Archivi Blog

L’ORARIO DEI DOCENTI RADDOPPIA? L’INCUBO D’INIZIO ESTATE

peanuts-stipendio insegnanti
Ci risiamo: nonostante i buoni propositi del presidente del Consiglio Matteo Renzi, un altro macigno incombe sulla testa della scuola. Noi docenti, che già ci sentiamo continuamente minacciati dalla spada di Damocle dell’opinione pubblica, non avevamo bisogno di quest’altra mazzata.

Il piano per la scuola, che sarà presentato ufficialmente il 15 luglio e diverrà, almeno nelle intenzioni, una legge delega, prevede, tra le altre cose, di raddoppiare l’orario di lavoro dei docenti, da 18 a 36 ore, senza aumenti stipendiali ma con dei premi per chi lavora di più, prendendosi responsabilità e offrendo competenze specifiche. Questo è il “parto” delle menti eccelse del Miur, il ministro Giannini e il sottosegretario Reggi.

Gli scatti d’anzianità rimarrebbero invariati ma sarebbero previsti premi stipendiali fino al 30 per cento per i docenti impegnati in ruoli organizzativi (vicepresidi, docenti senior … cioè?) o attività specializzate (lingue e informatica … perché non altre? il CLIL, per esempio, oppure il teatro, il cinema, attività sportive). In cambio il ministero chiede agli insegnanti una maggiore disponibilità: più ore a scuole per un periodo più lungo. Non più solo 208 giorni di lezione (di cui obbligatori sarebbero 200 …) ma 230. Scuole aperte più a lungo (fino alle 16.30, all’inizio, ma l’intenzione è quella di un orario continuato fino alle 22) fino a tutto luglio.

Non è tutto. Con il prolungamento dell’orario a 36 ore le supplenze saranno richieste ai docenti già in cattedra nell’istituto senza riconoscimenti economici extra.

Ma non basta. Più potere ai dirigenti scolastici che potranno percepire aumenti stipendiali in base ai risultati dell’istituto che dirigono e decideranno a chi dare i bonus stipendiali.

Questa la proposta, di sapore montiano (d’altronde la Giannini milita nel suo partito, Lista Civica … con scarsissimo successo, tra l’altro, in occasione delle elezioni europee, tanto che molti hanno chiesto le sue dimissioni). Non ci potevamo aspettare nulla di buono ma direi che al peggio non c’è limite.

Ora non voglio fare la solita geremiade ma dimostrare, punto per punto, quanto sia dannosa e anche incoerente questa proposta.

1. Aumento dell’orario per i docenti. Se s’intendesse con le 36 ore far riemergere quel lavoro sommerso che tutti noi svolgiamo a casa e che non può essere quantificato (a meno che non ci mettano una telecamera a casa …), sarei d’accordo. Sono anni che chiedo di poter lavorare a scuola e di timbrare il cartellino tutti i giorni, senza consumare energia a casa, tra luce e pc, senza consumare l’inchiostro della stampante e senza pagare l’adsl di tasca mia, tornando a casa la sera e staccando dagli impegni scolastici, anche mentalmente, fino al mattino dopo.
Non mi pare, tuttavia, che l’intento del ministro sia questo, in ogni caso sarebbe inattuabile per mancanza di spazi: dove potrebbero lavorare decine di docenti nel pomeriggio, specie se le aule saranno occupate dagli studenti per occupare il tempo dei quali qualcosa si inventeranno?
Infatti, nella proposta si legge che i docenti dovranno accollarsi le supplenze che normalmente vengono affidate ai precari, entro il limite delle 36 ore.
Ora io non so quanti riescano a capire che più lavoro in classe = più lavoro a casa, meno energie e più stanchezza, un insegnamento che non può essere qualitativamente accettabile. Senza contare il rischio, più che concreto, dello SLC (Stress Lavoro correlato).
Farsi carico delle supplenze implica anche la disoccupazione dei precari, molti dei quali “storici”, con 10-15 anni di servizio all’attivo.
Non solo: ci sono classi di concorso in esubero (la mia, ad esempio, la A051, ormai è in soprannumero, non ci sono cattedre disponibili nemmeno per i docenti di ruolo), dovremmo supplire eventualmente i colleghi malati oppure quelli che hanno altri incarichi e si assentano per l’intero anno scolastico. Domanda: se siamo una ventina di docenti, come si attribuiranno le supplenze? In ordine di graduatoria? Verrà designato chi è più in alto perché ha più esperienza o chi è più in basso perché è più giovane (non è una regola fissa, ad ogni modo)?
In casi come questi, ne sono certa, salterebbero fuori i corsi di recupero gratis. Io qui non ci sto, come amava ripetere l’ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. I corsi, infatti, rientrano nella didattica extracurricolare e dovrebbero essere specialistici, affidati a docenti con alta professionalità. Uso il condizionale perché in realtà vengono affidati a chi si propone per la docenza, a volte persone con poca onestà, gente che non sa nemmeno insegnare nelle ore curricolari e che fa più danni che altro. Ma al MIUR cosa importa? Basta non sborsare i soldi che, lo ricordo, sono previsti da un decreto (articolo 10 del Decreto ministeriale n. 80, del 3 ottobre 2007) firmato da Fioroni.

