GIUDIZIO SOSPESO: I DEBITI FORMATIVI E L’ESTATE ROVINATA

debiti formativiOrmai le vacanze sono iniziate da quasi un mese (almeno per gli studenti che non hanno dovuto sostenere gli esami del I e del II ciclo). C’è chi, tuttavia, non passerà l’estate in santa pace e, proprio in questi giorni, sta frequentando i corsi di recupero. Proprio ieri sono passata a scuola e li ho visti, i poveretti: ancora pallidi, dato che non hanno avuto il tempo di andare al mare, sguardo perso nel vuoto, testa a ciondoloni perché probabilmente, non potendo rimanere a letto fino a mezzogiorno, manca il giusto numero di ore di sonno, stanchi di ritrovarsi davanti i libri e i quaderni che avrebbero ben volentieri lasciato nello zaino fino a settembre.

Questo è l’inizio estate di un vero e proprio esercito di ragazzi, che frequentano le superiori, che si sono visti sospendere a giugno il giudizio in attesa di superare le verifiche di settembre. Anche se le cose sono un po’ cambiate rispetto ai tempi in cui c’erano i famosi “esami a settembre”, per la gente comune sono i “rimandati”.
Ma vediamo cos’è relamente cambiato dal 1995, anno in cui sono stati aboliti gli esami di riparazione.

Gli esami a settembre erano un vero incubo per molte famiglie e la rovina di molte vacanze. Mentre i “rimandati” trascorrevano i mesi centrali dell’estate con i libri in mano, portandoseli appresso ovunque, anche nei luoghi di villeggiatura, campeggi compresi, le madri e i padri vigilavano sugli studi estivi e, se ne avevano le possibilità economiche, mandavano i figli a “ripetizione”. In questo modo, un’altrettanta nutrita schiera di professori rinunciava volentieri al periodo di riposo per dare lezioni agli sventurati. È inutile negare che quello delle ripetizioni estive era un vero e proprio business e anche chi giura di non aver mai arrotondato lo stipendio, sempre troppo misero, con le lezioni in nero, secondo me mente.

Poi, nel 1995, gli odiati esami di riparazione sono stati cancellati: tutti promossi … o bocciati, ovviamente, a seconda delle circostanze. Lo spirito che allora aveva animato il Ministero della Pubblica Istruzione era quello di evitare, appunto, il mercato delle ripetizioni che talvolta causavano un vero e proprio salasso alle famiglie. Ma si sa, i genitori son disposti a tutto per aiutare i pargoli; peccato non si chiedano quasi mai perché gli sventurati figli non studiano durante l’anno scolastico e debbano rovinare le vacanze dell’intero nucleo familiare.

Per evitare, quindi, una spesa notevole per le famiglie italiane, il Decreto Legge del 28 giugno 1995, n. 253 , successivamente convertito in legge l’8 agosto dello stesso anno, stabiliva che si poteva essere promossi nonostante la presenza di qualche lacuna in una o più discipline, purché ci si presentasse puntuali a frequentare, nella fase iniziale delle lezioni, le attività per essi previste nella programmazione di classe. Alla fine, l’incubo di rientrare nelle aule scolastiche il primo settembre, condiviso da docenti e studenti, era rimasto. L’unica differenza stava nel fatto che si tenevano i famosi Corsi IDEI (Interventi Didattici ed Educativi Integrativi) e non si dovevano esaminare gli allievi, fermo restando l’obbligo di verificare il superamento o meno delle lacune attraverso delle prove di verifica, i cui tempi e modi erano liberamente scelti da ciascun Collegio dei Docenti nel pieno rispetto dell’autonomia degli istituti scolastici.

Nel 1995 inizia, dunque, l’era dei Debiti Formativi. Non più ragazzi rimandati ma promossi pur con delle insufficienze che, in ogni caso, sul tabellone non comparivano. In effetti non può esserci promozione in presenza di voti minori del 6. Ma, almeno all’inizio, quei 6 che non erano 6, visto che in realtà potevano essere dei 5 o dei 4, quando non addirittura dei 2 o dei 3, venivano segnalati sul tabellone con una grafica che poteva variare dal 6 rosso al 6 sottolineato. Tali erano le opzioni più comuni.

