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UN CALCIO AL RAZZISMO, A SCUOLA E IN CAMPO

sport-per-tuttiL’ultimo post pubblicato sul blog del Corriere.it “Scuola di Vita” tratta un argomento molto interessante: l’educazione interculturale attraverso il calcio. Si tratta di un progetto portato avanti dalla Uisp (Unione Italiana Sport Per Tutti), in collaborazione con la Lega calcio di serie A. “Il calciastorie – storie di integrazione dal profondo del calcio” ha preso il via a settembre 2014, affrontando, in diverse scuole superiori italiane, il problema del razzismo attraverso racconti di integrazione che hanno come protagonisti proprio i calciatori.
Riporto in parte l’articolo e vi invito, come sempre, a leggerlo interamente sul sito del Corriere.it.

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“La grande popolarità del calcio nel mondo è dovuta al fatto che in ogni piazza, in ogni angolo del mondo c’è un bambino che gioca e si diverte con un pallone tra i piedi.” Questo è il pensiero di Zdenek Zeman, allenatore di calcio ceco naturalizzato italiano, attualmente alla guida tecnica del Cagliari.

Quanti bambini crescono con il sogno di diventare calciatori famosi? E quanti adolescenti coltivano quel sogno, anche se la maggior parte delle volte lo sentono volare via, come un calcio troppo alto che manda il pallone oltre la traversa?

Il calcio è senza dubbio lo sport più amato, fin dalla più tenera età. Ma può questo sport avvicinare degli adolescenti alle problematiche del razzismo? Sì, a patto che lo si consideri uno strumento di integrazione per chi, pur sentendosi “diverso” per lingua, cultura, colore della pelle e religione, trovi nell’unità e complementarità che il gioco di squadra più famoso al mondo richiede, l’occasione di sentirsi “uguale” agli altri.

La UISP (Unione Italiana Sport Per Tutti), in collaborazione con la Lega calcio di serie A, ha lanciato un interessante progetto che ha preso il via a settembre 2014, affrontando, in diverse scuole superiori italiane, il problema del razzismo attraverso racconti di integrazione che hanno come protagonisti proprio i calciatori. “Il calciastorie – storie di integrazione dal profondo del calcio” ha anche diversi partner: il ministero del Lavoro, l’Associazione Italiana Calciatori (Aic), Panini, Sky (Sport) e Telecom.

Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp, ha presentato il progetto con queste parole: «Il calcio attraversa la storia sociale e politica delle piccole e grandi comunità, racconta percorsi di emancipazione e trasmette esempi positivi perché incarna lo spirito popolare del nostro Paese. Luoghi, persone e culture si fondono, interagiscono, creano aggregazione, civiltà. […] Il calcio intreccia meridiani e paralleli, genti, generazioni, generi, etnie, civiltà, antiche e contemporanee e deve diventare una sorta di macramè liberatorio dei nostri pregiudizi e dei nostri tabù».

Proprio questo è l’obiettivo del progetto: diffondere tra i giovani la cultura della tolleranza parlando di calcio, lo sport più amato nel nostro Paese. Uno sport che unisce chi condivide la stessa passione ma a volte divide, se pensiamo agli episodi di razzismo cui spesso si assiste negli stadi. Ed è pensando a questo che l’iniziativa acquista un valore aggiunto: il progetto è stato finanziato grazie ai fondi, messi a disposizione dalla Lega, derivanti dalle multe irrogate dal giudice sportivo per sanzionare comportamenti razzisti e violenti negli stadi.

L’idea è nata dalla storia di Arpad Weisz, raccontata da Matteo Marani, direttore del “Guerin Sportivo”, nel libro “Dallo Scudetto ad Auschwitz”. Weisz, ebreo di origine ungherese, era un allenatore del Bologna e dell’Inter negli anni Trenta. Dopo aver portato alla vittoria il Bologna in due campionati tra il 1935 e il 1937, in seguito alla promulgazione delle leggi razziali, fu costretto a fuggire prima a Parigi e poi nei Paesi Bassi. Da lì, dopo l’occupazione nazista, fu deportato assieme alla famiglia nel campo di sterminio di Auschwitz, dove morì nel 1944.

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[immagine dal sito linkato; logo blog “Scuola di Vita” © Corriere.it]