “sua” sperimentazione del merito. (LINK)

Il MIUR, con la circolare ministeriale n. 20 del 4 marzo definisce, finalmente, i criteri e le modalità di attuazione delle norme relative alla validità dell’anno scolastico, in dipendenza del numero di presenze alle lezioni da parte degli studenti della scuola secondaria di I e di II grado, come previsto dal Regolamento sulla valutazione (dpr 122/2009). Contrariamente a quanto si pensasse, il calcolo delle assenze andrà effettuato sulla base del numero di ore perse (non più del 25%) rispetto al monte ore annuale. Secondo il ministero, dunque, potranno essere ammessi allo scrutinio solo gli allievi che hanno frequentato almeno i tre quarti del monte ore annuale. L’ultima parola, tuttavia, spetterà al Collegio dei Docenti, il cui compito sarà quello di approvare le eventuali deroghe per motivi gravi (suggeriti, in parte, dal ministero stesso) e al Consiglio di Classe che potrà concedere o meno le eventuali deroghe. (LINK).

Un’altra protesta si fa strada nei primi giorni di marzo: questa volta vengono presi di mira i Test InValsi che verranno proposti a maggio in tutte le scuole di ogni ordine e grado, solo per alcune classi. Per la prima volta il test sarà obbligatorio anche per le secondarie di II grado e riguarderanno solo la seconda classe. La protesta ha origine dal sindacato dei Cobas che invitano i Collegi dei Docenti delle varie scuole a rifiutare la somministrazione dei test in questione, adducendo svariate motivazioni. In particolare, si sottolinea il fatto che i docenti, senza essere stati preavvisati e quindi senza aver avuto modo di inserire i test nella programmazione annuale, sarebbero costretti a correggerli gratuitamente in quanto questa attività aggiuntiva non rientrerebbe nei loro compiti. (LINK) Le acque si calmano un po’ solo dopo che il MIUR rende noto che le singole scuole possono prevedere dei compensi per i docenti impegnati nella correzione dei test attingendo dal FIS. (LINK)

APRILE
Dopo l’emanazione del decreto sulla formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di I e II grado, il MIUR rivolge l’attenzione alla formazione universitaria dei docenti con la pubblicazione del regolamento che prevede l’attivazione dall’anno accademico 2011-12 dei corsi di laurea magistrale e dei tirocini formativi attivi (TFA) di durata annuale. Per i TFA occorre, però, attendere appositi decreti che quantifichino disponibilità di posti e modalità di svolgimento.

MAGGIO
Il Ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta annuncia che a partire dal 12 maggio le scuole italiane potranno richiedere la dotazione WiFi gratuita. Per il momento il kit sarà distribuito in 10mila scuole, con un investimento iniziale di 5 milioni di euro. Ma l’intenzione è quella di estendere tale opportunità a tutte le scuole della penisola, chiedendo un contributo a Regioni, fondazioni e altri enti. (LINK)

Nella prima quindicina del mese si svolgono le famigerate prove InValsi. Secondo il ministro Gelmini tutto si è svolto regolarmente (LINK) ma sulle pagine dei quotidiani si leggono degli episodi di insubordinazione in alcuni istituti superiori. A boicottare i test, tuttavia, non sono i docenti bensì gli studenti. (LINK). Secondo alcuni, la battaglia portata avanti dal sindacato dei Cobas per boicottare la somministrazione dei test si è rivelata un flop. (LINK)

Da una relazione prodotta dalla Fondazione Agnelli sui ritardi scolastici da 11 a 13 anni, la scuola secondaria di I grado (ex scuola media) esce bocciata. Si mettono in dubbio la capacità della scuola secondaria inferiore di garantire pari opportunità di apprendimento a tutti e di adempiere, quindi, a una delle missioni istituzionali che le sono state attribuite. Il maggior fattore di rischio per il ritardo scolastico e, di conseguenza, l’abbandono è costituito, secondo i ricercatori, dall’origine straniera degli alunni. (LINK)