2. Calendario scolastico allungato. 230 giorni di lezione corrispondono più o meno a 38 settimane (contro le attuali 33-34). Benissimo: avrei più tempo per svolgere i programmi, per interrogare, per il recupero in itinere, potrei fare anche qualche compito in più (oddio, ne ho corretti 1000 quest’anno, più di così …). E i ragazzi, sarebbero d’accordo? Io dico di no. Se già per molti – fortunatamente non per tutti – la permanenza a scuola equivale a una tortura, non credo che cinque settimane in più di scuola, specie quando le aule diventano dei forni, con il caldo estivo, sarebbero accolte con gioia. E che facciamo? Organizziamo giochi nel parco, magari facciamo costruire una piscina e ci facciamo sguazzare dentro i pargoli accaldati? Secondo me al MIUR pensano che la scuola sia un ricreatorio …
Allungare il calendario scolastico è, poi, in controtendenza rispetto al resto dei Paesi europei, come ho dimostrato QUI. Infatti, gli studenti italiani passano già più tempo in classe rispetto ai colleghi europei.
Insomma, si parla tanto di uniformarci agli standard europei – “Ce lo chiede l’Europa” sembra essere il motto del momento – e una volta che l’Europa non ci chiede nulla, noi dobbiamo fare i maestri? La media dei giorni di lezione nei Paesi europei è di 200 ma noi abbiamo le vacanze estive più lunghe per motivi climatici (e di ferie delle famiglie!). Vogliamo andare in classe anche in piena estate? Benissimo. Facciamo le pause lunghe durante l’anno, come nei Paesi nordici. Naturalmente sperando che ci forniscano un efficiente impianto di aria condizionata per affrontare il mese di luglio (e parte di giugno) nelle aule-fornaci.

3. Scuole aperte tutto il giorno. A parte il fatto che molte scuole italiane hanno i portoni aperti anche nel pomeriggio (il mio liceo chiude alla 19, il che significa quasi 12 ore di apertura, considerando che l’accoglienza degli allievi è possibile dalle 7.40 del mattino) per svolgere attività extracurricolari facoltative (sport, attività ludiche, corsi di lingua, teatro, coro e tutto ciò che rientra nell’offerta formativa), questa proposta è incoerente per quanto riguarda il risparmio. E’ evidente che, specie nella stagione fredda, tenere aperta la scuola ha dei costi.
Sempre più scuole in Italia propongono la settimana corta per chiudere il sabato, cercando di risparmiare sul riscaldamento che comunque non è il solo problema. Dobbiamo mettere in conto, infatti, i maggiori consumi elettrici e, se vogliamo offrire dei servizi ai ragazzi, dei computer, delle stampanti per fare delle ricerche, ad esempio.
Potrebbero essere più contente le famiglie con figli piccoli, ma penso che i genitori dei più grandi non gradirebbero la permanenza dei ragazzi a scuola fino alle 22. Senza contare quelli che non vivono nei pressi della scuola ma nell’immediata periferia o nei paesi limitrofi (qui a Udine la percentuale è altissima): come potrebbero, alle dieci di sera, ritornare a casa?
Non dimentichiamo, poi, che tenere aperto un istituto per così tante ore al giorno e per 11 mesi all’anno comporterebbe dei costi insostenibili per pagare il personale. Che facciamo, diamo direttamente le chiavi agli studenti?
Certamente si creerebbero nuovo posti di lavoro, almeno per gli ATA. Ma forse il ministero ha pensato ai tagli e non ai maggiori costi.

