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DDL STABILITÀ E SCUOLA: STOP ALL’AUMENTO DELL’ORARIO DI CATTEDRA PER I DOCENTI

Prime indiscrezioni sulla discussione riguardo agli emendamenti al ddl Stabilità (ex Finanziaria). La riunione è ancora in corso ma pare che siano stati trovati i fondi per coprire l’importo stabilito per la scuola, nell’ambito della Spending Review, scongiurando l’aumento delle ore di cattedra, da 18 a 24 ore, per gli insegnanti della scuole secondarie di I e II grado.

L’ARTICOLO VERRÀ AGGIORNATO AL PIÙ PRESTO IN ATTESA DI NOTIZIE PIÙ DETTAGLIATE. Per il momento invito alla lettura de Il Corriere e Il Messaggero.

LA SCUOLA DIGITALE DI PROFUMO PARTE DAL SUD. SCOPPIA LA POLEMICA LEGHISTA


Devo nuovamente parlare di spending review. Pare che in questo inizio d’anno scolastico sia la parola d’ordine da cui non si può prescindere.

Come si sa, il ministro del MIUR, Francesco Profumo, ha annunciato che, sempre nell’ambito della razionalizzazione delle spese, le pagelle saranno consultabili on line e in ogni aula ci sarà il registro elettronico. Poi, visto che oltre ai registri di classe ci sono quelli personali degli insegnanti, va da sé che anch’essi devono essere dotati degli idonei supporti elettronici. Il risparmio di spesa si aggirerà sui 30 milioni di euro. Non proprio bazzecole.

Ieri, in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno scolastico, Profumo ha reso noto che tutte le classi scolastiche di medie e superiori avranno un computer e ogni insegnante delle regioni Puglia, Campania, Sicilia e Calabria, sarà dotato di un tablet. La spesa dell’operazione, annunciata per le prossime settimane, è di 24 milioni di euro; 8.647 milioni per fornire di un computer le 34.558 classi di scuole medie e 15mila 650 milioni per rifornire le 62.600 classi delle superiori.

L’operazione di digitalizzazione delle scuole e la fornitura degli strumenti informatici per i docenti del sud Italia ha un finanziamento: grazie a Formez (tristemente noto per l’elaborazione dei test di pre-selezione del concorso per Dirigenti scolastici) e ai fondi europei di cui può usufruire 712 scuole in Campania (59,9%), 599 in Puglia (85,3%), 233 in Calabria (57,2%) e 584 in Sicilia (58,3%) godranno di questo privilegio senza aggravi per la PA.

Com’era facilmente intuibile, i docenti del nord protestano, almeno quelli che condividono le parole del segretario della Lega Nord, Roberto Maroni che, ai microfoni di Radio Anch’io, ha dichiarato: «Non ho ben capito perchè i tablet vanno solo ai professori del Sud, poi si dice che la Lega è razzista. Qui un membro del governo dice: ‘favoriamo solo i professori del Sud’. È un atto di discriminazione incomprensibile, spero che il governo ci ripensi e faccia retromarcia. È una cosa pazzesca, una odiosa discriminazione che non ha alcun senso».

Al di là dell’interpretazione che viene data alla mossa del ministro Profumo, credo che la cosa più importante sia che le scuole del sud, sempre sotto accusa visti i risultati non sempre brillanti dei test InValsi, abbiano uno strumento per rinnovarsi. E’ certamente un piccolo passo e non vedo la ragione di protestare. A me personalmente sembra un gesto di grande civiltà.
Non è il caso di fare le bizze come i bambini che si contendono il giocattolo nuovo. Il tablet arriverà anche per noi. Piuttosto mi chiedo: chi finanzierà i corsi di formazione per i docenti, visto che non è obbligatorio saper utilizzare un tablet?

[fonte: Il Corriere; immagine da questo sito]

LA SPENDING REVIEW A SCUOLA

Ormai siamo ossessionati dalla spending review, ce la troviamo dappertutto. Due paroline inglesi (che poi, a dirla tutta, sarebbero traducibili con “revisione della spesa”, pubblica ovviamente, ma a noi l’idioma anglosassone piace un sacco) che ci riportano alla memoria, nel caso ce ne dimenticassimo, che c’è la crisi e bisogna risparmiare.