Dura reazione da parte degli studenti di Rete studentesca contro la circolare ministeriale n. 20 del 4 marzo che definisce i criteri e le modalità di attuazione delle norme relative alla validità dell’anno scolastico, in dipendenza del numero di presenze alle lezioni da parte degli studenti della scuola secondaria di I e di II grado, come previsto dal Regolamento sulla valutazione (dpr 122/2009). Rete Studentesca, appoggiata da un avvocato, dichiara guerra al ministro Gelmini attraverso una class action. (LINK)

Il primo decreto legge della manovra finanziaria estiva (DL 70/2011) interviene sulle graduatorie ad esaurimento e sulle assunzioni in ruolo. Per le prime dispone la triennalità di aggiornamento con una sola possibilità di trasferimento da una provincia all’altra e con conseguente cancellazione dalla graduatoria di provenienza (con inserimento a pettine).
La seconda sulle assunzioni prevede un piano triennale per la copertura totale dei posti vacanti con una quota di immissioni in ruolo retrodatate al 2010-11. Per i neo-immessi in ruolo vi sarà l’obbligo di permanenza quinquennale nella provincia scelta per la nomina.

GIUGNO
Anche il Codacos insorge contro le bocciature per troppe assenze. Secondo l’associazione dei consumatori, infatti, «la giurisprudenza italiana ha sempre annullato le bocciature basate sulle assenze: le malattie e le assenze giustificate non possono mai portare alla bocciatura, in quanto “la scuola deve perseguire l’obiettivo della formazione e non già quello della punizione, con la debita considerazione di temporanee situazioni contingenti che possano aver influito negativamente sul profitto” (in tal senso si veda Tar Puglia, 8 marzo 2010; Tar Firenze, n. 628/2007)». (LINK)
Il Consiglio di Stato autorizza la class action promossa dal Codacons contro le cosiddette “classi pollaio” o “classi batteria”. Il ministro Gelmini, però, lo definisce un falso problema perché riguarderebbe soltanto lo 0,4% del totale classi-sezioni (1.500 classi per un totale di circa 45 mila alunni).

LUGLIO
La legge 111/2011, approvata in tempo record dal Parlamento, prevede la trasformazione di tutte le istituzioni del primo ciclo in istituti comprensivi, con una nuova dimensione di popolazione scolastica che passa dai 500-900 alunni ad almeno 1000. Nelle piccole isole e nei comuni montani il limite passa da 300 a 500 (successivamente corretto in 600).
Si prevede la soppressione di almeno 1.300 istituzioni scolastiche, con conseguente riduzione di organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA.. Appena bandito il Concorso per la nomina di 2386 Dirigenti Scolastici, ci si chiede quanti posti in realtà saranno disponibili per i vincitori. (LINK)

A metà mese, il MIUR pubblica il Piano triennale per l’assunzione a tempo indeterminato di circa 65mila tra docenti e ATA, nell’arco degli anni 2011-2013, sulla base dei posti vacanti disponibili in ciascun anno. La Gelmini assicura che questo piano servirà ad evitare altro precariato e a garantire la continuità didattica. (LINK)
Il ministro, per non precludere ai più giovani la possibilità di insegnare, anticipa la volontà di destinare il 50% dei posti disponibili in futuro a quelli che si dimostreranno più capaci. Il rimanente 50% rimarrà a disposizione dei precari storici. Per il momento, però, questo appare un progetto un po’ fumoso nel panorama ormai irrimediabilmente incerto della scuola italiana. (LINK)

Alla fine del mese vengono pubblicati I risultati delle prove InValsi: i più bravi sono I ragazzi del Friuli – Venezia Giulia e del Veneto. Ma le sorprese maggiori provengono dalle scuole primarie del Sud Italia. (LINK)

AGOSTO
Pubblicati i risultati degli esami di Stato del II ciclo, per il terzo anno consecutivo il maggior numero di maturati con 100 e lode si riscontra al Sud. Le lodi sono addirittura il doppio che al Nord. Eppure i risultati InValsi smentirebbero questa situazione di eccellenza delle scuole meridionali … (LINK)

