NAPOLI: LA SCUOLA DOVE NESSUNO VUOLE INSEGNARE E LA PRESIDE CORAGGIO
In un quartiere popolare di Napoli, Il parco verde di Caivano, c’è una scuola, la Viviani, con sette docenti sui trentaquattro previsti dall’organico, senza personale di segreteria, frequentata da pochi ragazzi perché le famiglie, di cui almeno un componente è in carcere, non mandano i figli a lezione. Un quartiere dove la criminalità e la microcriminalità sta di casa, dove fino a pochi mesi fa non c’erano nemmeno i banchi perché se li rubavano. Ora c’è una dirigente, Eugenia Carfora, che qui fa anche l’insegnante, la segretaria e la bidella.
Quando ha avuto la nomina, la professoressa Carfora ha trovato la scuola tutta “scarrupata”: i locali semidistrutti, niente banchi né mobili negli uffici, fili elettrici a vista, topi e altri animali che avevano scelto questa scuola come dimora abituale. Per la gente del posto, quella che crede ancora nel valore dell’istruzione (una mamma intervistata, analfabeta, dice di non volere assolutamente che la stessa sorte tocchi ai suoi figli), considerano la preside una specie di eroina. Si è rimboccata le maniche, dicono, ha pulito, fatto la disinfestazione, dipinto le pareti, acquistato i banchi per le aule e il mobilio per gli uffici, ha ridato vita a questo angolo di mondo ostaggio della delinquenza.
“L’amo come se fosse mia. Ma come può vivere una scuola con il personale fluttuante?”, si chiede mentre spiega che i docenti nominati se ne sono scappati dopo un paio di giorni, anzi no, si sono messi in malattia. Così la dirigente deve nominare i supplenti e poi i supplenti dei supplenti … Gli uffici sono vuoti perché nemmeno il personale di segreteria accetta l’incarico. Lei fa tutto quello che può, anzi, di più: quei pochi alunni che frequantano la Viviani li ha raccolti lei, casa per casa. Qualche volta le è andata bene, altre volte no: insultata, minacciata, considerata una che si fa i ca**i degli altri. Scuola dell’obbligo? Qui non sanno cosa sia e, a quanto pare, nemmeno le forze dell’ordine che, in teoria, dovrebbero intervenire e prelevare i ragazzini cui viene impedito dai genitori di andare a scuola. Un ragazzo su due non studia perché occupato nella manovalanza della criminalità, con il consenso delle famiglie.
Questa donna, che dovrebbe essere un modello, viene derisa. Addirittura è stata aperta una pagina su facebook dal titolo eloquente: «Ti odiamo a morte preside!». Firmato: Parco Verde.
Ma lei non demorde, pur essendo sola. Nemmeno il provveditorato di Napoli le viene incontro: la dirigente si è da poco insediata e deve ancora controllare la situazione ovunque, non solo a Parco Verde. Per lei questa non è una priorità.
In pochi la supportano ma Eugenia Carfora non molla: ha fatto un appello per trovare docenti disposti ad insegnare nella sua scuola. Le hanno risposto a decine, da tutta la penisola ma lei ha le mani legate dalla burocrazia perché non può assumere nessuno se non compreso in graduatoria e deve continuare a chiamare i supplenti dei supplenti dei supplenti – fino a nominare insegnanti senza l’abilitazione, visto che quelli abilitati si prendono il posto ma poi si “ammalano” – senza, tuttavia, riuscire a completare l’organico. E intanto la scuola, che la Carfora vuole mantenere in vita, muore e rischia di trascinare nel buio dell’ignoranza anche quei pochi bambini che la frequentano.
La notizia – riportata dal Corriere, con video correlato che merita davvero vedere – mi ha fatto ripensare al film della Wertmuller con Paolo Villaggio che andava di casa in casa a prendere i bambini, che si prendeva gli insulti e le minacce, rischiava la pelle ogni giorno in nome della cultura. Ma quello era un film, Io speravo che me la cavo, tratto dal libro omonimo del maestro D’Orta, e aveva una fine lieta. Quale sarà invece il finale di questa vicenda? Forse ce lo saprà dire Domenico Starnone, lui che al punto 8 del famoso elenco osserva: La scuola peggiore rispedisce in strada chi doveva essere tolto dalla strada e dalle camorre. La scuola migliore va in strada a riprendersi chi le è stato tolto.
A me sembra che la professoressa Carfora rappresenti già la scuola migliore. Forse, però, è la società che deve cambiare ma come può farlo, abbandonata com’è dalle istituzioni?
[immagine da questo sito]
AGGIORNAMENTO DEL POST, 26 NOVEMBRE 2011
Una telefonata del ministro del MIUR, Francesco Profumo, e la promessa di interessarsi al caso della scuola Viviani ha ridato speranza alla professoressa Carfora.
Con le lacrime agli occhi la dirigente apprende che il 30 novembre incontrerà a Roma il neo ministro. «Mi ha confessato che appena ha visto la vostra inchiesta è rimasto sconcertato, ha voluto subito spiegazioni perché in Italia non possono esistere indecenze come questa». Poi il ministro le ha promesso che a inizio dicembre si recherà personalmente a Caivano per toccare con mano quanto denunciato dal Corriere.it. Ha anche annunciato un tavolo di concertazione con il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro e il prefetto di Napoli Andrea De Martino. Già lunedì prossimo ci sarà un primo incontro con il governatore campano e le istituzioni scolastiche regionali. «Finalmente qualcuno che mi tende la mano … ora mi sento meno sola» ripete la dirigente scolastica.
Finalmente le istituzioni dimostrano un po’ di buona volontà. A meno che questa del ministro non sia solo una tattica per far vedere quant’è bravo …
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Pubblicato il 21 novembre 2011, in bambini, docenti, MIUR, scuola con tag docenti, Domenico Starnone, Eugenia Carfora, Francesco Profumo, Napoli, Parco verde di Caivano, scuola dell'obblogo, scuola Viviani, studenti, supplenti. Aggiungi il permalink ai segnalibri. 3 commenti.
Donna coraggio, che mi ricorda alcuni preti coraggio.
Auguri a lei, che riesca a tener duro.
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Mi pare che qualcuno di quei preti coraggio abbia fatto una brutta fine. Speriamo bene per lei.
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