4. Più potere ai dirigenti. Oggi, sulla scia delle polemiche suscitate nell’immediatezza dal Piano per la scuola, Raggi chiarisce: “Toccherà al dirigente scolastico organizzare la disponibilità dei professori della sua scuola. Se qualcuno non potrà lavorare 36 ore allora potrà rinunciare a una parte degli incentivi” (LINK). A questo punto il “piano” diventa incomprensibile. Se prima avevamo ipotizzato per tutti le 36 ore senza alcun compenso, adesso pare che ci si possa anche rifiutare, rinunciando agli incentivi. Nell’arco di sole 24 ore, hanno già cambiato le carte in tavola. Mi perdoneranno, dunque, i lettori se non rivedo quanto scritto in precedenza (su questo post ho lavorato già ieri per tutto il pomeriggio), tanto credo che di revisioni ne vedremo molte fino al 15 luglio.
Ad ogni modo, se davvero il D.S. avrà più poteri, ciò potrebbe essere rischioso. Il dirigente, infatti, anche il più onesto e integerrimo, ha le sue preferenze. Che ne sarà di chi gli sta solo un po’ antipatico? Inoltre, in che modo può valutare il lavoro dei docenti? Attraverso i risultati delle classi oppure stando alle voci che provengono dalle famiglie?
Il rischio, non possiamo negarlo, è quello di un dilagare, da parte dei docenti, di una didattica mirata (training to the test) al superamento dei Test InValsi, qualora fossero lo strumento per valutare l’operato degli insegnanti, oppure dell’aiutino dato agli studenti per fare bella figura (cheating, di cui ho parlato più volte in questo blog). Se poi si guardasse al rendimento globale della classe (per le classi e le materie non oggetto di misurazione nazionale), allora i prof potrebbero essere portati ad elargire sufficienze immeritate pur di ottenere qualche soldino in più.
Insomma, sull’onestà e la trasparenza di tutti non metterei la mano sul fuoco.

Infine, la ciliegina sulla torta: il piano, rimanendo in tema di tagli, prevede l’accorciamento del corso di studi superiore (d’altronde, già la Gelmini suddividendo il quinquennio in due bienni e quinto anno covava questa idea funesta) di un anno. “Ce lo chiede l’Europa”, dicono. Ma a noi nessuno ha chiesto nulla, non sono stati interpellati i docenti, le famiglie, gli studenti, le parti sociali. Solo voci diffuse, perlopiù contrarie si sono levate al discreto ventilare della proposta.
Oggi, invece, si dà per certo che i ragazzi si diplomeranno a 18 anni, conformandosi alla maggior parte dei Pesi europei. Così sforneremo, probabilmente, dei ragazzi ancora meno competenti, meno preparati soprattutto ad affrontare la vita che li aspetta fuori da quel microcosmo protetto che è la scuola.

Una sola cosa l’Europa non è capace di chiederci: l’adeguamento dello stipendio degli insegnanti ai parametri europei. Naturalmente questo è un dettaglio insignificante.

N.B. Poiché nelle ultime 24 ore sono usciti numerosissimi articoli su questa proposta Giannini-Reggi, mi è impossibile citare tutte le fonti. Vi invito, dunque, a consultare la mia pagina Twitter dove potete trovare, tra i retweet e preferiti, un’ampia discussione. Se cinguettare anche voi, vi invito a usare l’hashtag #36oreascuola.

[immagine da questo sito]

ULTERIORI CHIARIMENTI (PER ORA!) A QUESTO LINK (della serie: le carte in tavola vengono cambiate in men che non si dica!)

AUMENTO DELL’ORARIO DI CATTEDRA DA 18 A 24 ORE: ANCHE I DIRIGENTI DALLA PARTE DEI DOCENTI CONTRO PROFUMO

Pubblico alcuni stralci della lettera aperta al ministro Profumo inviata dal presidente dell’Anp (Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola, Giorgio Rembado. All’intero documento si può accedere attraverso questo LINK.