Lo Stato, dunque, si impegnava a finanziare dei corsi di recupero e in tal modo si convinceva di arginare il mercato nero delle lezioni private. Purtroppo, però, i fondi erogati non erano sufficienti a coprire le necessità, ovvero ad istituire un numero adeguato di corsi, tenuto conto delle diverse discipline, del numero degli studenti e delle classi frequentate. Alla fine, i corsi attivati erano limitati alle discipline fondamentali o per lo meno quelle in cui si erano riscontrate le carenze più diffuse. Così spesso le lezioni private si frequentavano lo stesso, anzi, le famiglie più abbienti, e anche un po’ snob in verità, non mandavano i figli ai corsi di recupero anche quando venivano istituiti, preferendo pagare le ripetizioni. E come dar loro torto. L’insegnante privato, infatti, pagato profumatamente, si sente in obbligo di aiutare veramente l’allievo. C’è da dire, inoltre, che la lezione individuale è senz’altro preferibile se si tiene conto che lo studente in difficoltà ha a sua disposizione un docente tutto per sé che può rispondere ad ogni domanda, che può individuare ogni ambito del processo cognitivo in cui si riscontrano delle carenze, in altre parole che non deve dividersi tra quindici-diciotto allievi con lacune differenti e diversi livelli di preparazione.

Il D.M. succitato, quindi, non ha mai davvero risolto i problemi. Anzi, i ragazzi con in tasca la promozione a giugno spesso pensavano che non fosse affatto un obbligo colmare le lacune; qualcuno, infatti, calcolava che con una o due materie poteva benissimo arrivare in quinta senza alcun problema. Anche se in tempi recenti, l’istituzione del Credito Scolastico, ha spostato l’attenzione degli “irriducibili indebitati” sul voto finale dell’esame: il credito, infatti, veniva decurtato in presenza di debiti non saldati e, conseguentemente, i ragazzi si dovevano impegnare maggiormente nelle prove d’esame, per non rischiare la bocciatura. Ma ci troviamo quasi di fronte al classico gatto che si morde la coda: spesso le materie in cui s’ “indebitavano” erano quelle caratterizzanti, comprese almeno in due prove scritte, quindi era decisamente impossibile sperare di farcela senza colmare le lacune pregresse.

Insomma, la questione dei debiti non saldati che si perpetuavano era un problema reale. Così come la falsa convinzione dei ragazzi che la frequenza ai corsi IDEI bastasse per risolvere i problemi. Non solo le quindici ore concesse, nella migliore delle ipotesi, a ciascun corso non erano sufficienti a colmare le lacune, ma talvolta gli studenti arrivavano ai corsi mantenendo lo stesso atteggiamento tenuto durante le lezioni curricolari. È evidente, infatti, che un profitto insufficiente non è dovuto all’incapacità di spiegare dell’insegnante, come spesso credono le famiglie, o alla durezza diamantina delle teste degli allievi, come altrettanto spesso sostengono i docenti. Lo scarso rendimento scolastico si può, anzi si deve attribuire anche al modo in cui i ragazzi affrontano la scuola. Se mancano una forte motivazione, la volontà di recuperare, la capacità di concentrarsi, l’esecuzione dei compiti assegnati ecc. ecc. ogni sforzo sarà inutile. I docenti non hanno la bacchetta magica, tantomeno quelli che tengono i corsi di recupero che spesso non sono gli insegnanti del singolo allievo e che quindi non conoscono le problematiche di ogni ragazzo che frequenta il loro corso.

