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COME REAGISCONO I GENITORI DI FRONTE ALLA BOCCIATURA DEL FIGLIO?


Una domanda banale, se volete. Basterebbe una risposta: “Male” e io avrei finito di scrivere il post.

Ma la questione è molto più complessa perché le reazioni sono varie e cambiano a seconda del sentimento che fa da propulsore: rabbia, dolore, frustrazione, sconforto, desolazione, vergogna, sensazione di impotenza o di fallimento, incapacità di accettare un torto o, per meglio dire, quello che si ritiene tale. Potrei continuare ma tutti i sentimenti che animano i genitori, almeno nell’immediatezza della notizia della bocciatura di un figlio, portano a uno stato d’animo che si può sintetizzare così: impossibilità di considerare ottimisticamente ciò che accadrà in futuro. Il “prima”, con tutto il bagaglio di responsabilità anche personali, scompare di botto per lasciare il campo libero a un “dopo” che non sembra presagire nulla di buono. Come quando si percepisce una catastrofe imminente.

Non c’è nulla di catastrofico nel perdere un anno di scuola. Lo so, è difficile crederlo, ma è così. So già che qualcuno obietterà: “Brava, tu stai dall’altra parte…”. Certo, ma sto dall’altra parte da talmente tanti anni che un’idea su questo spinoso argomento me la sono fatta e cerco solo di trasmettere un messaggio positivo a quei genitori che ora soffrono, ne sono consapevole, ma che sbagliano quando pensano che un anno di scuola buttato al vento possa essere motivo di una frustrazione così grande. E sbagliano, certi genitori, a lasciare quasi del tutto esclusi i figli che si trovano ad essere “vittime di questa sciagura”, che dovrebbero stare al centro della loro attenzione e, invece, spesso vengono messi in un angolino in attesa che mamma e papà “elaborino il lutto”. Come se il dolore fosse tutto loro e dovesse trovare sfogo prendendosela, ad esempio, con la scuola, i docenti, il sistema che non funziona.

Sono finiti i tempi in cui l’ex ministro Mariastella Gelmini, con estrema soddisfazione, inneggiava alla scuola che boccia:

«Siamo tornati ad una scuola che non promuove tutti. E che distingue tra persone che studiano e persone che non studiano. Tra persone che si comportano bene e persone che non si comportano bene. Una scuola che promuove tutti non è una scuola che fa il bene del ragazzo.» (LINK)

Correva l’anno 2009 e i dati degli scrutini finali avevano registrato un aumento consistente delle non ammissioni all’Esame di Stato di II grado, delle bocciature in generale e anche delle bocciature dopo l’esame (3000 studenti in più rispetto all’anno precedente).

Confesso che allora mi trovavo completamente d’accordo con la Gelmini. Tanto da non tollerare la lezioncina che, da tutt’altro genere di pulpito, arrivava dal professor Umberto Veronesi (che si riferiva, però, solo alla bocciatura degli studenti prossimi alla maturità):

«Io sono convinto che il fallimento, o la «sconfitta finale», se vogliamo, non sia dei ragazzi bocciati, ma della scuola, intesa come sistema formativo ed educativo nel suo insieme.» (LINK)

Quella di Veronesi fu una conclusione molto riduttiva, tipica di chi non passa nove mesi in un’aula scolastica.

Più condivisibili mi apparvero allora le parole di Marco Rossi Doria che aveva preso parte alla diatriba, pur concentrandosi sull’aspetto educativo in relazione ai comportamenti errati degli studenti, e che con le aule scolastiche ha una certa dimestichezza:

«La scuola riprenda pure a bocciare ma fornisca anche maggiori possibilità a ciascuno. E la politica la smetta di sottovalutare la fatica e la complessità del compito che la scuola si assume ogni giorno e di lesinare denaro. Perché a imparare si impara ovunque. Ma non c’è un altro posto dove si può dar senso a quel che si apprende, dove le generazioni convivono fuori della famiglia e dove genitori e insegnanti possono mettersi intorno a un tavolo e ricostruire, insieme, le funzioni educative.» (LINK)

Perché tra le due posizioni appare più sensata quella di Rossi Doria? Proprio per il fatto che mette in primo piano i rapporti scuola-famiglia, la condivisione delle responsabilità. Ogni professore che si vede costretto a bocciare un allievo, se ha un minimo di coscienza ed è consapevole del lavoro svolto, condivide con i genitori di quell’allievo lo stesso senso di frustrazione, di impotenza, di fallimento. Insomma, bocciare non piace a nessuno (o quasi… non metto in dubbio che ci siano ancora dei docenti sadici) ed è fondamentale che una bocciatura, come male estremo proprio per il bene dello studente/figlio, non veda contrapposti su differenti schieramenti la scuola e la famiglia, l’un contro l’altro armati.

Sono cambiati i tempi, dicevo. Le statistiche dimostrano che si boccia sempre meno. Lo si fa in casi estremi, quando le lacune in più discipline sono tali da compromettere il proseguimento degli studi. In questi casi perdere un anno non è un male ma un bene, a patto che la decisione dei docenti venga rispettata e condivisa dalle famiglie.

Quale può essere, dunque, la soluzione? Cercare di superare assieme il momento difficile, senza il palleggiamento di responsabilità cui a volte si assiste in questi casi.

Senza contare che certe reazioni non giovano a nessuno. Usare violenza, come le cronache di questi giorni riportano, oltre a non essere la soluzione rappresenta un messaggio negativo nei confronti dei ragazzi stessi. L’educazione e il rispetto che insegniamo a scuola sono del tutto vanificati da comportamenti irrazionali che, se negli intenti dovrebbero servire a difendere i figli da soprusi o torti (sempre presunti, ovviamente), danneggiano oltremodo l’azione educativa della scuola e ne denotano l’assenza in famiglia. Quale idea di giustizia si offre ai ragazzi nel momento in cui si cerca di risolvere il contenzioso a suon di botte?

Nemmeno reazioni apparentemente più pacifiche, come per esempio un ricorso alle vie legali, può essere una soluzione. Servirebbe solo a dare ai ragazzi l’illusione di poter essere difesi sempre, a prescindere dalle responsabilità personali. Ma nella vita sappiamo bene che le cose stanno diversamente.

Una bocciatura non è mai inaspettata, non è un fulmine a ciel sereno. Specialmente ora, grazie al registro elettronico, le famiglie sono puntualmente informate sul profitto dei figli, le comunicazioni arrivano in tempo reale, mettendo in primo piano sia le difficoltà sia gli strumenti che la scuola offre per superarle. Purtroppo gli insegnanti non sono dotati di bacchetta magica in grado di convertire i 4 o 5 in 6 e nemmeno i giudici hanno questo potere. Tutt’al più vanno a caccia di qualche vizio di forma e, nel caso in cui sfortunatamente lo trovino, ciò non cambia la sostanza.