La spending review approda ovunque e la scuola non poteva rimanere al di fuori della rotta. Dopo l’annuncio fatto dal ministro Profumo riguardo al risparmio che deriverà dalle pagelle on line e dai registri elettronici (ma le scuole non hanno avuto indicazioni in merito, non sanno come procedere, non hanno il materiale occorrente, un computer per classe e il software necessario, sicché l’anno nuovo inizia come quello vecchio, poi si vedrà …) ora l’operazione completa è stata resa nota e pubblicata dall’ANP (Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola) la lista completa di tutte le innovazioni previste per ridurre i costi e ottimizzare le risorse.

In particolare, l’ANP del Lazio ha pubblicato sul suo sito non solo le nuove normative introdotte dal decreto legge n. 95, convertito nella legge n. 135 del 7 agosto in materia d’istruzione, ma anche una specie di “manuale d’uso”, utile per i dirigenti e per i docenti.

Ecco di che cosa si tratta:

Il decreto legge cosiddetto sulla “spending review” porta il n. 95 ed è stato pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale del 6 luglio 2012. La legge di conversione è la n. 135 del 7 agosto successivo, appena un mese
dopo.
Le disposizioni contenute nel decreto sono molto numerose ed a volte piuttosto “tecniche”: non poche fra
loro dovranno essere integrate da disposizioni amministrative ulteriori per risultare correttamente
applicabili. Riteniamo ad ogni modo di fare cosa utile ai colleghi pubblicando un elenco delle novità che
toccano – in un modo o nell’altro – la scuola ed accompagnandolo con qualche parola di commento e di
chiarimento, nei limiti ad oggi possibili.
Per iniziare, ecco la lista delle misure in questione:
1. Acquisti tramite CONSIP
2. I tagli agli organici non riguardano la scuola
3. Ferie non godute: soppresso il compenso sostitutivo
4. Revisori dei conti: ridotti gli ambiti territoriali, aumentate le competenze
5. Dematerializzazione: procedure telematiche per le iscrizioni e digitalizzazione di pagelle e registri
docenti
6. Inserimento delle scuole nel sistema della Tesoreria Unica
7. Aumentano i fondi per finanziare le spese di funzionamento delle scuole
8. Le supplenze brevi saranno pagate dal Ministero delle Finanze
9. Non più a carico delle scuole le spese per le visite fiscali
10. Contributi per rimborso pasti al personale in servizio di mensa
11. Nuove norme in materia di funzioni superiori e vicarie
12. Modifiche al sistema delle relazioni sindacali in materia di rapporti di lavoro
13. I docenti inidonei transitano nei ruoli ATA
14. Utilizzazione dei docenti in esubero
15. Riduzione del contingente di personale scolastico destinato all’estero

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CON LA SPENDING REVIEW PAGELLE ON LINE E REGISTRI ELETTRONICI. E SE SUCCEDESSE COME NEGLI USA?


La spending review ha previsto, dal prossimo anno scolastico, la digitalizzazione di tutte le pratiche che fino ad ora hanno richiesto l’utilizzo del materiale cartaceo. Le pagelle e le iscrizioni scolastiche on line (queste ultime già possibili per mezzo del progetto La scuola in chiaro, ma opzionali, nel senso che si poteva ancora procedere con la compilazione dei moduli cartacei) e i registri elettronici. Quest’ultimi davvero difficili da realizzare in poco tempo, come hanno già fatto sapere gli esperti. Senza contare la trasmissione via plico telematico delle prove d’esame già sperimentata quest’anno, contribuendo ad un risparmio di 240mila euro, stando alle parole del ministro Profumo.

Insomma, via la carta. E su questo concordo, anche perché, oltre al vantaggio del risparmio, ne beneficia la natura con meno disboscamenti. Però io delle perplessità le avrei, specie riguardo alle pagelle e ai registri digitalizzati.
Altrove ho, infatti, ipotizzato che i ragazzi, quelli più esperti, facilmente potrebbero entrare nei siti riservati delle scuole e cambiarsi i voti. Ma quello che è successo negli USA va, a mio avviso, al di là della più fervida immaginazione.