Detto questo, forse sarà più chiaro il motivo per cui il sistema dei Debiti Formativi così com’era non poteva continuare ad esistere. Arriviamo, dunque, al Decreto ministeriale n. 80, del 3 ottobre 2007 , a firma dell’allora ministro Fioroni. Esso stabilisce che le lacune in una o più discipline autorizzano i singoli Consigli di Classe a sospendere il giudizio in sede di scrutinio finale, rimandando la decisione di promuovere o respingere l’allievo in questione entro l’inizio delle lezioni del successivo anno scolastico. Nonostante non si parli più di “esami di riparazione” e di “rimandati a settembre”, cambia la forma ma non la sostanza. Qual è, dunque, la differenza rispetto ai vecchi esami a settembre? Semplicemente il fatto che non sussiste l’obbligo di fare degli esami veri e propri, con verifiche scritte e orali nel caso di materie che prevedano una distinta valutazione, ma delle “prove di verifica” decise in modo autonomo, per quanto riguarda la tipologia, da ciascun insegnante, purché sia lo stesso che ha attribuito il debito.

Con il suo arrivo a viale Trastevere, nel 2008, il ministro Gelmini non ha cambiato le carte in tavola. E come avrebbe potuto lei che predica da tempo il ritorno ad una scuola del rigore? Certo, il D.M. del ministro Fioroni aveva il sapore di un ritorno al passato – quello per cui la Gelmini stessa è costantemente criticata – ma con la novità che lo Stato si sarebbe fatto carico del recupero per gli studenti in difficoltà anche durante l’anno scolastico e non solo alla fine.

In realtà le somme erogate non sono sufficienti per coprire i fabbisogni delle singole scuole, anche se il ministro Gelmini ha recentemente chiarito che i fondi non sono stati ridotti, come qualcuno ha insinuato (LINK). Così si continua ad organizzare pochi corsi con ridotti pacchetti orario, spesso tenuti da docenti non abilitati, visto che alla fine di giugno si è stanchi e stufi della scuola, così si lascia il posto ai precari che hanno più bisogno di lavorare perché hanno fatto magari solo delle supplenze brevi. Sono anche più riposati e forse sono pure più preparati di quanto si creda. Tuttavia tenere dei corsi dalla fine di giugno a metà luglio, se va bene, con una ripresina anche nell’ultima settimana di agosto, non solo non risponde efficacemente alle esigenze degli allievi che sono effettivamente stressati dai nove mesi di scuola appena trascorsi, ma manda pure in bestia le famiglie che sono costrette d andare in ferie nel periodo più costoso dell’estate.

Insomma, secondo me le cose messe così non vanno. Ovvero, va benissimo non promuovere gli allievi che non lo meritano e non hanno tratto profitto dagli stimoli ricevuti, va benissimo esigere un tempestivo recupero per permettere loro di affrontare lo studio nell’anno successivo con una preparazione di base almeno accettabile, va benissimo tendere loro una mano per non farli sentire abbandonati, ma la cosa che, secondo il mio parere, andrebbe fatta è evitare che i ragazzi arrivino a giugno con delle insufficienze. Non è volere la luna, credetemi, ma solo cercare di fare il nostro lavoro nel miglior modo possibile perché è la scuola stessa che deve offrire gli strumenti per il recupero, e non sto parlando solo dei corsi. Bisogna cambiare la mentalità di tanti docenti convinti che insegnare nel miglior modo possibile equivalga a stroncare chi non si ritiene “abbia fatto la scelta giusta” e non regalare nulla, senza, tuttavia, offrire nulla. Non sono solo i corsi di recupero a dover essere finanziati ma anche quelli di formazione per insegnanti, per adeguare la didattica ai tempi che, sì, sono cambiati.

Nessun passo indietro, dunque, nessun ritorno al passato, anzi un balzo in avanti per una scuola del futuro, per una scuola migliore a partire dalla primaria. Perché, forse a qualcuno la cosa sfugge, è lì che si pongono le basi per la futura istruzione degli allievi. Spesso gli abbandoni sono dettati dalle brutte esperienze che i ragazzi hanno avuto alle elementari o alle medie, trovandosi di fronte a docenti non in grado di stimolarli ad apprendere ma capaci solo di far loro abbassare il livello di autostima. In altre parole: prevenire è meglio che curare. Sarà banale, ma è l’unica strada percorribile per migliorare la scuola.