Nemmeno far credere ai giovani che la forma abbia più valore della sostanza sembra una soluzione. Certamente non è una buona lezione di vita.

[immagine tratta da questo sito]

LA BOCCIATURA NON È UNA PUNIZIONE, È MOLTO DI PIÙ. PAROLA DI MAMMA


Mi ha colpito molto la lettera che una mamma ha scritto per ringraziare gli insegnanti del figlio 17enne, al penultimo anno del liceo, per la bocciatura inflitta al giovane che, secondo questa madre onesta e obiettiva, non ha studiato, non si è impegnato e nonostante i tentativi dei docenti, non ha voluto produrre neanche la minima sufficienza.

Nella lettera (non ho trovato la fonte ma è stata pubblicata sul sito oggiscuola.com) la signora non solo si schiera apertamente dalla parte dei docenti tanto da dire di voler stringere la mano a chi l’ha bocciato, ma si scaglia anche contro le altre madri, soprattutto quelle che su Whatsapp scrivono che quell’insegnate è cattiva, l’altra dispettosa, un altro crudele, senza considerare quanta fatica facciano ogni giorno i docenti che hanno a che fare con una banda di scalmanati come sono i nostri figli. È talmente onesta questa signora da ammettere di aver difficoltà a gestire un solo ragazzo e quindi non si sente di condannare nessuno per la bocciatura di Antonio, ritenendolo unico responsabile.

La parte della lettera che mi ha colpita maggiormente è quella in cui la mamma di Antonio scrive:

Io non sono un avvocato, un ingegnere come tante delle mamme degli amici di Antonio, sono un’umile casalinga e non mi interessa cosa faccia la professoressa di italiano in casa sua, m’importa che badi a mio figlio e si occupi della sua istruzione. Antonio è giovane, è brillante, gli bastano 10 minuti per imparare un’intera pagina e nonostante ciò per un intero anno ho dovuto lottare affinché si mettesse con la testa sui libri e ho trovato delle amiche nel mio percorso: le insegnanti di mio figlio che mi hanno aiutata a comprendere la verità e cioè che la scuola è un’esperienza bellissima ma costa fatica.

Tutto ciò che questa donna scrive è ampiamente condivisibile da chi svolge questa professione bellissima ma faticosa, esattamente come la scuola deve essere per gli studenti. Le parole della mamma di Antonio, che definisce la bocciatura non una punizione ma un’esperienza che serve a capire che nella vita tutto si paga a caro prezzo e che la fatica è fondamentale per conseguire i risultati, sono la testimonianza più bella di quella collaborazione scuola-famiglia che non deve essere intesa come asettico enunciato che compare sul modulo da firmare (il cosiddetto patto di corresponsabilità) ma come strategia comune e condivisa perché la scuola sia davvero bellissima per gli alunni, seppur faticosa.

Più volte mi sono occupata di questi argomenti, della bocciatura e del fatto che la scuola debba essere anche palestra di vita. Fa piacere che chi sta dall’altra parte, sebbene parte lesa, sia d’accordo con me.

Per concludere, non posso che fare un amaro confronto con quest’altra madre, incapace di guardare in faccia la realtà e di aiutare il figlio. Sono passati tanti anni, non conosco il “seguito della vicenda” ma spero che Mario abbia trovato la giusta strada da percorrere nella vita.

HAI FATTO TROPPE ASSENZE? RISCHI LA BOCCIATURA

L’anno scolastico è ormai agli sgoccioli e gli studenti iniziano a temere, specialmente quelli che frequentano la scuola superiore, di non essere promossi. Ma al di là del profitto, c’è un’altra cosa da tener presente: il numero di assenze collezionate durante l’anno. Superare, infatti, il 25% di ore rispetto al curricolo totale può costare caro perché si rischia di non essere ammessi allo scrutinio finale. Vediamo meglio, punto per punto, cosa dice la Legge.

1. Non contano i giorni di assenza ma le ORE. Infatti, il Decreto del Presidente della Repubblica del 22 giugno 2009 n. 122, all’articolo 14, comma 7, stabilisce che «ai fini della validità degli anni scolastici – compreso l’ultimo anno di corso – per procedere alla valutazione finale di ciascuno studente, è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato.» Ma cosa s’intende per orario annuale personalizzato?
Come il MIUR ha specificato nella Circolare n.20 del 4 marzo 2011 (Prot. n. 1483) bisogna tener presente il monte ore annuale delle lezioni, che consiste nell’orario complessivo di tutte le discipline e non nella quota oraria annuale di ciascuna disciplina. Nella stessa circolare citata si specifica quanto segue: «Le istituzioni scolastiche, in base all’ordinamento scolastico di appartenenza, vorranno definire preliminarmente il monte ore annuo di riferimento per ogni anno di corso, quale base di calcolo per la determinazione dei tre quarti di presenza richiesti dal Regolamento per la validità dell’anno, assumendo come orario di riferimento quello curricolare e obbligatorio.»

Quanto alla personalizzazione, si fa riferimento all’art. 11 del decreto legislativo n. 59/2004 e i richiamati articoli 2 e 14 del Regolamento che parlano espressamente di “orario annuale personalizzato”. «A riguardo è opportuno precisare che – si legge sempre nella suddetta circolare – tali riferimenti devono essere interpretati per la scuola secondaria di primo grado alla luce del nuovo assetto ordinamentale definito dal d.P.R. 20 marzo 2009 n. 89 (in particolare dall’art. 5) e, per la scuola secondaria di secondo grado, in relazione alla specificità dei piani di studio propri di ciascuno dei percorsi del nuovo o vecchio ordinamento presenti presso le istituzioni scolastiche.
L’intera questione della personalizzazione va, comunque, inquadrata per tutta la scuola secondaria nella cornice normativa del d.P.R. 275/99 e, in particolare, degli artt. 8 e 9 del predetto regolamento. Pertanto devono essere considerate, a tutti gli effetti, come rientranti nel monte ore annuale del curricolo di ciascun allievo tutte le attività oggetto di formale valutazione intermedia e finale da parte del consiglio di classe.»