[…]
l’Anp esprime un netto dissenso sulla strada seguita dal Governo per introdurre l’orario settimanale d’obbligo d’insegnamento di 24 ore dei docenti di scuola secondaria, a costo zero e a fronte di un aumento delle ferie. Aumento peraltro solo simbolico, dato che risulterebbe fruibile unicamente in periodi nei quali già adesso i docenti sono di fatto liberi da impegni.

Le ragioni del nostro dissenso sono essenzialmente tre:
1) si viene a creare una grave rottura del rapporto sinallagmatico tra prestazione lavorativa e retribuzione dei docenti (sostanzialmente a circa un terzo di orario obbligatorio aggiuntivo non corrisponde alcun compenso economico);

2) la modalità della decisione e la misura inusualmente elevata dell’aggravio di lavoro imposto suonano come uno “schiaffo morale” alla categoria dei docenti, il cui lavoro viene implicitamente considerato di così poco momento da poterne variare l’entità in qualunque misura e in qualunque occasione, senza alcuna condivisione con gli interessati e senza corrispettivi sostanziali. C’è da chiedersi come mai solo a loro si imponga unilateralmente un consistente incremento della loro attività di insegnamento.
E la risposta è semplice: si perpetua lo stereotipo dell’insegnante come un lavoratore a tempo parziale, dimentichi del fatto che i docenti non lavorano diciotto ore alla settimana, ma fanno lezione per diciotto ore con tutto quello che ne consegue. Di tutto ha bisogno la nostra scuola fuorché di un ulteriore messaggio che ne riproduca i pregiudizi e ne svilisca la rilevanza agli occhi della pubblica opinione;

3) si determina una ri‐pubblicizzazione coatta del rapporto di lavoro della categoria dei docenti nella scuola – contrariamente a quanto avviene nelle altre pubbliche amministrazioni – considerato, invece, che dall’entrata in vigore della legge n. 421/1992 anche per gli insegnanti vale la definizione per via contrattuale degli aumenti retributivi corrispondenti agli impegni lavorativi. E in aggiunta, stante l’attuale moratoria contrattuale, la funzione docente è di fatto mortificata per l’assenza di ogni possibile diversificazione e sviluppo. Spetterebbe al legislatore riconoscere e valorizzare una funzione necessaria per dar vita ad ambienti di apprendimento efficaci e rispondenti ai bisogni delle giovani generazioni. Occorre, pertanto, ripensare l’attuale condizione degli insegnanti, tenendo conto della profonda trasformazione che nei fatti essa ha già subito, sia per effetto dell’autonomia scolastica che per gli interventi della Funzione pubblica sulla dirigenza e sulle regole di funzionamento delle amministrazioni pubbliche.

Inoltre, se si pone attenzione, come la presente Associazione si è sempre proposta di fare ai problemi della qualità del servizio e conseguentemente della prestazione professionale dei docenti, un aumento delle ore settimanali d’obbligo di insegnamento tout court ‐ così come previsto nel disegno di legge del Governo ‐ non sembra andare nella direzione auspicata del miglioramento di qualità dell’istruzione e della formazione. […]

CONCORSO PER DIRIGENTI SCOLASTICI: UN DISASTRO E INTANTO MEZZA ITALIA E’ SENZA PRESIDE

La prima fu la Lombardia: il Consiglio di Stato ha, infatti, bloccato l’immissione in ruolo di 355 dirigenti che avrebbero dovuto essere assunti attraverso il concorso bandito la scorsa estate. Un numero decisamente più basso rispetto ai posti dichiarati disponibili al momento del bando, causa il taglio richiesto dalla Spending Review. Ma anche in altre regioni – Toscana, Umbria, Lazio, Calabria, Basilicata …- il concorso rischia di essere annullato dalla pioggia di ricorsi, presentati per varie ragioni, che sono pervenuti al Tar da parte dei candidati risultati non idonei.

Per quanto riguarda la Lombardia, il problema è che le buste contenenti le prove scritte erano trasparenti e non garantivano la tutela dei dati personali degli aspiranti dirigenti che, come si sa, vanno scoperti solo a correzione avvenuta.

Sotto accusa sono, però, ancora una volta i test preselettivi, di certo non nati sotto una buona stella. A fine agosto, infatti, il MIUR aveva dovuto eliminare quasi mille test, fra quelli pubblicati sul sito perché servissero ai candidati come allenamento, che erano mal formulati oppure le cui risposte risultavano errate. Poi, a prova preselettiva avvenuta, altri errori erano emersi e avevano causato dei ricorsi che avevano comunque dato la possibilità agli aspiranti presidi di partecipare alle prove successive.

