Il troncamento
Il troncamento è la caduta di una vocale o di una sillaba in una parola che termina con –lo, –le, –mo, –me, –no, –ne, –ro, –re (la consonante può anche essere doppia); la parola troncata deve sempre finire in consonante.
Se la parola è un nome o un articolo deve essere sempre al singolare maschile, se è un verbo a una persona plurale: ad esempio, sapor(e), caval(lo), un(o) uomo, andiam(o), venner(o).
Alcuni troncamenti sono convenzionalmente obbligatori:
uno e i suoi composti alcuno, nessuno, ciascuno davanti sia a vocale sia a consonante (un albero, nessun elemento, alcun giudice)
buono davanti sia a consonante sia a vocale (buon amico, buon ragazzo)
bello, quello davanti a consonante (bel discorso, quel bambino)
santo davanti a nome proprio che inizia con consonante che non sia “s” seguita da un’altra consonante: ad esempio, san Francesco, san Luigi (ma santo Stefano)
signore, professore, ingegnere, dottore, cavaliere, commendatore, suora davanti a un nome proprio o a un cognome: ad esempio, signor Bianchi, professor Rossi, suor Vincenza
Di solito, ma non obbligatoriamente, si opera il troncamento con:
tale e quale davanti a vocale e consonante, come tal esperto, qual novità, qual è (assolutamente vietato scrivere “qual è” con l’apostrofo, proprio perché si tratta di un troncamento e non di un’elisione)
grande davanti a consonante (gran baccano)
alcune locuzioni come, ad esempio, mal di testa, ben fatto, amor proprio, alla fin fine
Non si fa mai il troncamento:
davanti a parole che cominciano per z, ps, gn, s + consonante (“s” impura): uno zaino, uno psicologo, uno gnocco, uno stampo
con gli aggettivi femminili che terminano in “a” come bella signora; ma scriveremo gentil signora
con le parole tronche (segnalate dall’accento grafico sull’ultima sillaba)
ATTENZIONE: una forma particolare di troncamento è l’APOCOPE, cioè la caduta di una vocale o di una sillaba finale indipendentemente dalla parola che la segue. Si usa:
con la seconda persona singolare dell’imperativo nei verbi dire, fare, dare, stare, andare: di’, fa’, va’, sta’ (da non confondere con il presente indicativo del verbo stare, terza persona singolare, che va scritto “sta” senza l’accento)
con gli avverbi poco, modo: ne vuoi un po’ (assolutamente vietato usare l’accento!), a mo’ di esempio
[fonte: L. PERESSINI, Il nuovo laboratorio di grammatica, Marietti Scuola]
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