Buone notizie per quanto riguarda le nuove assunzioni a tempo indeterminato del personale scolastico: in una nota il MIUR informa che saranno assunti 30.300 docenti (compreso il personale educativo), di cui 10.000 a completamento della richiesta di assunzioni effettuata per l’anno scolastico 2010/2011, con retrodatazione giuridica al medesimo anno ed utilizzando per le assunzioni, per la quota parte del 50%, le graduatorie ad esaurimento vigenti nell’anno scolastico 2010/2011. Per il personale A.T.A. saranno messi a disposizione 36.000 posti. (LINK)

La manovra bis di ferragosto, contenuta nel decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, precisa l’operazione “finestra” per il personale scolastico.
Il personale che matura il requisito per il pensionamento dopo il 31 dicembre 2011 dovrà attendere un anno di più per il pensionamento.
La “finestra” di uscita dal servizio, da sempre prevista per la scuola al 1° settembre dell’anno in cui si matura il diritto a pensione, viene spostata avanti di un anno.
Si salvano dalla “finestra” coloro che il requisito al pensionamento (si presume per limite di età o di servizio) lo maturano entro il 31 dicembre 2011. (LINK)
La manovra bis di ferragosto prevede anche il rinvio dell’incasso della liquidazione finale in forma differenziata in base al modo con cui si viene collocati a riposo. Ciò vale per tutti i dipendenti pubblici, non solo per il personale scolastico. (LINK)
Tuttavia, la legge “Salva Italia” di fine anno del Governo Monti rimetterà tutto in discussione, con la riforma del sistema pensionistico che annulla le pensioni di anzianità.

In alcune regioni i genitori esprimono la loro contrarietà riguardo all’installazione del WiFi nelle scuole. Il timore è che la rete wireless possa danneggiare la salute degli studenti. (LINK)

SETTEMBRE
Il primo del mese viene pubblicata sul sito del MIUR la batteria di test (oltre 5mila) su cui gli aspiranti Dirigenti Scolastici si possono esercitare in vista della prova pre-selettiva che si terrà il 12 ottobre. Fin da subito si leva un’onda di proteste: molti quesiti sono errati o imprecisi oppure formulati in modo ambiguo. Senza contare che molte domande di ammissione all’esame sono state inoltrate dal personale precario, nonostante il divieto imposto dal MIUR che nel bando ha riservato al concorso il solo personale di ruolo con più di cinque anni di anzianità di servizio dopo la nomina. (LINK)
Non mancano nemmeno le polemiche su una presunta fuga dei test prima della loro pubblicazione sul sito del ministero. (LINK)

Dapprima il ministero smentisce la presenza di errori nella batteria dei test pubblicati (LINK), poi la Gelmini minimizza parlando di “pochissimi e marginali refusi”, alla fine giunge alla resa: più di mille quesiti vengono cancellati (LINK). È decisamente il concorso più criticato degli ultimi vent’anni, anche per il fatto che il MIUR ha incaricato il Formez Italia per la preparazione dei quesiti, accollandosi una spesa non indifferente.

A pochi giorni dall’inizio delle lezioni, la Gelmini annuncia che a partire dal prossimo anno scolastico la terza prova scritta dell’Esame di Stato del II ciclo potrà essere sostituita da una prova comune per tutte le scuole italiana, la cui elaborazione sarà curata dall’InValsi. Il progetto è, tuttavia, sperimentale e riguarderà solo un campione di scuole (che potranno aderirvi su base volontaria), con l’intento di estendere la somministrazione della prova InValsi a tutte le scuole secondarie di II grado a partire dal 2013. (LINK)