2. MONTE ORE ANNUO. Va da sé che nel computo delle ore di assenza che, ripeto, non possono superare il 25% del monte ore annuo, vanno contemplate non solo le giornate di assenza ma anche le ore perse nel caso di entrate posticipate o uscite anticipate.
Il monte ore varia, ovviamente, a seconda dell’ordine e grado di scuola. Di seguito vengono date delle indicazioni di massima.

Scuola primaria (ex scuola elementare): vi possono essere classi funzionanti per 24 ore settimanali e classi con orario a 27 ore. In base alle disponibilità di organico di docenti, possono funzionare anche classi a 30 ore settimanali. Nel caso del tempo pieno, l’orario settimanale è di 40 ore ed è comprensivo della mensa scolastica. Per ottenere il monte ore annuo bisogna moltiplicare per 33, cioè il numero di settimane previsto di norma (ma a seconda delle scuole può essere anche più ampio).

Scuola secondaria di primo grado (ex scuola media): l’orario normale di lezione è di 30 ore settimanali ma può essere esteso da 36 fino a 40 ore per le classi a tempo prolungato. Anche in questo caso di norma si moltiplica l’orario settimanale per 33 e si ottiene il monte ore annuo.

Scuola secondaria di secondo grado (ex scuola superiore): in questo caso, vista la complessità dell’istruzione secondaria di secondo grado che si articola in istruzione professionale, tecnica e liceale, si veda il piano dettagliato a questo LINK.
Mi limito a riportare il monte ore annuo per i licei:

Per il liceo classico, il totale annuale è di 891 ore al biennio e di 1023 al triennio
Per il liceo scientifico, il totale annuale è di 891 ore al biennio e di 990 al triennio
Per il liceo linguistico, il totale annuale è di 891 ore al biennio e di 990 al triennio
Per il liceo artistico, il totale annuale è di 1122 ore e di 1155 al triennio
Per il liceo musicale e coreutico, il totale annuale è di 1056 ore
Per il liceo di scienze umane, il totale annuale è di 891 ore al biennio e di 990 al triennio

3. DEROGHE. Sono previste per casi eccezionali e vengono regolamentate dalle indicazioni date dal MIUR sempre nella circolare succitata in cui si legge: «È compito del consiglio di classe verificare, nel rispetto dei criteri definiti dal collegio dei docenti e delle indicazioni della presente nota, se il singolo allievo abbia superato il limite massimo consentito di assenze e se tali assenze, pur rientrando nelle deroghe previste dal collegio dei docenti, impediscano, comunque, di procedere alla fase valutativa, considerata la non sufficiente permanenza del rapporto educativo.»

In sintesi, indicativamente sono previste deroghe nei seguenti casi:

 gravi motivi di salute adeguatamente documentati;
 terapie e/o cure programmate;
 donazioni di sangue;
 partecipazione ad attività sportive e agonistiche organizzate da federazioni
riconosciute dal C.O.N.I.;
 adesione a confessioni religiose per le quali esistono specifiche intese che
considerano il sabato come giorno di riposo (cfr. Legge n. 516/1988 che recepisce
l’intesa con la Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno; Legge n. 101/1989
sulla regolazione dei rapporti tra lo Stato e l’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane, sulla base dell’intesa stipulata il 27 febbraio 1987).
 calamità o disastri naturali che coinvolgono determinate zone del territorio italiano (in tal caso sarà proprio il Miur a spostare il limite massimo di assenza consentite). Nell’anno scolastico 2016/2017, in seguito alle scosse di terremoto che hanno colpito il Centro Italia e alla successiva ondata di maltempo, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto che stabilisce che: “Nelle scuole dei comuni colpiti dal sisma l’anno scolastico sarà valido anche con meno di 200 giorni di attività didattiche effettivamente svolte.” Secondo quanto si legge in un comunicato diffuso dal Ministero, inoltre, nella norma: “si prevede una deroga anche per i giorni di frequenza minima richiesti alle studentesse e agli studenti per poter essere ammessi agli scrutini finali.” (LINK)

Per quanto riguarda le assenze per malattia, il consiglio di classe ha facoltà di aumentare eccezionalmente il limite del 25% per alcuni studenti. Sono due le condizioni da rispettare per ottenere la deroga:

1. Avere delle comprovate e documentate motivazioni per le assenze
2. Possedere un numero di valutazioni sufficiente a poter accedere allo scrutinio

Per quanto concerne le assenze dovute alla partecipazione ad attività agonistiche, nella circolare si rimanda alla nota 2056/11 in cui è chiarito che tra le deroghe consentite alle singole istituzioni scolastiche vanno considerate anche quelle degli studenti che svolgono sport a livello agonistico sempre che sussistano i presupposti per poter valutare gli apprendimenti conseguiti in tutte le discipline di studio. Anche in questo caso, è indispensabile produrre la relativa documentazione e possedere comunque un numero di valutazioni sufficiente a poter portare a compimento l’anno.

[immagine da questo sito]

LA BOCCIATURA NON PIACE? BASTA RIFARE LO SCRUTINIO

scrutinioLa notizia ha creato in me molto sconcerto. Il fatto è accaduto all’ITIS Feltrinelli di Milano dove quattro studenti, risultati non ammessi alla classe successiva sul tabellone esposto lunedì, magicamente in due giorni sono stati salvati – per il momento il giudizio è sospeso– e al posto della bocciatura hanno rimediato qualche debito da saldare entro fine estate.

Cos’è successo, in pratica? Due professori, di italiano e matematica, non hanno considerato la media matematica dei voti, suscitando le proteste degli studenti che hanno indotto la dirigente ad annullare quello scrutinio, rivalutando subito la classe. Ma non è tutto: nella stessa classe, una terza liceo scientifico, un “rimandato” è stato promosso e altri due studenti si sono ritrovati con il debito in una materia e non due come era stato deciso.

La cosa, a mio parere, più sconcertante è la giustificazione addotta dalla dirigente, Annamaria Indinimeo, per il doppio scrutinio: «Possibile e doveroso rimediare quando c’è un errore. I ragazzi hanno segnalato che non c’era corrispondenza con i voti sul registro elettronico e avevano ragione. Perché avrei dovuto aspettare il ricorso? Il Tar mi avrebbe chiesto di ripetere lo scrutinio, l’ho fatto direttamente».

Questo è uno dei risvolti negativi dell’adozione del registro elettronico, dirà qualcuno. In realtà le cose stanno diversamente. Cercherò di spiegarlo in modo semplice, anche per i non addetti ai lavori.

