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IL GIORNO DEL RICORDO: LE FOIBE E L’ESODO GIULIANO-DALMATA


Dal 2004 il 10 febbraio è il Giorno del Ricordo dedicato alla memoria del dramma dell’esodo giuliano-dalmata e di tutte le vittime delle Foibe.

I due eventi sono collegati alla cessione di parte del territorio italiano alla Jugoslavia (ormai ex) e al clima di odio che si diffuse durante e dopo la seconda guerra mondiale nei confronti dei cittadini italiani residenti in Istria e nella Dalmazia e degli oppositori, veri o presunti, al regime comunista di Tito.

La questione dal punto di vista storico è molto complessa. Cercherò di sintetizzarla quanto possibile.

Subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943 in Istria e in Dalmazia si assiste alla vendetta dei partigiani slavi nei confronti dei fascisti e degli italiani non comunisti. Considerati “nemici del popolo”, circa un migliaio di persone furono torturate e massacrate, quindi gettate nelle foibe (cavità carsiche presenti sul territorio italo-sloveno) vive o morte che fossero.
La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia.

Furono infoibati poliziotti, impiegati civili e funzionari statali, civili di ogni categoria, compresi donne e bambini, persino religiosi, e furono uccisi o internati in campi tutti coloro che avrebbero potuto opporsi alle rivendicazioni jugoslave sulla Venezia Giulia compresi membri del movimento antifascista italiano. In totale si stima che le vittime delle foibe siano state tra le seimila e le undicimila. Qualcuno pensa che il numero fosse anche maggiore, fino a sfiorare le quindicimila vittime.

A questo orrore si unisce la sofferenza di migliaia di istriani e dalmati, costretti a vivere in un Paese che non è più il loro.

Il 10 febbraio del 1947 l’Italia ratifica il trattato di pace e la fascia costiera dell’Istria (Capodistria, Pirano, Umago e Cittanova ) passa sotto amministrazione jugoslava (zona B); il resto dell’Istria, Fiume e Zara passano in maniera definitiva sotto sovranità jugoslava. La fascia costiera da Monfalcone a Muggia va sotto amministrazione alleata (zona A) mentre Gorizia e il resto della Venezia Giulia tornano sotto la sovranità italiana.


L’esodo era comunque già iniziato prima della fine della guerra per diversi motivi: il terrore causato dai massacri delle foibe, le deportazioni dei civili italiani in campi di concentramento operate dalle forze di occupazione jugoslave, il timore di vivere sottomessi alla dittatura comunista in terre non più italiane. Un forte impulso all’esodo fu dato dalla sistematica e preordinata politica di pulizia etnica praticata dagli jugoslavi per eliminare la maggioranza italiana.

Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Costretti a lasciare le loro case, gli oggetti che non potevano trasportare, e a subire la confisca dei beni. Già nella prima metà del 1946 il Bollettino Ufficiale jugoslavo pubblicò ordinanze secondo le quali si conferiva al Comitato Popolare locale il diritto di disporre delle case degli esuli italiani e di cederle ai cittadini croati; si sequestravano tutti i beni del nemico e degli assenti; si considerava nemico e fascista, quindi da epurare, chiunque si opponesse al passaggio dell’Istria alla Jugoslavia.

L’ultima fase migratoria ebbe luogo dopo il 1954 allorché il Memorandum di Londra assegnò definitivamente la zona A del Territorio Libero di Trieste all’Italia, e la zona B alla Jugoslavia. L’esodo si concluse solamente intorno al 1960. Dal censimento jugoslavo del 1971 in Istria, a Fiume e nel Quarnero erano rimasti 17.516 italiani su un totale di 432.136 abitanti.

Il 10 novembre 1975 con il trattato di Osimo, nelle Marche, l’allora Ministro degli Esteri Rumor firmò la cessione in via definitiva della zona B alla Jugoslavia.

Per quasi cinquant’anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge la vicenda degli italiani uccisi nelle foibe istriane. D’ora in poi si inizia a parlare dello sterminio delle foibe e dell’esodo forzato dalle terre dell’Istria e della Dalmazia.

Solo ieri il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, nel commemorare le vittime delle foibe e dell’esodo, ha ricordato che peggio del negazionismo c’è solo l’indifferenza.

Nel 2004, come già detto, si dedica a questi eventi la “Giornata del ricordo” ed è giusto che sia così ma, rispetto alla deportazione e allo sterminio avvenuti nel lager nazisti, su questa pagina di storia si sa ancora poco e molti sono i sospetti.

