SCUOLA: IL #GREENPASS DELLA DISCORDIA

Com’è noto, dal primo settembre i docenti – e il personale ATA – potranno recarsi a scuola solo previa esibizione del famigerato #greenpass. Uno strumento legittimo se ne consideriamo l’utilizzo ai fini ricreativi (per recarsi al cinema, teatro, musei…) o commerciali (per poter consumare al chiuso nei bar e ristoranti) ma altamente discriminatorio nel momento in cui il green pass viene richiesto per recarsi sul luogo di lavoro e soltanto a scuola, per giunta. Analoga richiesta, infatti, non riguarda gli impiegati degli enti amministrativi locali, chi lavora in ambito commerciale o ha un impiego in aziende private. Non riguarda nemmeno i parlamentari che si ritrovano a centinaia in un luogo chiuso dove stazionano a volte per ore. Dirò di più: pare che la percentuale degli onorevoli e senatori della Repubblica italiana vaccinati siano circa il 25% del totale.

In Italia, allo stato attuale, l’obbligo vaccinale interessa solo il personale sanitario. Nonostante ciò, c’è ancora una percentuale di medici, infermieri e OOSS non vaccinata e solo di recente (rispetto al decreto che risale ad aprile) si è iniziato a prendere provvedimenti per chi ancora non ha assolto all’obbligo imposto.

A scuola, invece, di fatto nessuno è obbligato a vaccinarsi per poter svolgere le proprie mansioni. Eh sì, perché il #greenpass non impone l’obbligo alla vaccinazione. Infatti, l’alternativa è fare un tampone ogni 3 giorni e, in caso di negatività, chiunque può mettere piede all’interno dell’edificio scolastico per lavorare. Quindi, chi non sottostà alle regole, dopo 5 giorni di assenza – non perché non voglia andare al lavoro ma perché non può – sarà sospeso dal servizio senza stipendio fino a quando non si metterà in regola.

Certo, a rigor di logica tutto parrebbe perfetto. C’è una “legge” (in realtà un decreto, pur essendo in vigore dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, deve essere convertito in Legge dal Parlamento entro 60 giorni), se non la si rispetta l’infrazione deve essere sanzionata. Se io, per esempio, mi reco in un locale al chiuso senza il certificato e nessuno mi controlla, posso essere sanzionata da parte delle Forze dell’Ordine esattamente come il gestore del locale. Posso, tuttavia, scegliere di non “fare la furba” e rinunciare al caffè con le amiche o al pranzo con i parenti.

Però il caso del personale scolastico è diverso: io docente non posso scegliere se recarmi a scuola oppure no, devo presentarmi al lavoro altrimenti vengo sospesa dal servizio ecc. Dunque, io posso pagare la multa una volta perché non ho seguito le regole recandomi al bar o al ristorante sprovvista del #greenpass, però nel momento in cui voglio svolgere il mio lavoro, ciò mi viene impedito fino al momento della regolarizzazione (o mi vaccino oppure faccio un tampone ogni 3 giorni).

Altra questione. Se il “sacrificio” dei docenti è una questione morale e civica, perché il #greenpass non si estende a tutti i lavoratori in ogni ambito? La commessa che sta 8 ore all’interno del supermercato e viene a contatto con centinaia di clienti può non essere vaccina. La stessa cosa vale per il cameriere che serve le consumazioni al bar o lavora al ristorante dove io, come cliente, devo esibire il certificato. Idem per l’operaio che lavora in fabbrica o l’impiegato che si relaziona con il pubblico. Mi si dirà: un docente è a contatto con molti studenti, in un’aula spesso sovraffollata, è responsabile della loro salute, è un obbligo morale quello di vaccinarsi per dare un buon esempio. Teoricamente il ragionamento non fa una piega però…

L’obbligo del #greenpass per il personale della scuola e non per gli studenti è un’assurdità, visto che stiamo parlando di una percentuale minima, circa il 10%, rispetto al totale degli studenti (il 90% rimanente). Verrebbe da pensare che l’obbligo per il personale scolastico sia rivolto ad arginare i contagi non per salvaguardare la salute dei ragazzi ma per evitare ricoveri in TI e in altri reparti ospedalieri, data anche l’età piuttosto elevata del personale docente. Quindi la sicurezza degli studenti non c’entra proprio nulla.

Perché, dunque, per scongiurare la #DAD (questo è il problema… la scuola in presenza a tutti i costi) non si impone anche ai discenti che possono essere vaccinati l’obbligo del #greenpass? E’ vero che i più giovani rischiano di meno se si ammalano di Covid-19, la maggior parte è asintomatica, non ha bisogno di cure e non rischia di occupare le TI e i reparti covid. Ma è anche vero che proprio gli asintomatici sono i più pericolosi a livello di diffusione del contagio. Quindi, sul totale delle persone presenti a scuola, il 10% dei docenti vaccinato (poi sappiamo che la vaccinazione non dà immunità perché ci possono essere positivi anche tra i vaccinati) dovrebbe essere responsabile della salute del 90% di studenti, per la maggior parte non vaccinata? Se parliamo di senso civico, perché non dare una bella lezione agli adolescenti (più che altro alle famiglie) istituendo l’obbligo del #greenpass anche per loro? Certo, in questi giorni c’è un appello rivolto ai più giovani affinché si vaccinino, ma è un appello, nulla di più.