Il registro elettronico segnala la media matematica, senza tenere nel debito conto tutti quei fattori – partecipazione alle lezioni, interesse dimostrato nei confronti della materia, impegno nello studio, esecuzione delle attività domestiche, partecipazione alle attività di recupero organizzate dalla scuola… – che concorrono alla valutazione sommativa. Quest’ultima, infatti, non consiste nella mera media matematica ma deve tener conto dell’intero percorso. Certamente l’ago della bilancia penderà più da una parte o dall’altra nei casi di arrotondamento per eccesso o per difetto.

In questo caso, però, pare che i voti siano drasticamente scesi, forse di un punto intero. Infatti, come spiega la dirigente, «la proposta di voto dei due professori era discordante dalla media matematica perché gli insegnanti hanno riconosciuto un peso diverso ai singoli voti orali e scritti. I criteri della valutazione non erano stati comunicati alla classe quindi ai ragazzi i conti non tornavano».

Ecco, quindi, che l’errore non è del registro elettronico ma dell’uomo, in questo caso dei due professori.

La trasparenza è un dovere cui non ci si può sottrarre. Ecco quello che è stato deciso nel liceo in cui insegno: nella programmazione annuale ciascun docente scrive in modo chiaro che non sarà la media matematica a determinare il voto finale bensì quella ponderata che tiene conto, appunto, del diverso peso che possono avere differenti tipi di verifica.

Personalmente adotto un’altra strategia: nella valutazione di ogni singola prova fisso dei livelli di sufficienza differenti dal classico 60%, avvertendo preventivamente gli allievi. In questo modo ogni prova ha il giusto peso e la media è veritiera. L’aggiustamento della media finale, dunque, dipenderà dal merito – o demerito – di ogni studente.

A questo punto credo che la dirigente abbia avuto la coda di paglia: se è successo questo significa che non era presente al primo scrutinio oppure non aveva di fronte i voti della classe. Posso assicurare che la mia dirigente ha presenziato a tutti gli scrutini con davanti il registro elettronico e tutte le valutazioni del quadrimestre, materia per materia. Tutto ciò forse non salva da un ricorso al TAR ma offre ottime possibilità che i voti non vengano contestati. Almeno spero.

[fonte: Corriere.it; immagine da questo sito]

TUO FIGLIO E’ STATO BOCCIATO? NIENTE DRAMMI

scrutiniAttuale, ahimè, il tema che ho scelto per l’ultimo post pubblicato sul blog del Corriere.it “Scuola di Vita”. Cosa fare – e non fare – quando un figlio viene bocciato? Prima regola: niente drammi.
Come sempre riporto in parte l’articolo e vi invito a leggerlo interamente sul sito del Corriere.it.

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Nel percorso scolastico di molti ragazzi si è costretti a superare lo scoglio di una bocciatura. Senso di impotenza, fallimento, ingiustizia, frustrazione, vergogna sono alcuni dei sentimenti che spesso nascono da una situazione che di per sé non è tragica e deve, invece, portare ragazzi e famiglie ad una riflessione: che cosa non ha funzionato?

La risposta più gettonata è: si è trattato di un’ingiustizia. L’atteggiamento vittimistico, che molte volte caratterizza maggiormente i genitori che non gli studenti stessi, è certamente il più conveniente. Addossare agli altri delle responsabilità significa, in fondo, assolversi da qualsiasi colpa. Ma è davvero il modo migliore per affrontare un piccolo incidente di percorso?

Una volta, per segnalare la necessità di ripetere l’anno si usava il verbo “bocciare”. Si tratta di un verbo preso in prestito dal gioco delle bocce nel quale ogni giocatore si prefigge di raggiungere un solo scopo, per accaparrarsi il punto: urtare una boccia con la propria allontanandola dal boccino. Ecco che la parola diventa sinonimo di “respingere”, tant’è che il “bocciato” veniva generalmente definito “respinto”, allontanato dall’obiettivo principale di ogni studente: quello di superare l’anno scolastico.

Oggi, nel linguaggio scolastico comune, si utilizza la formula “non ammesso alla classe successiva”. Una perifrasi elegante – lo sarà, poi? – per evitare un termine tanto orribile come “bocciato”. Ma in fondo non cambia la sostanza: se nel percorso di studi ci si allontana dal’obiettivo, inevitabilmente non si può proseguire la “partita”.

Considerando che le bocciature nella scuola primaria e secondaria di primo grado sono davvero rare e devono essere concordate con le famiglie, focalizziamo la nostra attenzione sulla scuola superiore. Da qualche anno anche il biennio degli istituti secondari di secondo grado rientra nella scuola dell’obbligo. A questo punto qualcuno si chiederà: se negli otto anni precedenti le bocciature sono rare, trattandosi di scuola dell’obbligo, perché nei primi due anni delle superiori i docenti tendono a bocciare con estrema facilità? Il punto è che le parole hanno un peso e solo una corretta connotazione ne completa il significato: scuola dell’obbligo, infatti, non significa “obbligo” da parte degli insegnanti di promuovere tutti. A maggior ragione se si tratta di ragazzi non più fanciulli, che dovrebbero essere in grado di scegliere una scuola che risponda alle proprie inclinazioni e che sia alla loro portata, considerati gli esiti del percorso scolastico precedente.

Le scuole superiori non sono tutte uguali. E’ vero che l’obbligatorietà del biennio stona con la variegata offerta formativa delle scuole di diverso tipo: si parte dal basso, dagli istituti professionali, passando per i tecnici e arrivando in alto, ai licei. Un biennio obbligatorio, a mio parere, dovrebbe essere unico. Con la possibilità di scegliere come materie elettive alcune discipline che meglio si conciliano con il percorso successivo. Ma questo è un altro discorso.

L’abbandono scolastico, specialmente in seguito ad una o più bocciature, è un “male” tutto italiano e interessa perlopiù proprio i primi anni della scuola superiore. Se nella maggior parte dei casi la colpa del fallimento viene attribuita all’istituzione scolastica, è anche vero che spesso, terminata la scuola media, gli alunni non sono in grado di fare la scelta giusta oppure sono talmente condizionati dalle famiglie che nutrono particolari ambizioni sui figli, senza tener conto delle reali competenze acquisite, da orientarsi verso i licei – le statistiche rilevano che uno studente su due sceglie proprio questo tipo di scuola superiore -, senza tenere nel debito conto l’impegno che un corso di studi liceale comporta e i prerequisiti che richiede per garantire il successo formativo.

Secondo la mia esperienza di docente al liceo, posso assicurare che la maggior parte delle volte la “bocciatura” è determinata da un mix micidiale: scelta errata – molte volte forzata- della scuola, elevate aspettative delle famiglie e ansia da prestazione provata dagli studenti che si sentono oppressi tra docenti che chiedono molto impegno e genitori che si aspettano troppo.