OTTOBRE
L’inizio del mese è caratterizzato dalla polemica tra il quotidiano Repubblica e il ministro Gelmini. A quest’ultima viene rimproverata la mancanza di trasparenza riguardo gli esiti degli scrutini che avrebbe omesso di pubblicare. (LINK)
Il ministro si difende e concede al quotidiano un’intervista nella quale ammette i tagli sulla scuola (che aveva sempre definito interventi necessari di razionalizzazione) e prende decisamente le distanze dal ministro Tremonti (di cui aveva affermato di condividere le scelte senza subirle).
Si dichiara pronta ad ascoltare gli studenti e dispiaciuta per non essere riuscita a far capire al Paese l’importanza del ruolo degli insegnanti. (LINK)

Ancora un’onda travolge il concorso per Dirigenti scolastici, alla vigilia della prova pre-selettiva: I precari esclusi dal bando chiedono ed ottengono dal TAR la sospensiva, supportati dai sindacati. Potranno presentarsi alla prova in attesa che il Tribunale Amministrativo Regionale si pronunci in merito alla questione. (LINK)

Il 12 del mese si svolge regolarmente, seppur con notevole ritardo rispetto ai tempi previsti, in 113 sedi nazionali la prova preselettiva valida per il concorso per Dirigente scolastico. Su più di 42mila domande sono presentati 30mila candidati. (LINK)

Vengono pubblicate dal MIUR le date delle prove InValsi per l’anno scolastico in corso: si terranno in tutti gli ordini di scuola dall’8 all’11 maggio. (LINK)

Dal 2013 le pagelle scolastiche potranno essere eliminate nella versione cartacea per far posto alla versione digitale, consultabile on line. È quanto proposto dal Governo nella bozza del Decreto Sviluppo. Altre novità riguardano l’università: i professori universitari ordinari andranno in pensione a 68 anni anziché a 70; il termine per procedere all’assunzione del personale universitario, inoltre, è prorogato al 31 dicembre 2012. La norma fa riferimento alle assunzioni «nel limite della spesa pari al 50% di quella relativa al personale a tempo indeterminato complessivamente cessato nel 2010». (LINK)

Altra ondata di polemiche sul concorso per Dirigenti Scolastici: secondo l’Anief, almeno 38 questiti proposti nell’ambito della prova pre-selettiva sarebbero errati. L’organizzazione annuncia un maxiricorso al Tar Lazio con la richiesta di ammettere alle prove scritte i ricorrenti esclusi dagli elenchi degli idonei. (LINK)
Intanto vengono forniti i dati dei candidati ammessi alle prove scritte del concorso per Dirigenti, che si terranno il 14 e 15 dicembre su tutto il territorio nazionale. Si sono presentati a sostenere la prova preselettiva in 33161 a fronte di 43188 domande presentate, circa 77%. Ne sono stati ammessi in 9120, il 27% dei partecipanti. Le donne sono in netta prevalenza, quasi tre su quattro. Un ammesso su cinque ha meno di quarant’anni. Nella fascia di età fino a 33 anni ci sono più di 100 candidati idonei. (LINK)

NOVEMBRE
Al momento di chiusura del suo mandato, il ministro Gelmini firma alcuni decreti per l’attivazione dei TFA; decreti che risentono della fretta e che vengono contestati dai sindacati, che sottolineano la necessità di integrazioni e modifiche.
Il neo-eletto ministro Profumo (LINK) accoglie la richiesta e riapre il confronto. Devono essere definiti tempi e quantità di ammessi (gli ipotizzati 23 mila sono troppi per la Funzione pubblica). Le prove di accesso sono previste a fine febbraio.
Fin da subito il nuovo titolare di Viale Trastevere si dimostra sensibile nei confronti delle problematiche dei docenti, degli studenti e delle loro famiglie. (LINK)

Durante il suo intervento al XX congresso dell’Aimmf, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, mette in luce una situazione di grave ritardo del nostro Paese, rispetto alla media OCSE, per quanto riguarda l’investimento nella conoscenza che considera un’importante variabile di crescita.
I dati sono preoccupanti: non solo l’Italia è, fra i paesi dell’OCSE, quello che investe meno nell’istruzione (il 2,4% del Pil, contro una media Ocse del 4,9%), ma anche la qualità dell’istruzione lascia molto a desiderare. (LINK)

