ESITI ESAME DI STATO (MATURITÀ) 2011:IL SUD “VINCE” CON IL DOPPIO DELLE LODI

Questa la notizia ricevuta stamane dalla rassegna stampa dei quotidiani al Tg1: anche quest’anno all’Esame di Stato i ragazzi del Sud hanno ottenuto più lodi (ovvero, il punteggio massimo di 100 e lode), anzi, ne hanno ottenute il doppio rispetto ai compagni del Nord Italia.

Per il momento non posso dire di più, in quanto nei quotidiani on line la notizia non è stata ancora diffusa. Aggiornerò il post non appena avrò notizie più dettagliate. Immagino che, come accaduto lo scorso anno, la notizia susciterà non poche polemiche, prime tra tutte quelle del ministro Gelmini che, cambiando l’attribuzione dei crediti (a regime dal prossimo anno scolastico), ha già fatto un passo avanti per evitare tanta generosità da parte dei commissari d’esame in servizio nel meridione.

AGGIORNAMENTO DEL POST

Ecco l’articolo firmato da Roger Abravanel e pubblicato su Il Corriere.it di oggi.

BENVENUTI AL SUD (CON 100 E LODE)

Da alcune indiscrezioni sembra che i risultati degli ultimi esami di maturità rivelino un dato disarmante: al Sud i 100 e lode continuano ad essere il doppio che al Nord, la Calabria continua a battere ogni record con un liceo che ha venti 100 e lode mentre i migliori licei del Nord e del Centro ne hanno uno o due. La consolazione è che si tratta di un liceo diverso da quello dell’anno scorso (il quale sembra avere «migliorato»: da 23 è sceso a 17).

È il terzo anno che dalle pagine del Corriere segnaliamo lo scandalo dei 100 e lode. Il problema è apparentemente insolubile. Eppure qualche giorno fa, su questo quotidiano, abbiamo commentato i risultati dei test Invalsi per elementari, medie e seconda superiore, che hanno dato la buona notizia che la cultura dei test sembra prendere piede anche in Italia e che, in presenza di osservatori, il «cheating» (barare) sembra essere contenuto. Si comincia a capire che bisogna avere delle misure oggettive del rendimento degli studenti per misurarli uno contro l’altro e le scuole una nei confronti dell’altra e di iniziare un processo di valutazione oggettivo.

La maturità è però il momento chiave in cui queste misurazioni dovrebbero essere fatte (in Usa, il test principale creato 80 anni fa, il Sat, si fa solo alla maturità) perché serve a dare una misura obiettiva del merito per selezionare chi va alla università e indirizzarlo. Un grande scrittore e insegnante statunitense del secolo scorso diceva «la selezione degli individui in funzione delle loro capacità è probabilmente il processo più delicato e difficile. Coloro che riceveranno la migliore istruzione gestiranno tutti i posti di lavoro del Paese. Quindi la domanda “chi dovrebbe andare all’università?” vuole dire “chi deve guidare la società?”. Non sono domande da trattare con leggerezza. Sono domande per le quali si sono combattute delle guerre».

In Italia, mentre il «diritto allo studio» è ormai pienamente acquisito (si pagano rette bassissime e le università sono sotto casa), non vi è nessuna garanzia sulla meritocrazia nella selezione. Non è certo che alla università ci vada chi se lo merita e soprattutto non è certo che i migliori vadano alle università migliori. I 400 milioni in borse di studio amministrate dalle Regioni (non dal ministero, così prevede la normativa), vengono date sulla base del «merito» inteso come bisogno di supporto economico, misurato sulla base del reddito dei genitori, che è falso nel caso di un italiano su due. Il merito «vero», quello dei risultati conseguiti, è basato sui voti che però sono anche essi, come visto, falsi, per cui queste borse di studio vanno a mediocri figli di evasori fiscali. Tanti giovani capaci, poco abbienti, ma figli di persone che pagano le tasse non riescono ad andare all’università. Peggio, tanti giovani eccellenti che potrebbero essere ammessi alle migliori università di Italia, si iscrivono alla università sotto casa perché non possono permettersi i costi di trasferta.

La grande occasione persa nel non aver esteso i test Invalsi alla maturità non è solo quella di una grande occasione perduta per rilanciare la meritocrazia nella selezione per l’accesso alla università. Quei test potrebbero essere utili anche per valutare il sistema educativo italiano dove è più debole e ineguale: l’istruzione superiore e l’università. Infatti i risultati dei test Invalsi hanno evidenziato che il grosso gap di risultati tra Nord e Sud non è alle elementari, come si potrebbe immaginare tenendo conto del contesto familiare, ma nelle medie e soprattutto nelle superiori. Un test standard alla fine delle superiori, se integrato con quello attuale introdotto al secondo anno, può dare una misura obiettiva della qualità dell’insegnamento in quel liceo o in quell’istituto tecnico. Non solo ma se esistesse il test e i 400 milioni di borse di studio andassero agli studenti migliori, avremmo anche una misura obiettiva della qualità delle università: le migliori sarebbero quelle dove vanno gli studenti migliori. E la riforma della università, che tenta di valutare a fatica gli atenei per distribuire i finanziamenti pubblici in senso meritocratico, ne riceverebbe un impulso determinante.