Tutto da rifare, dunque? Secondo Marcello Pacifico dell’Anief sì. Tant’è che anche a viale Trastevere si stanno muovendo in tal senso. E che fare dei mille dirigenti scolastici già nominati in ruolo? «Cercheremo di consolidare comunque le loro posizioni – assicura Lucrezia Stellacci, dirigente del ministero dell’Istruzione – nell’ottica della conservazione degli atti».

Insomma, l’Italia dei pasticciacci brutti di Viale Trastevere va avanti.

[fonte: Il Corriere]

PRONTO PER L’ESAME LO SCHEMA DI DECRETO PER LA VALUTAZIONE DELLE SCUOLE

Il consiglio dei ministri, su proposta di Francesco Profumo, titolare di Viale Trastevere, è pronto ad esaminare lo schema di decreto per la valutazione del sistema scolastico. Tre saranno gli elementi sui quali le scuole verranno valutate:

1. L’Invalsi, l’istituto che attualmente si occupa di rilevare gli apprendimenti degli studenti
2. L’Indire (l’attuale Ansas- agenzia per lo sviluppo dell’autonomia scolastica) che si occupa della formazione dei docenti
3. Un nucleo di valutazione esterna costituito da un ispettore e due esperti selezionati dall’ Invalsi che valuteranno in che modo ciascuna scuola si stia adoperando per raggiungere gli obiettivi dichiarati, prendendo in considerazione anche il «valore aggiunto» degli istituti, ovvero il grado di miglioramento conseguito dagli studenti fra l’ingresso e l’uscita.

Quanto ai costi, a viale Trastevere assicurano che la valutazione rientra «nell’ambito delle risorse disponibili», aggiungendo delle clausole ad hoc.

Per quanto riguarda i test InValsi si allarga il numero delle classi interessate: le rilevazioni saranno fatte su “base censuaria” in II e V elementare, I e II media, II superiore come già accade ora, ma si aggiunge la V superiore. Da notare che il testo che approda in cdm non specifica se il test si farà alla maturità.

Il “voto” assegnato dal nucleo esterno a ciascuna scuola, graverà sui premi per i dirigenti scolastici: qualora i risultati siano deludenti e lontani dagli obiettivi prefissati, non ci sarà alcun bonus per il preside. Per questo vengono ipotizzati dei dossier autoprodotti dagli istituti.

[fonti: Tuttoscuola.com e Corriere.it]

CONCORSO PER DIRIGENTI SCOLASTICI: QUOTE ROSA IN ECCESSO


La notizia non mi consola nemmeno un po’, specialmente considerando il mio punto di vista sulle donne preside esposto in questo post.
La scuola è destinata ad essere diretta dalle donne: nella prova preselettiva, infatti, sono risultate idonee 6.586 donne contro 2.525 uomini. Sfatato, dunque, il detto: le scuole? un mondo di donne (insegnanti) guidate da uomini (presidi).

Se le percentuali degli ammessi alle prove scritte (cioè quei docenti che hanno superato il test d’ammissione) saranno confermate, le donne preside saranno più del 72%. Il numero maggiore di candidate idonee si riscontra nel Sud Italia; nella sola Sicilia si sfiora il 70%.

Solo dieci anni fa, tra i dirigenti scolastici le donne non raggiungevano il 40% (esattamente il 38,6%) e negli istituti superiori c’era soltanto una donna ogni quattro dirigenti.
Ora si registra una controtendenza e solo al Nord i candidati maschi, se pur di poco, hanno raggiunto percentuali di ammissione più elevate dei candidati maschi di altri territori.

Visto che stanotte si festeggia Halloween, mi viene spontaneo rivolgermi agli studenti al grido di: “Ragazzi tremate, le streghe son tornate!”

P.S. le candidate donne non me ne vogliano: sto scherzando, naturalmente. E poi la mia esperienza – negativa – con le presidi donne risale a più di vent’anni fa. Nel frattempo Il “sesso debole” ha dimostrato di non essere debole affatto. Non abbiamo più bisogno di mostrare di aver le palle per sentirci pari agli uomini. O no? 🙂

[fonte: Tuttoscuola.com; immagine da questo sito]