Ecco quello che è accaduto in Pennsylvania. Una mamma “haker” – in realtà una donna che aveva già lavorato come segreteria del distretto scolastico tra il 2008 e il 2011 – ha violato per ben 110 volte il sistema scolastico per apportare delle modifiche ai voti dei suoi figli. In un caso ha pure ottenuto la promozione della figlia che rischiava la bocciatura, mentre per un altro dei suoi pargoli ha “soltanto” alzato la media dei voti.

Ora la donna, Catherine Venusto, 45 anni, rischia 42 anni di carcere e una multa di 90 mila dollari. Agli agenti che l’hanno interrogata ha candidamente detto che non pensava di compiere un’azione illegale ma soltanto immorale.

Dalla lettura di questa notizia nasce in me una duplice riflessione:
in Italia nemmeno gli assassini si fanno 42 anni di carcere, figuriamoci quanto rischierebbe una mamma nel caso modifichi i voti dei figli on line;
– e poi ci lamentiamo dei genitori italiani?

Il fatto è che i figli so’ piezz’e core, cosa non si farebbe per loro?

SPENDING REVIEW E TAGLI DELLE PROVINCE: A RISCHIO L’APERTURA DELLE SCUOLE A SETTEMBRE

Con i tagli previsti dalla spending review «non siamo nelle condizioni di poter assicurare l’apertura dell’anno scolastico». Giuseppe Castiglione, presidente dell’Upi (Unione delle province d’Italia), lancia l’allarme. E aggiunge: «La metà delle province andrà in dissesto». «Il tanto annunciato non apriranno le scuole, questa volta sarebbe vero, non è una esagerazione» dice anche Piero Lacorazza, presidente della provincia di Potenza. (notizia da Il Corriere)

SIAMO MESSI BENE!

600MILA STUDENTI FUORI CORSO NELLE UNIVERSITÀ ITALIANE. PROFUMO: “CASO UNICO”


«I fuori corso all’università esistono solo da noi», per questo «bisogna cambiare rotta». Questo il commento del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo sui 600mila studenti fuori corso negli atenei della penisola. Troppi, decisamente. Solo qualche giorno fa, commentando un post sul portale UniversItaly inaugurato dal ministro, mi ero chiesta quanti fossero gli studenti italiani che, diciamo così, se la prendono comoda. Ecco, dunque, la risposta.

I dati sono relativi all’anno accademico 2010/11 e la quota di fuori corso rappresenta il 33,59% del milione e 782 mila iscritti. Una percentuale notevole che fa infuriare il ministro del MIUR che osserva: «All’Italia manca il rispetto delle regole e dei tempi. Credo che la scuola sul rispetto delle regole debba dare un segnale forte» perché «gli studenti fuori corso hanno un costo, anche in termini sociali».

Ora, forse può sembrare esagerato attribuire la colpa di questo problema sociale al vizietto tutto italiano di non rispettare regole e tempi. Ma in realtà le parole del ministro sono condivisibili. Lo sono di meno quando attribuisce alla scuola il compito di educare al rispetto delle regole. Perché, non lo fa già? Ciò non significa che gli studenti imparino, esattamente come non tutti imparano le discipline comprese nel piano di studi, non tutti vengono promossi a giugno, molti se la prendono comoda anche là e si diplomano con anni di ritardo. Pretendere il rispetto delle regole si può e si deve ma, visto che il ministro parla di segnali forti, allora si dovrebbero stabilire delle regole rigide sulla promozione o sull’ammissione all’Esame di Stato. Tutti promossi o bocciati, ammessi all’esame solo con le proprie forze, ovvero evitando che i cinque – qualche volta anche i quattro – diventino sei. In fondo, quando l’ex ministro Gelmini ha varato il nuovo regolamento sulla valutazione degli studenti aveva in mente proprio questo.