Leggo su questo sito, a proposito del confronto tra i due eventi:

Perché dobbiamo parlare sempre della Shoah e non parliamo di altri genocidi?
[…] Per sintetizzare: studiamo la Shoah perché è un episodio della storia italiana. Migliaia di ebrei nostri concittadini sono stati deportati e uccisi, anche grazie alla collaborazione del fascismo e di tanti “italiani comuni”.
[…] Un’altra risposta si può dare cercando di contestualizzare gli altri genocidi. Mentre la Shoah, infatti, non riesce a trovare una spiegazione “logica” che sia condivisa dagli storici, e rimane quindi per molti aspetti ancora un mistero, altri crimini, altrettanto orrendi ed odiosi, possono essere capiti e spiegati attraverso il contesto. […] La Shoah non ha alcuna spiegazione “razionale”. Le scelte naziste del 1943-1944 non avevano nulla di comprensibile, né dal punto di vista militare, né economico, né politico. Per rimanere nel panorama italiano, per spiegare il fenomeno delle Foibe si può raccontare l’occupazione italiana della Jugoslavia tra il 1941 ed il 1943. […] Ovviamente in tal modo non si intende giustificare il massacro di migliaia di italiani nelle caverne del Carso, ma comprendere: l’obiettivo è quello di spiegare le ragioni che portarono all’odio politico ed etnico che ha causato un tale orrore.

Ecco, io non sono d’accordo sulla diversificazione operata tra lo sterminio degli Ebrei (e non solo) durante l’Olocausto e lo sterminio avvenuto nelle foibe del Carso (senza dimenticare l’esodo).

È noto, attraverso molte testimonianze, che la questione non fu soltanto politica. Molte vittime erano del tutto innocenti, esattamente come gli ebrei, gli zingari, gli omosessuali. Non si può ridurre il tutto a una questione politica asserendo che gli episodi criminali di cui si è detto fossero una rappresaglia nei confronti degli anticomunisti, né si può dire con certezza che tutti i profughi dall’Istria e dalla Dalmazia fossero fascisti.

Io ho avuto la fortuna di incontrare una dei profughi da Pola: mia suocera. Per lei, e per tutti i suoi familiari, non sarebbe stato possibile più vivere in un luogo che, seppur amatissimo, non potevano più chiamare Patria. Non avrebbero mai accettato di rinunciare alla loro lingua, l’italiano, costretti a utilizzare, almeno al di fuori del contesto familiare, una lingua straniera che neppure conoscevano.

Mia suocera non sopportava nemmeno di vedere sulla sua carta di identità la sigla HR a fianco del luogo di nascita Pola. Lei era nata in Italia, era italiana come Pola allora. Non ha mai voluto capire che sul documento era identificata l’attuale appartenenza di Pola alla Croazia. Anzi, lo capiva benissimo ma non lo volle mai accettare.

Per concludere, personalmente non concordo sull’istituzione di due diverse date (il 27 gennaio e il 10 febbraio) per commemorare degli eventi che, al di là delle motivazioni (o non motivazioni) e del numero delle vittime, sono da considerare crimini contro l’umanità.

L’ADIO

 

I disi che bisogna far valise,
Che in primavera dovarò pompar,
Con quatro fazoleti e do camise,
E con do brazi che sa lavorar.

Se devo andar, te voio dir adio,
Come sa dir adio un polesan,
A saludarte come un vero fio,
Che parti, per andar assai lontano.

Solo due lagrime,
una per ocio,
E po in zenocio,
questa terra baserò
Solo due lagrime,
el cor in gola,
Mia cara pola,
mi te saluderò.

Adio voio dirghe a la caseta,
Dove go pasà la gioventù,
Adio a questa terra benedeta,
Perche se vado non te vedo più.

Con la coscenza più che mai serena,
Do robe voio cior per ricordar,
In t’un scartosso un tochetin dè rena,
In ‘na fiascheta un fia` del tuo bel mar.

Testo: Arturo Daici | Musica: Alberto Picconi 1946

 

PER APPROFONDIRE

RAIPLAY

Marisa Madieri, Verde acqua (autobiografia dell’esodo da Fiume)

Simone Cristicchi, Magazzino 18 (spettacolo teatrale sull’esodo giuliano dalmata)

[Fonti: Wikipedia-esodo; Wikipedia-foibe e giorgioperlasca.it]