DICEMBRE
Il nuovo ministro Profumo annuncia che il 2012 potrebbe essere l’anno dei concorsi. Ne potrebbero andare in porto tre: quello a 150 posti di dirigente tecnico (ispettore), quello a 2.386 posti di dirigente scolastico, e soprattutto quello a posti di insegnante ai vari livelli di scuola, a distanza di 13 anni dall’ultimo, bandito nel lontano 1999.
Si conclude la sperimentazione “Valorizza”, avviata all’inizio del 2011 tra grandi difficoltà e resistenze con obiettivo di valutare e premiare la ‘reputazione professionale’ degli insegnanti. Gli esiti finali sono illustrati a Roma alla presenza del ministro Profumo, che sembra orientato ad accogliere la raccomandazione formulata delle due Fondazioni sponsor dell’iniziativa – Treelle e Compagnia San Paolo per la scuola – di replicare il progetto anche nel 2012. La proposta è di raddoppiare il numero delle scuole partecipanti (solo 33 nel 2011), e anche il ‘premio’ per gli insegnanti (due mensilità aggiuntive anziché una), estendendone l’erogazione a un triennio.

[alcune informazioni sono tratte da Tuttoscuola.com; le immagini sono tratte da questo sito]

LA FINE DELL’ERA GELMINI. UN UOMO A VIALE TRASTEVERE?


Con le dimissioni del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e la prospettata composizione di un governo tecnico, anche Mariastella Gelmini, insieme ai suoi colleghi, si sta preparando a traslocare. Deve, infatti, lasciare Viale Trastevere, essendo quasi nulle le possibilità che venga nuovamente nominata ministro del MIUR.
Vediamo, in breve, cosa ci ha lasciato nei tre anni e mezzo del suo mandato.

Diciamolo subito: l’alleanza (per altri associazione a delinquere) con i ministri Tremonti e Brunetta, ai tempi della legge 133/2008, non costituisce per la neo-ministro un buon inizio. Soprattutto l’articolo 64 scatena le ire di molti, nel mondo della scuola, e non sembra essere di buon auspicio. Iniziano le proteste, anche studentesche, e la Gelmini viene accusata di volere mandare in rovina la scuola pubblica con i famosi “tagli” che lei a volte ammette, altre smentisce, talvolta virgoletta e in altri casi no. Non è il massimo della coerenza, questo è vero, però la crisi era prevedibile, gli sprechi nell’ambito dell’istruzione hanno costituito la prassi per lungo tempo, la cattiva gestione di chi l’ha preceduta a Viale Trastevere aveva reso la situazione insostenibile, che altro poteva fare? Anche l’ex ministro Luigi Berlinguer, in una recente intervista al Sussidiario.net, in riferimento alla politica dei “tagli” con l’accorpamento delle scuole volto a risparmiare sugli stipendi dei dirigenti, ha ammesso che «una cosa sono le politiche educative in tempo di pace, altra cosa è la situazione in tempo di guerra […] se in tempo di crisi bisogna trovare i soldi, farlo nel modo prospettato è la soluzione meno grave e più opportuna».

La prima mossa di questa politica di ridimensionamento della spesa per la scuola pubblica è l’introduzione del maestro unico nella primaria (ex scuola elementare). Si grida subito allo scandalo senza capire, però, che questo famigerato “maestro unico” tanto unico non è, ovvero dipende dall’orario prescelto dalle famiglie. Insomma, quel che al ministro preme è eliminare i moduli per contenere la spesa: tante classi, tanti maestri. Il che non implica, però, che ci sia davvero un maestro per classe; conosco delle maestre che mi hanno confermato che, proprio per non tornare al maestro unico, fra colleghe si dividono gli ambiti disciplinari e tutto torna come prima, eccezione fatta per le compresenze che non sono più possibili, anche se sarebbero state di primaria importanza per poter gestire classi numerose e scolari con differenti livelli di preparazione.