Di fronte alla “non ammissione alla classe successiva” bisognerebbe fare una riflessione seria, senza addossare ad altri la colpa del fallimento – i docenti perfidi o i genitori troppo autoritari che impongono le scelte – anzi, cercando di capire ciò che non ha funzionato e chiedersi se ci sia un’altra strada percorribile. A volte, una scuola meno impegnativa del liceo, per fare un esempio vicino alla mia esperienza, risulta molto più gratificante ed apre la strada al successo scolastico che si credeva irraggiungibile.

E a mamma e papà cosa conviene fare? Per prima cosa, niente drammi. Parlare serenamente con il proprio figlio (o figlia, anche se è vero che le ragazze sono più in gamba dei maschietti!) sul suo futuro, cercare, se è il caso, una strada alternativa oppure ragionare sugli errori commessi in modo da non incorrervi in futuro. Evitare, nel modo più assoluto, di cercare lo scontro con i docenti ritenuti responsabili della bocciatura.

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[immagine dal sito linkato; logo blog “Scuola di Vita” © Corriere.it]

LETTERA AD UNA STUDENTESSA DAVVERO MATURA

Pubblico questa lettera, con l’autorizzazione dell’interessata, perché ritengo che la storia di questa studentessa sia esemplare, nel senso che può dare speranza a chi si ritiene sconfitto, a chi pensa, di fronte agli ostacoli che inevitabilmente lo studio comporta, “non ce la farò mai”. Lei ce l’ha fatta e io ne sono orgogliosa. Un po’ perché penso di aver contribuito, anche se in piccola parte, ad un successo che solo due estati fa era quasi insperato, un po’ perché questa storia è la dimostrazione che il successo negli studi è determinato da molti fattori – famiglia, compagni, insegnanti ma soprattutto la determinazione nel voler raggiungere l’obiettivo finale – e che il “fallimento” (o anche più “fallimenti” come il cambio di scuola, la bocciatura, il cambio di classe) è solo un nuovo inizio, mai deve costituire la fine.

Nonostante gli esami di stato siano quasi un ricordo lontano nella mente dei tanti giovani che quest’anno hanno ottenuto il diploma, ho voluto scrivere a questa ragazza e farle i miei complimenti per un esito che ho definito “di tutto rispetto”. Un voto, al di là della sua quantificazione, è solo un voto, un numero dietro il quale si nasconde tutto ciò che è veramente importante per ognuno.
Un’altra allieva, all’indomani dell’esame, mi ha scritto: “Nessuno alla fine guarderà con quanto sono uscita ma l’immagine di mio padre pieno di orgoglio che si commuove vale ancora di più.”. Io credo che questa immagine accomuni moltissimi genitori, mamme e papà, anche quelli di Vittoria. Non è il suo vero nome ma la chiamerò così perché lei ha vinto.

Cara Vittoria,

alla fine ce l’hai fatta! Puoi stringere tra le mani il tuo diploma guadagnato con i sacrifici e il sudore della fronte di chi non si risparmia e, dopo una sconfitta, affila le armi e combatte con più forza di prima. Conquistato con un voto di tutto rispetto, sempre che il voto abbia un valore intrinseco e non solo quello che deriva dalla soddisfazione personale di aver fatto un buon lavoro, nonostante tutto.

Quel “tutto” è successo solo due anni fa. Credo che in queste settimane ti sia tornata in mente più di una volta l’estate di due anni fa. Io non ti conoscevo ancora, non sapevo nulla di te nemmeno quando ti sei affacciata per prima volta alla porta dell’aula che ti era stata assegnata. Un altro cambiamento, doloroso, che dovevi affrontare. Immagino il senso di impotenza che ti assaliva in mezzo a tante facce sconosciute, in un altro salto, l’ennesimo, verso l’ignoto. Cosa mai ti avrebbe riservato il futuro?

Hai fatto la scelta giusta. Non so che cosa ti abbia spinto a cambiare liceo; il classico, a mio parere, era la scuola giusta per te. Ma nel momento in cui hai optato per lo scientifico e ne sei uscita con onore, posso solo pensare che la tua forza d’animo, la tua voglia di dimostrare, non solo agli altri, a quelli che non avevano creduto in te, ma soprattutto a te stessa, che ce la potevi fare, ti ha sorretta e accompagnata in un cammino difficile che ti ha portato a vincere la scommessa.

Sei stata fortunata, in un certo senso. Ti abbiamo accolta nel migliore dei modi. Che i tuoi compagni fossero particolarmente accoglienti l’avevamo capito, noi docenti, anche in altre occasioni, soprattutto in terza. E sei stata fortunata anche per quanto riguarda gli insegnanti, di cui immagino ti fidassi poco, viste le esperienze passate. Sai, per alcuni di noi – non troppi, in verità – i bocciati sono un’inutile zavorra, gente da cui ci si può aspettare ben poco. Io credo, invece, che dietro ad una bocciatura (a volte anche più d’una) ci sia soprattutto una storia, un vissuto da decifrare, nelle sue mille sfaccettature. Senza aiuti, però. Sarebbe troppo facile chiedere in giro, ai vecchi prof, magari imbattendosi in quelli con il dente avvelenato, quelli che non ti perdonano mai nulla, che non cercano di capirti ma sono solo bravi a giudicare. E come si può giudicare un allievo o un’allieva bocciati? Male, naturalmente. È la cosa più comoda da fare per non mettersi in discussione. Il fallimento non è mai dei professori, il fallimento è solo ed esclusivamente colpa dei ragazzi che non studiano, che non si impegnano, che non sono capaci, che non capiscono nulla, che non sono adatti per questa scuola …. Bla bla bla. Chiacchiere, stereotipate, preconfezionate ma solo chiacchiere.

Ognuno di voi ha una storia, dicevo. Tu ne avevi una a me ignota che non volevo conoscere, di cui volevo rendermi conto da sola, piano piano, magari facendomela raccontare un po’ da te. E l’occasione, se ricordi, è stata il primo tema di italiano. Quasi due anni fa eppure mi sembra un secolo. Certe volte il tempo vola, altre sembra non passi mai. Forse dipende da ciò che chiediamo al tempo. Nel caso in questione, al tempo io ho chiesto di darti gli strumenti utili a risollevarti, di darmi dei segnali che avrebbero potuto aiutarmi a capirti. E quel giorno, quello della restituzione del primo tema, il tempo mi ha dato molto, forse più di quanto avessi sperato o avrei mai osato chiedergli.