Infine un suggerimento e una domanda. Il suggerimento è per i genitori, che prima di iscrivere i propri figli a settembre, dovrebbero richiedere i test Invalsi della scuola a cui intendono iscrivere i ragazzi e paragonarli a quelle di altre scuole e alla media della propria città. I dati oggi esistono, dovrebbero essere resi trasparenti e prima o poi avverrà, nell’attesa richiediamoli e nessuno può vietarci di conoscerli. La domanda è per il ministro Gelmini, che è stata il «campione» del rilancio dell’Invalsi: cosa è necessario fare per evitare anche il prossimo anno lo scandalo dei 100 e lode, estendendo il test Invalsi alla maturità e successivamente creando il «fondo per il merito» già approvato dalla legge per allocare borse di studio private e pubbliche ai migliori giovani italiani?

Qualche mio commento. Sono d’accordo, in linea di massima, con le osservazioni fatte da Abravanel riguardo il sospetto che effettivamente qualcosa di poco chiaro ci sia in questa elergizione di 100 e lode nelle scuole del Sud. Ma faccio fatica a credere che il cheating sia contenuto, o quanto meno è credibile che esso lo sia in presenza degli “osservatori”, per quanto riguarda i test InValsi, ma per gli Esami di Stato mi risulta non ci fosse questa garanzia di trasparenza. Quindi, il cheating è uno dei problemi, è inutile negarlo.

Se consideriamo, poi, il curriculum degli studenti, è evidente che anche nelle valutazioni annuali i prof del sud siano di manica larga: non dimentichiamo che il credito scolastico gioca un ruolo importante per un buon risultato e primario per l’attribuzione della lode (ne ho parlato QUI a proposito del calcolo del voto dell’esame di maturità). Che il doppio degli studenti meridionali abbiano conseguito la valutazione massima con lode all’ultimo Esame di Stato, nonostante le restrizioni nell’attribuzione della lode, appare alquanto sospetto, laddove i test Invalsi (per il valore che possiamo loro attribuire) hanno fatto emergere gli studenti del Nord, in particolare quelli del Triveneto, e affossato quelli del sud, in particolare quelli della Calabria dove miracolosamente studenti diventati dei geni sono usciti con il massimo dei voti e la lode. Si vede che, essendo stato somministrato l’ultimo test agli allievi della seconda classe degli istituti superiori, le “vecchie leve” erano migliori delle nuove. Non resta che attendere il prevedibile tonfo dei maturati del 2014 …

Infine, non mi trovo affatto d’accordo con le affermazioni di Abravanel riguardo alla scelta della scuola: invitare i genitori a chiedere i risultati dei test InValsi per valutare in quale istituto o liceo sia meglio iscrivere i propri figli non ha molto senso, considerando che le rilevazioni possono essere molto diverse da classe a classe (quindi, la scuola c’entra ben poco), che i risultati non dipendono solo dal lavoro del docente e che in alcuni casi gli studenti che hanno risposto bene ai quesiti possono non essere così bravi, grazie ai loro insegnanti, ma semplicemente sono stati addestrati a superare il test attraverso l’ormai consolidato, in altri Paesi, teaching to the test.
Insomma, ho già manifestato altrove la mia contrarietà all’utilizzo delle rilevazioni InValsi ai fini meritocratici per insegnanti e scuole. Finché non saranno perfezionati, rispondendo alle reali esigenze degli studenti e della didattica in Italia, non hanno un gran valore nella definizione dei meriti.

ARTICOLO CORRELATO: Esame di Stato 2011: come si calcola il voto finale

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Pubblicato il 2 agosto 2011, in Esame di Stato, scuola, Valutazione studenti con tag , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 3 commenti.

  1. E’ vero che al sud ci sono alcuni docenti di “manica larga”,dietro pressione di dirigenti e famiglie e per un ragionamento che io giudico inaccettabile :se promoviamo X che non lo merita(cosa che non dovrebbe accadere),per giustizia dobbiamo “alzare” i voti agli altri;però è pur vero che molti ragazzi del sud si impegnano seriamente nello studio,vedendo in esso una possibilità(forse l’unica)di “riscatto”. Io, che molti anni fa ho partecipato all’ultimo concorso a cattedra nazionale,ho avuto modo di constatare che la preparazione mia e dei miei conterranei non era inferiore a quella dei colleghi “nordici”.In ogni caso,se si hanno dubbi sulla questione,perchè non mandare nelle scuole “sospette” qualche commissario o presidente di altra parte d’Italia? Certo bisognerebbe pagargli la missione,ma i soldi si potrebbero trovare tagliando sui compensi di chi circonda la ministra e di scuola non capisce niente.

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  2. Certo, un controllo sarebbe doveroso e non sarebbero soldi mal spesi. Ma come al solito non si deve fare di tutta l’erba un fascio.

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