Il passo successivo è quello del ridimensionamento degli orari nella scuola secondaria di I grado (ex scuola media), ma ci sono delle novità anche per quanto riguarda la scuola dell’infanzia (ex scuola materna) e si lavora al riordino delle superiori. (LINK). Insomma, una riforma a 360 gradi, la prima dai tempi della riforma Gentile del 1923. Una riforma che la Gelmini chiama spesso “epocale”, di cui va fiera, così come orgogliosa si manifesta ogni qual volta sbandieri quell’intento di giungere alla “scuola del rigore e della serietà” che pare manchi da molti decenni nella pubblica istruzione in Italia.

Il riordino dell’istruzione secondaria scatena ancor di più le ire dei docenti che gridano allo scandalo. Ma all’inizio di febbraio del 2010 la riforma della scuola superiore è una realtà. Con essa, però, i lavoratori della scuola, precari e non, si trovano di fronte una realtà tutt’altro che buona: nuovi tagli, perdite del posto da parte di docenti di ruolo che si devono adattare a cambiare scuola, mentre quelli precari rimangono a casa, classi sempre più numerose … ma siamo in “tempo di guerra”, come dice anche Berlinguer, e una politica educativa che trovi ampi consensi e che non operi “tagli” è impensabile.

Nel frattempo, inseguendo il mito della “scuola del rigore e della serietà”, il ministro fa approvare il Regolamento sulla valutazione degli studenti. Fra le novità di maggior rilievo, la bocciatura con il cinque in condotta ed il fatto che il voto espresso sul comportamento concorra alla media dei voti, media che al triennio delle superiori è utile anche per il credito scolastico. Sempre l’insufficienza eventuale nel voto di condotta comporta l’esclusione dall’esame di stato e allo stesso possono essere ammessi solo gli studenti che hanno una valutazione almeno sufficiente per ciascuna disciplina. Ritornano, sotto la nuova formula del “giudizio sospeso”, gli esami di riparazione negli istituti superiori. Non si parla ufficialmente di esami ma di prove atte a valutare il superamento del Debito Formativo che gli allievi hanno contratto in una o più discipline. Non pochi disagi comporta la reintroduzione degli “esami”: per le famiglie che non possono progammare le vacanze nella bassa stagione e per gli insegnanti costretti, in alcune scuole, a tornare nelle aule scolastiche subito dopo Ferragosto.

Un’altra fissazione del ministro Gelmini, fin dagli inizi del suo mandato, è il premio per i docenti meritevoli. Anzi, per la verità il suo obiettivo primario sarebbe stato quello di portare gli stipendi dei docenti italiani al livello medio europeo (su questo tema ho scritto quest’articolo). Poi, però, si rende evidentemente conto di non poter mantenere le promesse per mancanza di fondi e s’inventa un premio al merito che trova applicazione in alcune scuole della penisola su base sperimentale e volontaria. Tutto il progetto, partendo dai criteri di valutazione, appare fin da subito mal fatto, poco condivisibile e scatena un’altra ondata di proteste (ne ho scritto QUI)

In occasione dell’avvio dell’anno scolastico 2010/11, la Gelmini torna ad affrontare il problema del precariato osservando che nessun governo sarebbe in grado di assorbire 200mila precari e attribuendo la gravità della situazione attuale ai passati governi che, per ottenere consensi, avrebbero elargito incarichi annuali ai supplenti senza che ce ne fosse una reale necessità.
Da un’inchiesta condotta da ItaliaOggi, risulta che, considerando il numero dei precari, cioè 240mila, e l’assunzione prevista di 10mila all’anno, in ventiquattro anni tutti possano avere la speranza di essere nominati in ruolo. Da viale Trastevere arriva, però, la tempestiva smentita: i precari saranno assorbiti in sei-sette anni. Ci si avvia, dunque, ad una nuova prassi per l’arruolamento, attraverso il cosiddetto Tirocinio Formativo Attivo che segna la scomparsa delle SSIS.
Lo scorso luglio, inoltre, la Gelmini preannuncia che il 50% dei posti di ruolo disponibili sarà riservato ai giovani (ne ho parlato QUI), apertura lodevole ma apparentemente in contraddizione con il programmato assorbimento dei precari già in graduatoria.