Ricordo ancora, come fosse ieri, quei momenti, mentre ti spiegavo che avevi fatto un tema discreto, ti sottolineavo gli errori e ti guardavo in cerca di un assenso, ma non capivo perché mi guardassi con gli occhi tristi coperti da quel velo lucido, preludio alle lacrime. Allora ti ho chiesto se fossi delusa da quel voto, un 6/7. Mi hai risposto che non eri delusa da quel voto ma che avevi preso coscienza che il quattro in italiano con cui eri stata bocciata forse non te lo meritassi. Poi sei scoppiata a piangere e ho voluto allontanarmi dalla classe con te per cercare di consolarti ma soprattutto di capire che cosa fosse successo in realtà l’anno precedente.
Nei tuoi occhi leggevo non solo il dolore che quella bocciatura ti aveva procurato, ma anche la rabbia di chi pensa di non essersela meritata. Anche in questo caso, la reazione di qualche docente sarebbe stata quella di dire, con tono ironico, “Voi non avete mai colpe, la responsabilità è tutta nostra”. Non lo pensai né lo dissi. Cercai solo di consolarti, dicendoti che dovevi considerare la bocciatura, e tutto ciò che l’aveva causata, come un capitolo chiuso e che dovevi apprezzare il fatto di aver meritato il 6/7 nel compito. Ma tu eri arrabbiata, molto arrabbiata.

Mi capita spesso, per me è inevitabile mettermi in discussione. Ti chiesi, allora, se ti sembrasse che io avessi esagerato con la valutazione. Altri potrebbero pensare che sia una domanda ingenua, tanto chi mai ti andrebbe a dire che hai esagerato? Ma io sapevo che mi potevo fidare di te e sapevo di poter contare sulla tua onestà. La tua risposta è stata negativa, ma non ti risparmiasti l’esplosione di quella rabbia che avevi represso a lungo, ormai rassegnata di fronte agli eventi. Mi dicesti qualcosa del tipo: “Se sono qua (in quarta) è anche colpa della mia ex insegnante; se non mi metteva quattro, forse me la sarei cavata con qualche debito”. Ho commentato dicendo solo che il 6/7 ti sarebbe servito per iniziare un cammino diverso, fatto di soddisfazioni, e che doveva far passare in secondo piano l’esperienza passata per ricominciare con nuovi presupposti.
E avevo ragione: prima di tutto perché da un quattro, se meritato, non si passa all’otto, al limite si può aspirare a qualcosina di più della sufficienza; e poi perché difficilmente si può raggiungere il massimo nel tema di maturità. Tu l’hai fatto e quel 15/15, secondo me, non ha costituito solo una grande soddisfazione ma anche la rivincita più grande. Una soddisfazione immensa anche per me, considerando che la tua prova è stata valutata da un commissario esterno.

Il tuo cammino è proseguito sempre in salita. Non solo in Italiano, in tutte le materie. Ti osservavo e mi rendevo conto che la tua apparente fragilità, quell’insicurezza che a volte traspariva specie di fronte a qualche voto che non ti convinceva appieno, pian piano se ne stava andando. Settimana dopo settimana, mese dopo mese diventavi più forte. Hai voltato pagina e ti sei lasciata dietro la scia di dolore e di delusione che aveva caratterizzato gli anni precedenti, hai riacquistato fiducia in te stessa. In questo cammino non sei stata sola: devi ringraziare anche la tua famiglia, che ti ha supportato e ti ha dato fiducia, e un po’ anche noi docenti. Ma la gran parte del merito va a te: sei andata dritta per la tua strada, tenendo ben presente quali fossero i tuoi obiettivi, hai indossato una corazza per difenderti dalle sofferenze e dalle delusioni, fidandoti prima di tutto di te stessa e poi degli altri.

Cara Vittoria, ora i presupposti per continuare bene i tuoi studi ci sono tutti. Spero che il futuro ti riservi sempre nuove soddisfazioni e posso affermare, senza timore di essere smentita, che se è vero che la scuola prima di tutto è palestra di vita, la tua esperienza ne è una conferma. Tu hai imparato molto, in questi anni, ma soprattutto hai imparato a vivere. La vita, infatti, spesso è caratterizzata da situazioni non facili, da ostacoli che devono essere superati. Sarei ingenua se ti augurassi di non trovarne sulla tua strada, ma sappi che qualsiasi ostacolo non ti spaventerà più. Hai imparato la lezione, quella più importante.

Ti ho scritto queste righe perché sono orgogliosa di te. Ovviamente sono felice per tutti i tuoi compagni, ma di te sono proprio orgogliosa e penso che tu sia l’esempio da portare in classe ogni qual volta mi dovrò imbattere in qualche allievo in difficoltà.

Come potrei concludere questa mia se non con un AD MAIORA?

Ti abbraccio.

La tua prof M.

BOCCIATO ALLA MATURITÀ SI INCATENA PER PROTESTA. E INTANTO PER L’OCSE LE BOCCIATURE SONO INUTILI E COSTOSE

È di due giorni fa la notizia che uno studente cagliaritano, Stefano Farci, anni 18, si è incatenato al cancello del suo liceo per protestare contro la bocciatura all’Esame di Stato. Stando al suo curriculum – mai perso un anno e promosso con una media oscillante fra il 6 e il 7 – la bocciatura, in effetti, desta delle perplessità.

Il punteggio di credito con il quale è stata ammesso all’esame è, tuttavia, di soli 15 punti (su 25 totali), il che fa pensare che non sia stato proprio un mostro di bravura. Però è anche vero che all’esame è stato ammesso e, secondo lui, non giudicato equamente nelle diverse prove: 20 su 45 negli scritti e 15 su 30 all’orale che, sommando il credito, fa in totale 50/100. Considerando il voto minimo di 60, è davvero poco.

Ma Stefano non si è perso d’animo: ha chiesto tutta la documentazione (agli atti e accessibile su richiesta, in virtù della Legge sulla trasparenza) e ha fatto correggere e valutare le prove da altri docenti che non hanno confermato i giudizi della commissione. Sulla vicenda verranno attivate anche ispezioni scolastiche che dovranno verificare l’attendibilità dei rilievi e quindi procedere all’analisi delle prove.

Fino a qui la cronaca. Risale a ieri un’altra notizia che riguarda le bocciature: secondo uno studio dell’OCSE, bocciare un alto numero di alunni rappresenta un danno economico per lo Stato e non serve a nulla se non ad incrementare il disagio dei ragazzi con meno mezzi culturali ed economici, senza peraltro produrre in loro un miglioramento dei risultati.