Allora, mi si dirà, viene meno il diritto allo studio, rispettando i tempi del singolo. C’è chi ha bisogno di più tempo, quindi lo “rimandiamo” a settembre in una o più materie o, se bocciato, deve avere la possibilità di riprovarci. Va detto, tuttavia, che la normativa prevede che, qualora uno studente voglia iscriversi alla stessa classe per la terza volta, nella stessa scuola, ha bisogno del consenso del Collegio dei Docenti. Ma anche quando il parere fosse negativo, lo studente cambia istituto, scegliendo lo stesso indirizzo o anche qualche altro corso di studi. Mi pare che nessuna legge lo vieti.

Detto questo, sono d’accordo con Profumo circa la proposta, nell’ambito della ormai nota Spending Review, di aumentare le tasse agli studenti fuori corso. Sì però, quando si parla di studenti “ritardatari”, non sempre lo sono perché pigri, incapaci o fannulloni. Molti, infatti, sono costretti a lavorare per pagarsi le tasse universitarie e i costosissimi libri di testo. Perché, dunque, punire indiscriminatamente tutti? Un distinguo ci vuole. Ad esempio, la presentazione di adeguata documentazione come si fa per i crediti formativi negli istituti superiori. In questo caso, tuttavia, l’impiego dello studente lavoratore deve essere in regola. Non sempre lo è. Diciamolo chiaro e tondo: spesso i ragazzi lavorano in nero. Sto pensando alle baby sitter (o anche ai dog sitter), alle badanti, a chi lavora magari come cameriere/a in un ristorante nei week-end. Ma il rovescio della medaglia c’è: chiedere una documentazione allo scopo di non vedersi lievitare le tasse perché in ritardo con gli esami significherebbe evitare proprio il lavoro in nero. Ricordo che per i “lavoretti” ad ore sono disponibili i voucher per il lavoro occasionale da acquistare in tabacchino oppure per via telematica.

Tornando al topic, nell’articolo del Corriere che riporta la notizia, si legge che, guarda un po’, chi frequenta le università private si laurea in meno tempo e non abbandona gli studi entro il primo anno. Be’, c’è una bella differenza tra le università pubbliche e quelle private: in queste ultime le tasse possono arrivare anche a 10mila euro all’anno e pare ovvio che un minimo di garanzia ci debba essere. Del resto allo stesso modo funzionano le scuole private, perlopiù ricettacolo di buoni a nulla che alla fine si ritrovano con il diploma in mano ma ignoranti come prima.

C’è chi, comunque, difende le università private: si paga molto ma si è seguiti nel percorso di studi. Quando qualcuno rimane indietro, gli viene affidato un tutor che lo aiuta a superare le difficoltà. Cosa che, per ovvie ragioni, negli atenei statali non accade. Per questo il ministro Profumo ha in mente un percorso alternativo per gli studenti lavoratori che rimangono indietro con gli esami: il regime di part time, la possibilità, dunque, di diluire i tempi senza andare fuori corso. Nello stesso tempo, sarebbe auspicabile seguire gli studenti in difficoltà anche per via telematica. Alla Sapienza di Roma, per esempio, è attiva Telmasapienza, l’unica università telematica pubblica messa su dall’ateneo della capitale per aiutare gli studenti fuori regione. Tuttavia, gli studenti fuori corso sono ben 40mila. Ciò significa che il sistema deve essere migliorato e credo ci possano essere delle buone prospettive in tal senso.

Insomma, tra pubblico e privato io sto sempre con il pubblico. Purché dalle parole si passi ai fatti, aiutando chi ha reali difficoltà e sanzionando, con l’aumento delle tasse, chi se la prende comoda senza un motivo documentato. Fosse per me, stabilirei anche un tempo massimo per ritardare la discussione della tesi: tre anni, dopo di che si perde la validità degli esami già sostenuti.

Tempo fa ho conosciuto un giovane algerino che si è trasferito in Italia per lavorare, interrompendo gli studi di Medicina. Dopo due anni senza sostenere esami ha perso tutto.
Forse dovremmo imparare da quello che, dall’alto della nostra sufficienza, consideriamo “Terzo Mondo”.

[immagine da questo sito]