Questi sono solo alcuni dei provvedimenti presi dal ministro Mariastella Gelmini in questi anni (notizie più dettagliate si possono trovare QUI e QUI). Lascia viale Trastevere sulla scia delle ultime polemiche causate dalle modalità previste per la preselezione degli aspiranti candidati al concorso per Dirigente Scolastico: errori nella batteria dei test pubblicati sul sito del MIUR per allenarsi, ricorsi al Tar dei precari ufficialmente non ammessi alla prova, poco tempo a disposizione per i test, errori individuati anche nei quesiti utili alla preselezione … senza contare la storia dei neutrini su cui non ho nemmeno speso una parola, considerandola un penoso pretesto per continuare la caccia alla strega che si è rivelata l’azione persecutoria nei confronti di questo ministro, fin dal suo insediamento.

Secondo me la Mariastella più famosa d’Italia ha fatto alcune cose buone, altre meno. Ha fatto ciò che ha potuto in un “tempo di guerra” non facile per l’economia del Paese. In questi anni l’ho difesa ma non ho mancato di esprimere la mia delusione (QUI, ad esempio). Credo non sia stata peggiore di tanti altri che l’hanno preceduta, sia di destra sia di sinistra, sicuramente migliore di alcuni.
Ora a chi lascerà il posto? Certamente ad un uomo, dicono.
La Gelmini è stata il tredicesimo ministro dell’Istruzione della mia carriera. In attesa di sapere chi sarà il prossimo, vediamo chi l’ha preceduta dal 1983:

Franca Falcucci (DC)

4 agosto 19831 agosto 1986

Governo Craxi I

Franca Falcucci (DC)

1 agosto 198617 aprile 1987

Governo Craxi II

Franca Falcucci (DC)

17 aprile 198728 luglio 1987

Governo Fanfani VI

Giovanni Galloni (DC)

28 luglio 198713 aprile 1988

Governo Goria

Giovanni Galloni (DC)

13 aprile 198822 luglio 1989

Governo De Mita

Sergio Mattarella (DC)

Gerardo Bianco (DC)

22 luglio 198927 luglio 1990

27 luglio 199012 aprile 1991

Governo Andreotti VI

Riccardo Misasi (DC)

12 aprile 199128 giugno 1992

Governo Andreotti VII

Rosa Russo Iervolino (DC)

28 giugno 199228 aprile 1993

Governo Amato I

Rosa Russo Iervolino (DC)

28 aprile 199310 maggio 1994

Governo Ciampi

Francesco D’Onofrio (CCD)

10 maggio 199417 gennaio 1995

Governo Berlusconi I

Giancarlo Lombardi (indipendente)

17 gennaio 199517 maggio 1996

Governo Dini

Luigi Berlinguer (PDS)

17 maggio 199621 ottobre 1998

Governo Prodi I

Luigi Berlinguer (DS)

21 ottobre 199822 dicembre 1999

Governo D’Alema I

Luigi Berlinguer (DS)

22 dicembre 199925 aprile 2000

Governo D’Alema II

Tullio De Mauro (tecnico)

25 aprile 200011 giugno 2001

Governo Amato II

Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR)[1]

Letizia Moratti (FI)

11 giugno 200123 aprile 2005

Governo Berlusconi II

Letizia Moratti (FI)

23 aprile 200517 maggio 2006

Governo Berlusconi III

Ministro della Pubblica Istruzione[2]

Giuseppe Fioroni (PD)

17 maggio 20068 maggio 2008

Governo Prodi II

Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR)[3]

[per gli altri ministri della Repubblica, vedi la fonte WIKIPEDIA]