Considerando che il Miur spende tra 7 e 8mila euro l’anno ad iscritto, è evidente che più anni uno studente passa a scuola e maggiore è la spesa che lo Stato deve affrontare.
Nel rapporto finale di questa ricerca, l’OCSE spiega che nei Paesi in cui un maggior numero di studenti ripete gli anni scolastici la performance globale tende ad essere inferiore, e il background sociale ha un impatto maggiore sui risultati di apprendimento che in Paesi in cui meno studenti ripetono.

Quale, dunque, la soluzione? Promuoviamo tutti? Io capisco che ci sia la crisi e che sia necessario risparmiare, ma non credo che la soluzione migliore sia quella di mandare avanti chi non se lo merita e, soprattutto, non ha una preparazione adeguata per progredire negli studi. Al limite si potrebbe procedere ad un’eventuale “bocciatura biennale”, come aveva ipotizzato il ministro Moratti, almeno nella scuola dell’obbligo (elementari, medie e biennio superiore): dare due anni di tempo all’allievo per superare le lacune. Ma anche in questo caso ci sarebbero dei costi da sostenere, a meno che non si voglia abbandonare l’allievo al suo destino. La soluzione, infatti, sarebbe quella di affidare gli allievi in difficoltà ad una sorta di tutor, un docente che potrebbe essere scelto fra i soprannumerari che i “tagli” e i nuovi ordinamenti degli istituti di istruzione secondaria “sfornano” ogni anno. Se è vero che la Finlandia è al primo posto in Europa per la qualità della scuola (diciamo “se”, visto che dai soli risultati delle prove OCSE-PISA non si direbbe), quel modello potrebbe essere importato da noi. Pare, infatti, che la chiave del successo del sistema scolastico finlandese sia quella del tutor, insegnante di supporto, specialista formato attraverso dei training postuniversitari che segue i ragazzi più fragili, svogliati o meno dotati. (per maggiori informazioni CLICCA QUI).

Comunque la si voglia affrontare, la questione è che l’istruzione non può migliorare senza adeguati finanziamenti. Se l’OCSE è dell’idea che bocciare implichi dei costi difficili da sostenere, la scuola italiana potrà anche limitare il numero delle bocciature ma di certo non verrà incontro alle esigenze degli studenti.
E poi, lo slogan della Gelmini non è “la scuola della severità e del rigore”? Certo, forse sarebbe meglio che si consultasse con il ministro dell’economia, anche se abbiamo già sperimentato le conseguenze dell’accordo tra i due.

[fonti: La Nuova Sardegna e Tuttoscuola.com; immagine by Leggo.it]

A PROPOSITO DEL VOTO DI “MATURITÀ”

Gli esami ormai sono finiti in tutta Italia (almeno credo) ed ecco che si iniziano a leggere articoli sui dati, a volte non confortanti, emersi durante quest’ultimo Esame di Stato. In attesa, beninteso, dei dati ufficiali che il MIUR ci fornirà a breve.

Per caso oggi mi sono imbattuta in un post di un blogger che conoscevo già e che leggevo spesso ma che da tempo non “sentivo”, poiché ha chiuso la sua attività sulla piattaforma WordPress e ne avevo perse le tracce. Si tratta dello Scorfano, un collega in quanto anche lui insegnante al Liceo, oltre che blogger, come me.

In questo post lo Scorfano parla di un caso che ha interessato il Liceo Sabin di Bologna: sette bocciati, gli unici fra i maturandi nell’istituto, tutti nella medesima classe. In particolare, lo Scorfano si sofferma sul caso di una ragazza, bocciata dopo l’esame, che descrive come un’allieva mediocre: ammessa all’esame seppur con un’insufficienza, anche se, per ovvi motivi, alzata a 6, qualche debito ogni anno, quindi un punteggio dei crediti modesto. Agli scritti non brilla: 25 punti sul totale di 45, meno della sufficienza quantificata in 30 punti. Presentandosi così al colloquio, avrebbe dovuto prendere almeno 21, poco più della sufficienza che equivale a 20 punti. Ma non ce la fa e con lei altri sei sventurati compagni di classe.

Ringrazio lo Scorfano perché ha fornito dei dati in più, che la cronaca non riporta, sui quali riflettere. Nell’articolo de Il Corriere, infatti, in merito a questa vicenda si parla semplicemente di una battaglia legale che i genitori dei bocciati stanno per intraprendere. Fra le voci possiamo individuare, sempre grazie alla testimonianza del collega blogger, quella dei genitori della ragazza in questione. Essi la difendono con queste parole: «Aveva un 5 in matematica. Poi tutti 6 e anche qualche 7. Tra crediti e scritti aveva ottenuto 39 punti, quindi le serviva un 21 per raggiungere la sufficienza [il 60/100, NdR]. Un punteggio basso che non le hanno concesso. Sia lei che i suoi amici mi hanno raccontato che l’orale non era andato male. Ora vogliamo vederci chiaro».

Recentemente nei commenti ad un post, sul mio blog primario, dichiaravo, forte della mia recente esperienza di commissario interno all’Esame di Stato, che l’esito finale dovrebbe in teoria rispecchiare lo studente (in fondo, il punteggio del credito è stato istituito per dare un peso anche al curriculum di studi, seppur limitatamente al triennio), ma spesso riserva delle sorprese, belle o brutte che siano. Allora io mi chiedo: la situazione di questa ragazza, come descritta dallo Scorfano più che attraverso le parole dei parenti, si rispecchia in quella bocciatura? Apparentemente sì. Se consideriamo il punteggio ottenuto nelle prove scritte, decisamente insufficiente, e il credito modesto, in effetti l’allieva non è stata brillante e forse meritava la bocciatura. Tuttavia, a questo punto della mia riflessione, non posso ignorare il fatto che si sta parlando di una ragazza che negli anni è stata promossa, come si suol dire, per il rotto della cuffia, ma non ha perso un anno. Inoltre, se è vero che agli scrutini di ammissione si era presentata con un solo 5 (quindi una sola insufficienza e non grave), forse i suoi professori ritenevano che potesse superare gli esami: sarebbe uscita con un misero 60/100, che avrebbe comunque rispecchiato il suo percorso scolastico, ma ce l’avrebbe fatta.