A luglio il generale Figliuolo aveva dichiarato di voler attendere il 20 agosto per fare il quadro della situazione circa la vaccinazione del personale della scuola, facendo appello, nel frattempo, a quella esigua percentuale che non aveva aderito alla campagna di vaccinazione. Pur considerando delle differenze tra le varie regioni e la difficoltà nel reperire i dati dal momento che l’iniziale canale preferenziale è stato poi sostituito dalle fasce d’età, si parlava del 20% circa di persone che non aveva ancora fatto la prima dose del vaccino. Perché mai, dunque, il 6 agosto si è deciso di istituire l’obbligo del green pass per entrare a scuola dal 1. settembre? La famosa immunità di gregge non ha più valore?

La proposta di Figliuolo mi sembrava saggia. Andare con i piedi di piombo, in certe situazioni, è consigliabile. Sì, perché a volte i conti si fanno senza l’oste…

Poniamo che quella piccola percentuale di docenti e ATA ancora non vaccinata alla data del 6 agosto si sia fatta persuadere. Immagino che tutti abbiano almeno tentato di prenotarsi entro breve tempo ma non in tutti i luoghi si riesce a ottenere un appuntamento da un giorno all’altro. A volte si aspettano due-tre settimane, specialmente ora che, con la faccenda del green pass necessario per le vacanze, i centri sono stracolmi. Un docente, dunque, deve essere particolarmente fortunato a ricevere la prima dose entro il 16 agosto per poter ottenere il #greenpass in tempo per la ripresa dell’anno scolastico. Infatti, la certificazione verde si ottiene a partire dal 14° giorno successivo all’inoculazione del vaccino.

Altro paradosso: proprio per sensibilizzare i più giovani che frequentano le scuole (12-17 anni pare essere la fascia meno protetta), in questi giorni si sta proponendo di permettere ai ragazzi di accedere agli hub anche senza prenotazione. Quindi, i docenti che devono vaccinarsi (sempre che non vogliano fare un tampone ogni 3 giorni) devono pregare Dio, la Madonna e tutti i Santi per ottenere un appuntamento in tempo utile. Gli studenti per i quali non vige l’obbligo, acquisiscono tale diritto anche senza prenotazione. Loro che non rischiano una sanzione se non provvisti di #greenpass e che non hanno necessità di recarsi a scuola il 1. settembre.

Non appare strano che in questi giorni si siano levate le proteste non solo da parte dei sindacati (tutti contrari all’introduzione della certificazione) ma anche dei Dirigenti Scolastici. Infatti, qualora non facciano gli opportuni controlli, rispondono in prima persona e possono essere sanzionati con una multa fino a 1000 euro.

Nonostante l’Associazione nazionale presidi abbia fin da subito caldeggiato l’obbligo vaccinale per il personale (attenzione: obbligo non green pass), ora si assiste a una levata di scudi contro il decreto che fa gravare sui singoli istituti l’onere del controllo, più adatto ai funzionari di polizia che ai dirigenti scolastici. Senza contare che mancano i fondi per assumere personale deputato a tale incarico (il DS non esegue in prima persona il controllo ma delega… mi pare ovvio) e la richiesta è di almeno 8000 impiegati di segreteria in più negli istituti di ogni ordine e grado. In compenso, sono stati stanziati 358 milioni di € per coprire con le supplenze i posti “lasciati liberi” dal personale non in regola.

A proposito di supplenti, anche loro potranno prendere servizio solo se in possesso di certificato. Certamente quelli “storici” si saranno premuniti ma i più giovani, magari appena laureati che sperano di poter fare qualche mese di supplenza con la MAD, come faranno? Forse ci hanno già pensato perché frequentatori più assidui di bar e ristoranti, fra brunch e apericena.

Infine, last but not least, tutta questa storia del #greenpass obbligatorio a me pare sinceramente un elemento distrattivo rispetto a quelle che sono le reali esigenze per una scuola in presenza sicura e duratura. Dopo due anni di pandemia, ancora nulla si è fatto per eliminare le classi-pollaio, per aumentare gli spazi e ristrutturare tanti edifici scolastici italiani che si trovano ai limiti della fatiscenza, per aumentare gli organici (le assunzioni straordinarie del personale Covid, comunque insufficienti, sono destinate a coprire solo il periodo fino al 31 dicembre, con la fine presunta dello stato di emergenza), dotare le aule dei sistemi di ventilazione e purificazione dell’aria indispensabili per poter affrontare le stagioni più fredde. Sembra che gel, mascherine (ma solo quando il distanziamento non è possibile…) e finestre aperte per 10 minuti ogni ora siano tutto ciò che basta per avere un ambiente sanificato all’interno degli edifici scolastici. Perché tanto c’è la vaccinazione

Dice bene Mario Rusconi, responsabile dell’Anp per il Lazio: «Il Green Pass deve essere esteso a tutte le persone adulte che frequentano la scuola: genitori, fornitori, esperti, collaboratori.»

Abbiamo tempo fino al 6 ottobre per chiarirci le idee. Nel frattempo il Parlamento dovrà decidere quali correttivi introdurre al decreto prima della conversione in Legge. Ciò non toglie che il primo settembre è dietro l’angolo e sulla ripresa della scuola la confusione regna sovrana. Quest’anno, se possibile, ancora di più.

[fonti: Tecnica della scuola; Repubblica.it; huffingtonpost.it; le immagini presenti sono contrassegnate di libero utilizzo, Licenza Creative Commons]

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Pubblicato il 9 agosto 2021, in Covid-19, didattica a distanza, docenti, famiglia, greenpass, Ministero Istruzione, scuola, studenti con tag , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 2 commenti.

  1. Al di là dei pensieri personali sul vaccino e il green pass, certo è che tutta questa pandemia è stata gestita in maniera folle, assolutamente irrazionale, disorganizzata, a braccio, degna dell’armata Brancaleone!

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