[LINK all’articolo originale, parzialmente modificato e aggiornato]

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Pubblicato il 9 luglio 2011, in Debiti Formativi, famiglia, MIUR, scuola, studenti, Valutazione studenti con tag , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 7 commenti.

  1. Mi sembra che ci sia un po’ di contraddizione in questo tuo post.
    Da un lato dici che “Lo scarso rendimento scolastico si può, anzi si deve attribuire anche al modo in cui i ragazzi affrontano la scuola. Se mancano una forte motivazione, la volontà di recuperare, la capacità di concentrarsi, l’esecuzione dei compiti assegnati ecc. ecc. ogni sforzo sarà inutile. I docenti non hanno la bacchetta magica”, dall’altro affermi che basterebbero i corsi di “formazione per insegnanti, per adeguare la didattica ai tempi che, sì, sono cambiati”.
    Io credo che, salvo in rarisimi casi, la mentalità “ di tanti docenti convinti di insegnare nel miglior modo possibile” non si possa cambiare, soprattutto ad una certa età, e così come servono a poco i corsi di recupero per gli allievi che non hanno alcuna voglia di studiare, a poco servirebero i corsi di formazione per gli insegnanti che non hanna alcuna voglia di mettersi in discussione.
    Un bel ritorno all’antico, dunque? Non lo so. Se non altro, però, allo Stato costava meno e costringeva tutti ad impegnarsi di più.

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    • Nessuna contraddizione. Nel primo ragionamento che riporti ho scritto “anche”, nel secondo il senso è: se la didattica cambia e si rinnova (e c’è chi la rinnova anche senza bisogno di corsi di formazione ad hoc!), anche la motivazione e l’impegno dei ragazzi forse ne trarrà vantaggio. Dico “forse” perché nell’ambito dell’educazione nulla può essere certo ma nulla dev’essere per forza scontato.

      Non so se per ritorno all’antico tu intenda maggior severità. In questo caso, i dati sulle bocciature e le non ammissioni all’esame di stato già parlano da soli. Molta più tolleranza c’è alle medie (per non parlare delle elementari: ho letto ieri di una bambina bocciata in prima – per il suo bene e non certo per danneggiarla – e del ricorso che i genitori stanno facendo al TAR) , come ho detto più volte, è lì il “buco nero” cui si dovrebbe porre rimedio.

      In ultimo, la collaborazione delle famiglie è indispensabile: solo così forse capiranno che il maggior rigore, se c’è, non dev’essere inteso come un torto fatto ai figli. Non serve che ti ricordi la madre dell’altra estate …

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  2. Sulla collaborazione scuola/famiglia sfondi una porta aperta.

    Avevo notato i tuoi “anche” e “forse”. Nell’ambito dell’educazione, come dici tu, nulla è certo e nulla è scontato. La cosa più importante è, però, che tutti facciano con impegno, passione e serietà, come fai tu, il proprio dovere. Docenti, allievi e genitori. Sarebbe già molto.

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  3. A proposito di collaborazione genitori-scuola, ho sentito, oggi al TG2 delle 13, la mamma di quella POVERA bambina bocciata in prima elementare. Che tristezza. E’ lei che dovevano bocciare tanti anni fa in prima elementare. E sarebbe ancora lì adesso.

    Quanto ad arroganza, invece, sarebbe degna di una laurea ad Honorem.

    E poi una domanda? Ma perché il TG2 da spazio a questo caso? E’ l’unica bambina che non ha superato la prima elementare in tutt’Italia?

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    • @ frz

      Pensavo di risponderti ma alla fine, dopo aver letto qualche articolo su questo caso (il confronto tra le fonti è doveroso ed è per questo che a caldo avevo taciuto), ho deciso di scrivere un post. O qui o là … ora ho anche l’imbarazzo della scelta! 🙂

      Comunque non credo che sia l’unico caso di bocciatura in prima elementare in Italia, quest’anno. Ma sai, in Campania le “prefiche” hanno fatto scuola …

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