Allora mi pongo un’altra domanda: se la situazione precedente l’esame non era così tragica, nonostante il fallimento quasi completo nelle prove scritte (che, tuttavia, non rispecchiavano la realtà in quanto nelle varie discipline, eccetto la matematica, la studentessa aveva ottenuto voti sufficienti o discreti, stando a quanto dichiarato alla stampa dalla famiglia), la commissione non avrebbe potuto chiudere un occhio e darle ‘sti 21 punti? Non parlo di un regalo, ovviamente, ma i docenti sanno come venire incontro agli allievi, specialmente i commissari interni. Insomma, in certe situazioni bisogna mettere a proprio agio l’esaminando/a, che certamente non sarà così tranquillo/a visti i voti degli scritti. Perché “punire” la ragazza, facendole ripetere la quinta, anche se è vero che avrebbe potuto impegnarsi di più negli anni, ? Non sarebbe nemmeno un raro caso di abbandono dopo il fallimento dell’esame di maturità …

Quello che non concepisco è che gli stessi suoi insegnanti, che non l’avevano giudicata insufficiente (ricordo a chi non lo sapesse che il commissario di Matematica, l’unica materia risultata insufficiente allo scrutinio di ammissione all’esame, era esterno quest’anno), non le abbiano dato una mano. In fondo, non gliel’hanno data per tutto il quinquennio?

Concludo prendendo in esame un’osservazione dello Scorfano: «Quello che non riesco a capire è che un punteggio molto basso (39 tra scritti e crediti) diventi l’argomento forte su cui si costruisce la propria innocenza».
Secondo il mio parere qui non si tratta di innocenza o meno della ragazza ma di un comportamento della commissione che non è in linea con le decisioni prese nel corso degli anni da parte del Consiglio di Classe: le hanno dato dei debiti, l’hanno poi promossa a settembre, le hanno concesso (‘sta volta lo uso io quel verbo che mette così tanto in imbarazzo lo Scorfano!) di fare l’esame … perché mai non l’hanno fermata prima? Perché pensarci solo ad esami ultimati?

[nella foto: l’attore Nicolas Vaporidis nel film Notte prima degli esami]

AGGIORNAMENTO DEL POST, 22 LUGLIO 2011

Uno dei commissari esterni, Fabio Bonazzi, professore di matematica e fisica al Galvani, scrive al Corriere di Bologna per parlare con i ragazzi.

«Sono un commissario della commissione “incriminata” che ha esaminato la classe V E del Liceo Sabin di Bologna. Sono uno dei “cattivi” che hanno deciso di fermare 7 studenti alla soglia del diploma di maturità scientifica. Non mi soffermo sul livello di preparazione che ho riscontrato nella classe in oggetto né sulle dinamiche scolastiche che hanno portato questi ragazzi a essere ammessi all’esame di Stato perché vorrei porre questioni sostanziali di altro genere.
Vorrei cominciare col porre alcune domande a voi, i ragazzi che sono stati bocciati, a cui comunque come docente ed educatore va la mia solidarietà. E’ a voi che mi rivolgo, non ai genitori, non alla preside.
Credete che la vostra preparazione fosse adeguata ad affrontare un esame di stato di maturità scientifica? Pensate che la vostra prova d’esame (prove scritte e colloquio orale) sia stata complessivamente sufficiente? Pensate che sia stata compiuta una ingiustizia nei vostri confronti?
Al di là della frustrazione e delusione derivante da una bocciatura vi chiedo di rispondere a queste domande in piena coscienza, facendo appello al senso critico ed autocritico il cui sviluppo è uno degli obiettivi che la scuola si prefigge per i propri studenti.
La Commissione ha dato risposta negativa alle stesse domande che vi pongo. Ovviamente ciò che pensate rispetto a queste domande non è vincolante poiché la valutazione spetta alla commissione. Tuttavia una risposta sincera da parte vostra che tenga conto solo dell’esame da voi sostenuto e non di quanto successo in altre sedi centrerebbe il merito della questione. Il fatto che altre commissioni abbiano preso altre decisioni per altre classi non ha a mio parere alcuna valenza nel valutare il vostro caso.
Senza alcun riferimento specifico credo altresì che il “buonismo” il “lasciapassarismo” che serpeggia in vari ambiti della scuola siano molto spesso dannosi per gli studenti stessi. Credo che uno degli scopi della scuola sia quello di educare i ragazzi ad impegnarsi a fondo per ottenere ciò che si prefiggono. Per questo come docenti è necessario stimolarli, aiutarli ma anche renderli consapevoli ed autonomi ed è pertanto necessario anche essere responsabili e rigorosi nell’indicare loro dove l’impegno e la preparazione che ne consegue sono insufficienti. Il peso di questa responsabilità è molto grande e a volte è doloroso (anche per i docenti, vi assicuro) come nel caso di una bocciatura. Tuttavia credo che sia un peso cui i docenti, dirigenti scolastici e tutte le componenti dell’istituzione scuola debbano farsi carico. La via del “promuoviamo tutti che è meglio per tutti”, sebbene sia la più facile ed indolore (ragazzi e genitori contenti, docenti che non vanno incontro a ricorsi o ad agguerriti confronti con i ragazzi e i genitori), non credo sia esattamente la più giusta ed efficace dal punto di vista educativo. Se invece che assumerla la scuola demanda (a chi poi?) questa responsabilità non svolge pienamente il suo compito educativo ed anzi finisce per “educare alla mediocrità”.
Prof. Fabio Bonazzi»

Per carità, il professore scrive cose condivisibili. Ma mi chiedo perché i commissari interni tacciano. Solo loro potrebbero rispondere alla mia domanda: questi sette saranno stati pure degli asini, ma perché mai non li hanno fermati prima? Perché pensarci solo ad esami ultimati?

BOCCIATA IN PRIMA ELEMENTARE: GIUSTO O SBAGLIATO?

Lì per lì la notizia mi aveva lascita perplessa: Assunta, sei anni, è stata bocciata in prima elementare. E’ successo a Lacco Ameno, Ischia. I genitori, però, non ci stanno: la scuola non li aveva nemmeno avvertiti della possibilità di una bocciatura e poi Assunta era stata abbandonata dagli insegnanti, relegata nell’ultima fila senza che nessuno si occupasse di quei piccoli problemi di apprendimento che, tra l’altro, non avevano nemmeno impensierito una psicologa che l’aveva visitata durante l’anno scolastico.

Letta così, la notizia può suscitare indignazione: ma come, una piccola e innocente scolara, che aveva collezionato solo qualche insufficienza nel primo quadrimestre (a detta della madre Maria), deve sopportare l’umiliazione di ripetere l’anno, all’inizio della sua avventura scolastica, solo perché i suoi problemini sono stati sottovalutati? Naturalmente, di primo acchito tutti solidali con la famiglia che ha annunciato il ricorso al TAR.

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